Tolkieniani Italiani – Intervista a Paolo Pugni
Il nostro ciclo di interviste aggiunge un tassello pregiato: Greta Bertani ha avvicinato un altro pioniere della diffusione delle opere del Professore in Italia, nonché amico di vecchia data, portando tra le pagine dei Tolkieniani Italiani il contributo offerto dalla perizia di Paolo Pugni. Se il nome non vi dice nulla non preoccupatevi e leggete tutto quel che segue, abbiamo fatto in modo che raccontasse a dovere di sé.
Buongiorno Paolo, forse non tutti conoscono la tua passione per Tolkien, che è nata molti anni fa. Tu hai tradotto, assieme a Franca Malagò, l’edizione italiana della Biografia di Tolkien scritta da Humphery Carpenter ed edita da Ares già nel 1991. Ci puoi raccontare com’è stata questa esperienza e cosa ti ha lasciato? Tu nella vita sei consulente aziendale, aiuti le aziende nelle strategie di marketing. Cosa ti sei portato nella vita di ogni giorno anche quando ti dedicavi ad altro?
Avevo avuto la fortuna di leggere la biografia di Carpenter in inglese e me ne ero innamorato: quando un libro ti appassiona al punto da tormentarti, allora l’autore diventa un grande amico. Vorresti averlo accanto a te per fargli mille domande e proseguire nel racconto. La biografia di Carpenter fu la risposta a queste mie aspettative. Logico che proposi subito di tradurla per renderla disponibile agli appassionati italiani. Era giù uscito l’altro delizioso lavoro del medesimo autore sugli Inklings con Jaca Book. Tradurre è stato entrare nella caverna del drago per dare senso a tutta l’opera di JRRT. E ci siamo sentiti in obbligo di avere una cura speciale per ogni vocabolo, così come sia Carpenter che soprattutto JRRT l’avevano messa nella loro scrittura. Mi ha lasciato una attenzione particolare per il linguaggio, prolungando un segno già impresso dal corso di scrittura che avevo seguito con Giuseppe Pontiggia nel 1988. All’epoca ero ancora un dipendente. Mi occupavo di marketing dentro una multinazionale e tradurre era un modo per portare il sogno e la passione dentro il lavoro. Lavoravamo in coppia in modo molto stravagante per l’epoca. Io traducevo registrando audiocassette (sì, quelle vecchie per le quali serviva a volte la… matita) e Franca sbobinava la mia traduzione mettendo ordine e riformulando il testo per renderlo migliore. E’ stato anche un modo per essere insieme durante le mie trasferte.
Sei persona dalle mille attività: consulente aziendale e ti occupi di marketing, sei autore di saggi su disparati argomenti (ecologia, vita di coppia, marketing). Tra queste cose so che, assieme a tua moglie Franca, tenete incontri di formazione per coppie e genitori. Sappiamo che Tolkien e sua moglie Edith erano entrambi orfani, e, nella biografia, ci vengono accennate le loro paure ed i loro desideri rispetto all’educazione dei figli. Ipotizziamo di annullare spazio e tempo e che tu e Franca vi trovaste davanti la giovane coppia formata da Ronald ed Edith, gravata della notevole responsabilità di crescere dei figli e cementare una famiglia in un momento di seria recessione economica. Che consigli ti sentiresti di dare loro?
Wow! Che domandone! Quello che posso suggerire a loro, come a tante coppie di oggi, è di credere alla loro unione. Come peraltro Beren e Luthien, chiamiamoli così, fecero. Loro contro il mondo. Se la coppia non è forte, la famiglia fa fatica. Insieme si affrontano tutte le sfide con le quali la vita può provocarci. Spiegheremmo loro, che già ben lo sapevano avendolo vissuto sulla loro pelle, che la vita sa essere difficile, ma il loro amore è sicuramente più forte finche lo tengono come sostegno per ogni fatica. Confidando in Dio. Annunceremmo loro che commetteranno tanti errori nell’educazione dei figli, ma se avranno veramente a cuore il loro bene, la somma sarà positiva. Per la verità, più che incontrarli come giovane coppia per consigliarli, preferirei incontrarli in riva al mare nella loro vecchiaia per farmi dire come hanno fatto ad arrivare sin lì con tanto coraggio e successo.
La fede di Tolkien è evidente, non solo dalla sua vita ma anche, sebbene in maniera meno esplicita, nelle sue opere. Credi che egli oggi possa ancora costituire un esempio per le nuove generazioni che, magari anche grazie alle trasposizioni cinematografiche, si avvicinano in questi anni? A tal proposito, credi che il successo delle trilogie di Peter Jackson e la tanto annunciata serie tv possano contribuire a far avvicinare i giovani all’approfondimento delle opere di Tolkien seguendo un metodo serio, oppure che essi possano accontentarsi di un tipo di fruizione più superficiale?
Il problema non sta nelle opere di JRRT né nella trasposizione in video. Il problema sta nella capacità di chi legge, ascolta, vede di andare oltre la superficie. Io posso anche riempire le mie opere di simboli e segni, ma se nessuno li coglie…. Non ho idea di come sarà la nuova serie tv, i film di Jackson li ho trovati splendidi e fedeli. Certo che se, come scrisse Paola Mastrocola in La scuola spiegata al mio cane, ad una generazione che sospira “c’è del marcio in Danimarca” quella nuova risponde “bhe, ma perché andare sino in Danimarca?” fraintendendo completamente la citazione dell’Amleto, non c’è più partita. Io mi auguro che siano da stimolo almeno per pochi. Così come fu per me: vidi una sera in tv, non riuscivo a dormire, una trasmissione che proponeva i nuovi film in distribuzione. Uno di questi era il cartone animato del Signore degli anelli: la versione di Ralph Baski del 1978. Rimasi folgorato. Andai a vederlo da solo al cinema Piccolo Eden di largo Cairoli a Milano. Il film si fermava al rapimento degli hobbit da parte degli orchi, o poco più in là. Uscii perduto dal cinema. Il giorno dopo alla libreria Puccini di corso Buenos Aires comperai la trilogia. Mi ricordo così bene questi particolari? Come due giovani che incontrarno un amico speciale “erano circa le quattro di pomeriggio”.
Tra gli studi tolkieniani in Italia, dall’inizio ad oggi, cosa trovi interessante e cosa a tuo giudizio manca o, piuttosto, si dovrebbe mettere in cantiere? Cosa pensi delle pubblicazioni delle tre grandi storie del Silmarillion curate negli ultimi anni da Christopher Tolkien?
Confesso: conosco poco. Ho dovuto fare scelte nella vita e dopo un intenso periodo tolkeiniano, culminato con la presenza insieme a grandi personaggi al convengo per i centenario della nascita di Tolkien che si svolse al Centro Culturale Manfredini il 28 novembre 1992, insieme a me parlarono quel giorno il cardinal Biffi, Franco Cardini, padre Guido Sommavilla e Raffaele Vignali, dovetti concentrarmi sul lavoro e perdere di vista gli studi Tolkeniani. Apprezzo comunque i nuovi saggi pubblicati, credo che ci sia ancora molto da raccontare e spiegare.
Questa intervista viene pubblicata sul sito STI, e fa parte di una serie di altre interviste la cui realizzazione è nata all’interno di un gruppo di studiosi raccolti attorno ad una giovane ma promettente associazione: I Cavalieri del Mark, gruppo locale marchigiano, ma con una forte presenza sui social e che collabora con molti studiosi italiani. Quanto credi che sia importante una rete interconnessa di studiosi, una sorta di gruppo di studio in cui le singole persone possono confrontare le loro idee?
Tantissima, specie oggi dove la comunità è stata riscoperta e rilanciata. Aiutarsi nel approfondire ciò che si ama è un dono per tutti.