Tolkieniani Italiani – Intervista a Chiara Bertoglio
Nata a Torino, Chiara Bertoglio è una pianista, musicologa e teologa italiana. Si è diplomata al conservatorio di Torino, all’Accademia di Santa Cecilia e in Svizzera ed è stata allieva di musicisti famosi. Ha tenuto concerti in Italia e in molti paesi esteri. Si è inoltre laureata come musicologia alla Ca’ Foscari di Venezia e come teologa all’università di Nottingham in Inghilterra. È autrice di parecchi saggi di argomento musicale (Bach, Mozart, la musica in epoca romantica) e ha scritto anche su temi religiosi, nonché sui rapporti tra religiosità e musica. Collabora con testate giornalistiche e, in campo tolkieniano, ha scritto un articolo pubblicato sulla prestigiosa rivista Tolkien Studies. La intervista per noi Luisa Paglieri.
Cominciamo con la domanda più classica: parlaci di Chiara Bertoglio.
Sono una donna di 36 anni, di origini piemontesi e istriane: un melting-pot di culture e tradizioni che ha influenzato molto la mia vita. Sono una musicista (suono e insegno pianoforte), musicologa (studio la storia e la filosofia della musica) e teologa. Vivo a Torino, dove godo della compagnia preziosa dei miei genitori, persone meravigliose da cui continuo ad imparare tantissimo. Ma la cosa forse più importante di me è che sono, e soprattutto cerco di essere, cristiana.
Cosa piace a Chiara nella vita? La musica, certo. Poi?
Tantissime altre cose! La fede e la spiritualità; l’amicizia; la natura; i libri; le feste e i regali (soprattutto da fare, più ancora che da ricevere); i bambini; e… i formaggi! Scherzi a parte, come tutte le persone sono sempre in ricerca delle cose che mi danno vita, felicità e bellezza; e anche se tante volte, come tutti, sbaglio nel cercare la felicità dove essa non abita, o dove abitano “minuscole” felicità di piccolo cabotaggio, in fondo la cosa bella è proprio il cercare di volgersi verso ciò che appaga e riaccende, nello stesso tempo, il nostro desiderio di felicità e di infinito.
Chiara Bertoglio, musicista. Tolkien, filologo e letterato. Perché vanno d’accordo?
Per diversi motivi! Da un lato, sul piano forse più semplice, potrei dire (fatte tutte le debitissime proporzioni, e si parva licet…) che Tolkien amava la musica almeno quanto io amo la letteratura; i suoi libri traboccano di canzoni, di momenti “musicali”, e io, nel mio piccolo, sono raramente tanto felice quanto quando ho tra le mani un buon libro. Su un piano più profondo, ammiro moltissimo, di Tolkien, il modo in cui ha saputo rivelare la bellezza della fede cristiana, e questo è uno dei miei obiettivi nella vita (per quanto non riesca quasi mai a raggiungerlo!). Non si tratta di “abbellire” il cristianesimo, che è già infinitamente bello di suo perché è Bello il Cristo stesso (anzi, noi cristiani spesso riusciamo solo a sfigurare questa bellezza!); ma si tratta di cercare di rivelare e di mostrare questa “bellezza antica e sempre nuova” (come diceva s. Agostino) con i modi, le parole, i gesti e le tematiche che appassionano gli uomini e le donne di oggi. Nel mio piccolissimo, cerco di farlo con la mia musica e i miei scritti; nel suo grandissimo, Tolkien ci è riuscito perfettamente!
Tu hai conosciuto e apprezzato altri autori di genere fantastico prima di conoscere Tolkien. Vuoi parlarcene? E perché poi ti sei avvicinata a J.R.R.T? Devo confessare che in questo senso ho un certo ricordo personale… il discorso che facemmo un’estate in montagna. Tu ammettesti di non conoscere il Nostro. Ma un anno dopo o giù di lì ti rincontrai ad una festa tolkieniana…
Hai proprio ragione! Devo dirti un grande grazie per avermi incoraggiata ad avvicinarmi alla produzione di J.R.R.T! Effettivamente, all’epoca in cui ci parlammo “su tra le vette”, ero molto appassionata di… Harry Potter e non avevo mai letto nulla di Tolkien. Avevo visto i famosi film della trilogia, più che altro perché invitata e convinta da mio fratello e da un ragazzo che a quell’epoca mi piaceva, ma confesso che non mi avevano appassionata soverchiamente. La passione tolkieniana è nata invece quando finalmente mi sono decisa ad aprire i suoi libri – un giorno, sul treno, scaricando un ebook… – e da allora non mi ha più lasciata. In ambito fantastico, anche se di tipo molto diverso da Tolkien, avevo sempre amato molto anche gli scritti di Buzzati e di Borges.
Secondo te, Tolkien parla al mondo di oggi? Al di là del successo commerciale, intendo. La gente recepisce altri contenuti più profondi?
Domanda da un milione di dollari… Effettivamente, come dici tu, i dati “economici” sembrerebbero dire un grandissimo “sì”, ed anche il pullulare di manifestazioni a tema, gruppi Internet, giochi di ruolo etc. sembrerebbe confermare l’impressione. Quanto, tuttavia, le persone vadano oltre allo spettacolare; quanti “tolkieniani” abbiano letto Tolkien (e cosa abbiano letto dei suoi scritti); e, soprattutto, quanto oltre la superficie si spingano, non lo so. Essendo però una persona molto propensa a cercare il bene intorno a sé più che a stracciarsi le vesti per il male, mi viene da dare una risposta moderatamente positiva ed appassionatamente speranzosa: che, cioè, i libri, o anche solo i “temi” tolkieniani, possano contribuire, anche inconsapevolmente, a suscitare interrogativi, incoraggiare valori, riaccendere quella sete di infinito e di bontà che, come dicevo, ogni essere umano porta in sé. In altre parole, un adolescente o giovane di oggi può forse scoprire le grandi domande della vita sotto la guida del “professore”, anche se ha aperto i suoi libri o visto i suoi film più che altro per godersi le battaglie con gli orchi!
Da bambina Chiara leggeva le fiabe? Tolkien, Lewis, Chesterton parlano molto di fiabe… hai mai smesso di leggerle?
Leggevo e leggo! Come ti dicevo, i libri sono i miei grandissimi amici. Ne leggo tantissimi, molti dei quali per studio e ricerca – e si tratta normalmente di saggi accademici, spesso non proprio appassionanti. Ma anche per i miei momenti di evasione ricorro quasi sempre ai libri, cercandovi dei racconti e delle esperienze in cui immedesimarmi, oppure, al contrario, in cui scoprire punti di vista e vicende molto diverse dalla mia vita. Ho avuto la grandissima fortuna di essere educata alla lettura dai miei genitori: fra i miei primissimi ricordi di infanzia ci sono mia mamma e mio papà, seduti all’indiana sul parquet della mia cameretta, con me accovacciata fra le loro gambe, e un libro aperto in mano, di cui mi leggevano le vicende. Crescendo, sono cambiati i tipi di “fiabe” e di mondi “fantastici”: come dicevo, per un po’ mi sono molto appassionata a Harry Potter, ma, in un certo senso, considero “fiabe” anche quelle di altri autori che ho letto voracemente: P.G. Wodehouse, con i suoi mondi apparentemente così “reali”, ma in fondo così incantati; Jules Verne, di cui da ragazzina ho letto quasi tutto; Carlo Goldoni, che mi faceva immaginare il mondo veneziano del Settecento in cui amavo sognare di vivere; ma anche la stessa Agatha Christie, con il villaggio di St Mary Mead e l’incantevole Miss Marple… sono tutte “fiabe”, che fanno sognare. E, in fondo, come diceva proprio Chesterton, l’incantamento è una prima forma di spiritualità e di fede: seguire quell’istinto che porta a trovarsi bene in un mondo “incantato” è anche fidarsi di quell’istinto che ci porta a cercare un mondo “misterioso” nel quotidiano, ossia un mondo “bello” nascosto e rivelato, al tempo stesso, nel mondo in cui ci troviamo a vivere.
Certi musicisti hanno composto musica ispirandosi a Tolkien. Cosa ne dici?
Ci sono delle realtà molto interessanti in questo ambito; in particolare, mi sono piaciute molto le musiche di scena per gli sceneggiati radiofonici della BBC. Mio fratello violinista, Giovanni, con il suo quartetto (“Random String Quartet”) ha anche inciso un bellissimo CD di musiche dai film di Jackson trascritte per quartetto d’archi. Altre tipologie musicali, come quelle di tipo più rock/metal (o, per contro, quelle di stile un po’ New Age) mi vedono molto meno entusiasta, ad essere sincera… ma, anche qui, nella misura in cui servono a far passare dei messaggi buoni, ben vengano.
Sei anche una teologa. Faccio quindi una domanda alla teologa. Religione e letteratura fantastica: si sposano? Perché molti storcono il naso?
Grazie per questa domanda! Come dicevo prima, sono giunta all’idea che sì, religione e letteratura fantastica possono assolutamente andare d’accordo (dipende, ovviamente, moltissimo dal punto di vista dell’autore sui temi religiosi. C’è molto fantasy che è schiettamente pagano o nichilista). Anche se dapprincipio mi sembrava che la teoria di Chesterton in Orthodoxy fosse piuttosto assurda, poi, col tempo, ho capito che in realtà è profondamente vera. Come dicevo prima, il fantastico può aprire la mente ad un senso del mistero e dell’incantamento che non sono in contrasto con la scienza e la razionalità, ma rappresentano un robusto e fondamentale contrappeso alla semplice fattualità dello scientismo. Poi tutto sta a non fermarsi all’apparenza ed alla superficie, come chi si inventa delle pseudo-religioni di tipo magico o mitico (che, fra l’altro, non hanno nemmeno la ricchezza di tradizioni e di sapienza che alcune tradizioni del passato possedevano). La magia intesa come tentativo di controllare la natura ed addirittura il soprannaturale è un aspetto molto negativo e pericoloso, che rappresenta una delle tante incarnazioni possibili della ricerca del potere, dell’egoismo e dell’orgoglio umano che cerca l’autosufficienza lontano dal rapporto col Creatore (e, neanche a farlo apposta, è in questi termini che Tolkien caratterizza le forze del male dei suoi libri, da Melkor a Sauron a Saruman…). La magia come capacità di scorgere il mistero della vita nella natura, di intuire il mistero sovrannaturale che c’è in ogni creatura e soprattutto in quelle dotate di libero arbitrio, come capacità di stupirsi davanti al mistero come fanno i bambini… beh, questa è una forma di fede, ed anche una forma molto bella. Perché, in fondo, le fiabe sono dei bambini; e “se non diventerete come questi piccoli, non entrerete nel Regno dei Cieli”.
Ringrazio Chiara per il tempo che ci ha dedicato!
Grazie di cuore a te, carissima amica!