Vivere con una morale: una recensione de “La Caduta di Gondolin”
di NATHANAEL BLAKE
Tolkien non immaginò per noi solo eroi, gloria e splendore, ma raffigurò la speranza in seguito alla rovina e alla tragedia.
Tutto ebbe inizio con un finale.
La prima storia della Terra di Mezzo di J.R.R. Tolkien fu il racconto di un disastro, scritto “in ospedale, in licenza dopo essere sopravvissuto alla Battaglia della Somme.” La sua “prima vera storia di questo mondo immaginario” narrava la distruzione della città nascosta di Gondolin, la più grande tra le città elfiche nelle terre mortali e l’ultima roccaforte contro Morgoth, il Grande Nemico. Il racconto non fu mai completato del tutto, sebbene sia citato in entrambi Lo Hobbit e Il Signore degli Anelli. Questa saga di sciagura e speranza ben si adatta al tono e all’ambientazione della creazione di Tolkien. Le sue storie di mostri ed eroi illuminano la condizione morale del genere umano meglio di quanto non facciano le opere della nostra attuale cultura pop per adolescenti. Il problema non è più l’ambiguità del bene, quanto la mancanza della volontà di realizzarlo.
I vari frammenti e versioni della storia vengono ora pubblicati insieme. Ne La caduta di Gondolin l’anziano Christopher Tolkien ha curato, per l’ultima volta, un’opera incompiuta del padre. Egli aveva descritto la sua precedente fatica, Beren e Lúthien, come “presumibilmente” l’ultima; adesso scrive, “a novantaquattro anni, La caduta di Gondolin è (indubbiamente) l’ultima.” La narrazione completa nel dettaglio era presente esclusivamente nella prima versione della storia, ma quella versione è solo una bozza, risalente a un’epoca in cui Tolkien non aveva ancora definito né il materiale né lo stile. Negli anni successivi scrisse versioni sommarie o parziali della storia, e nell’incompleta redazione finale si avvicina allo stile maturo della sua miglior prosa elevata, della quale era ormai maestro.
Questo volume include anche materiale che colloca il racconto nel contesto della creazione tolkieniana più ampia. Vale la pena leggere questi frammenti aggiuntivi, anche da parte di chi ha già familiarità con la storia dei Giorni Antichi contenuta ne Il Silmarillion, poiché La caduta di Gondolin contiene frammenti di mitologia elfica, di storia e persino di escatologia non inclusi in quel volume. Nel complesso, la raccolta di testi e i commenti di Christopher Tolkien, assieme alle magistrali illustrazioni di Alan Lee, fanno di questo libro un’ultima degna aggiunta al canone tolkieniano.
La pubblicazione de La caduta di Gondolin fa seguito all’annuncio dell’anno scorso del passaggio del controllo della Tolkien Estate a una nuova generazione, la quale sembra aver maggior volontà di sfruttare il potenziale lucrativo delle licenze rispetto a Christopher e suo padre. E sembra improbabile che i capitani dell’industria dell’intrattenimento, ai quali mancano la visione e l’immaginazione morale di Tolkien, possano produrre buoni adattamenti.
Ma avremo sempre i libri.
Eärendil: un esempio di speranza e misericordia
Sia Lo Hobbit sia i tre volumi de Il signore degli anelli sopravviveranno come grandi opere pur mentre la letteratura (teoricamente) importante dell’ultimo secolo sarà per lo più dimenticata. Le creazioni fantastiche di Tolkien saranno pure immaginarie per soggetto e stile, ma la loro sostanza è reale. Le sue storie di elfi, orchi, maghi e anelli magici sono al tempo stesso più insolite e più immediate della letteratura, in teoria, seria del suo tempo. Egli scrisse degli Hobbit come se li avesse conosciuti per tutta una vita, e degli Elfi come se avesse fatto loro visita svariate volte; i suoi contemporanei scrivevano di uomini e donne comuni come se non ne avessero mai incontrato uno.
La caduta di Gondolin mostra quanto autentica fosse la familiarità di Tolkien con queste creature. Tolkien, nella sua immaginazione, aveva fatto visita agli Elfi per molti anni. La ricca trama de Il Signore degli Anelli scaturisce dalle profondità della creazione di Tolkien. Egli aveva scritto la mitologia e la storia del mondo che aveva creato, e ne aveva persino plasmato i linguaggi. Per questo motivo i riferimenti alla storia della terra di Mezzo suonano come reali, e le parole, le frasi, e persino le poesie nelle lingue da lui inventate sembrano autentiche, piuttosto che un frettoloso miscuglio di sillabe e suoni. Gli scorci delle antiche leggende sembrano reali perché quelle stesse leggende sono state create con cura ed intessute nell’intreccio di quel mondo. La rivelazione postuma della vasta creazione di Tolkien arricchisce la lettura delle sue opere concluse.
Gondolin ed il suo tragico destino furono parte del mondo di Tolkien sin dall’inizio, ed il racconto divenne un ponte tra i suoi protagonisti hobbit ed il lontano passato del mondo che abitavano— un passato che era andato per lo più perduto a cagione del tempo e della violenza. Per i lettori de Lo Hobbit, La caduta di Gondolin rappresenta il primo sguardo desolato nel lontano passato della Terra di Mezzo, nel momento in cui Elrond identifica le spade prese ai troll come “lame molto antiche degli Alti Elfi dell’Ovest, la mia gente. Furono fatte a Gondolin . . . draghi e goblin distrussero la città molti anni fa.” Il Signore degli anelli è ancor più velato dal passato, comprese le storie inedite di Gondolin. Come Elrond dice a Frodo, “la mia memoria arriva persino ai Giorni Antichi. Eärendil era il mio Sire, nato a Gondolin prima della sua caduta.”
Ed Eärendil era figlio di Tuor, l’eroe de La caduta di Gondolin. Tuor era un uomo di grandi capacità e nobile ascendenza che fu inviato nella città nascosta di Gondolin con un messaggio profetico di speranza per gli Elfi esiliati della Terra di Mezzo. Se avessero marciato tutti insieme contro Morgoth, avrebbero ricevuto aiuto dai Valar, i guardiani angelici e signori del mondo.
Eppure, sebbene Tuor fosse divenuto grande tra gli Elfi della città, tanto persino da sposare la figlia del re, la sua missione fallì poiché il re amava troppo la sua grande città e non l’avrebbe messa in pericolo andando in guerra. Il macabro risultato della vicenda è indicato dal titolo del racconto, poiché Gondolin fu scoperta, tradita, e distrutta dalle forze di Morgoth in una tremenda battaglia. Per quanto Tuor e la sua famiglia riuscissero a fuggire con quanto restava del loro popolo, il trionfo di Morgoth pareva completo.
Cionostante, dalla desolazione e dalla disperazione, un’inattesa speranza sorse dall’unione di Uomini ed Elfi. Eärendil nacque da un uomo mortale e un’immortale fanciulla elfica (unione rara e sempre portentosa nella Terra di Mezzo). Come rappresentante di entrambi i popoli, egli viaggiò per nave fino alla dimora dei Valar nel remoto Occidente e invocò il perdono per gli Elfi esiliati e l’aiuto per i popoli della Terra di Mezzo. E i Valar mossero guerra contro Morgoth e lo bandirono dal mondo.
Tolkien non compose mai il racconto di Eärendil eccetto che nella forma di un riassunto (i lettori de Il Signore degli Anelli probabilmente ricordano che Bilbo compose dei versi a riguardo). Sarebbe stato la trionfale conclusione dei racconti dei Giorni Antichi di Tolkien, pieni di eroismo nel mezzo della sofferenza, del dolore e della tragedia. La storia della caduta di Gondolin è sempre stata ben più che un racconto tragico di eroica sconfitta. Quando ogni resistenza appariva inutile e la speranza perduta, i sopravvissuti di Gondolin trovarono la misericordia divina e il soccorso. Dalla distruzione di Gondolin venne la rovina di Morgoth.
La realtà morale (nostra e di Tolkien)
Questa è la visione morale che plasma la creazione di Tolkien. Contrariamente a quanto alcuni critici affermarono, Tolkien non presenta un universo morale semplicistico—buoni contro cattivi. Le mostruose manifestazioni fisiche del male nell’opera di Tolkien non nascondono i conflitti morali nel cuore degli uomini (o elfi, nani, hobbit, e così via) ma li illuminano. La minaccia dei mostri mette gli uomini alla prova. Le sfide morali su cui Tolkien si concentra sono il compiere il bene quando il male appare una soluzione più facile, il resistere al male quando opporsi sembra inutile, e l’evitare di compiacersi quando sembra inevitabile farlo.
Il potere a tratti soverchiante del male—fisicamente incarnato nei Signori Oscuri (Morgoth e poi Sauron) e nei mostri da loro creati e comandati—deve essere fronteggiato anche quando il suo trionfo sembra ineludibile. Non possiamo affidarci alla segretezza delle fortezze, il cui proposito è di preservare e coltivare la forza che alla fine dovrà affrontare il male. E sebbene il coraggio che consiste nel non temere personalmente di affrontare il nemico sia importante per coloro che combattono il male nel mondo di Tolkien, non è comunque sufficiente. Turgon, il re di Gondolin, senza dubbio era coraggioso nell’affrontare la possibilità del proprio ferimento o morte in battaglia, ma non avrebbe messo a rischio la sua città, persino davanti alla promessa di una sconfitta definitiva del male per aiuto divino.
Ovviamente, un simile aiuto divino non viene sempre promesso, né nel nostro mondo né nella Terra di Mezzo. Non siamo padroni del mondo, e non possiamo sempre sapere quando la nostra lotta porterà frutto. Potremmo risultare inaspettatamente vittoriosi, oppure la nostra sconfitta potrebbe creare comunque le circostanze per una futura vittoria altrui. Ciò che non dobbiamo fare è arrenderci al male o alla disperazione. Nei racconti di Tolkien, i più grandiosi successi del male non richiedono solo mostri e macchinazioni, ma la debolezza e malvagità degli Uomini liberi, degli Elfi, e così via.
L’opera di Tolkien rende chiaro come la debolezza morale sia il reale problema della condizione umana, non i dilemmi e l’incertezza morale. Questi ultimi sono rari, la prima è dappertutto. Raramente commetto un torto perché non so cosa è giusto; spesso faccio un torto perché è una soluzione divertente, facile, o in altro modo seducente.
Tolkien non era un semplificatore della morale ma un realista. Poteva scrivere di tragedia e ambiguità morale (vedi I figli di Húrin, per esempio), ma sapeva che a noi principalmente manca la volontà di agire bene, piuttosto che la conoscenza di ciò che è giusto, e così i suoi racconti portano l’immaginazione morale in soccorso della volontà. Identificandoci con i suoi eroi, desideriamo scegliere di agire bene, ma ci viene costantemente ricordata la nostra capacità di cedere alle tentazioni e fare del male.
Le sue opere non riempiono i lettori di compiacimento della propria giustizia. I suoi eroi sono tali non perché siano moralmente incorruttibili, ma perché potrebbero essere corrotti (o certamente spinti alla disperazione, quando non al compiere il male), ma resistono alla tentazione. Ne Il Signore degli Anelli, Frodo alla fine soccombe all’Anello, ma viene salvato comunque in virtù della pietà che precedentemente aveva mostrato verso Gollum.
Un simile profondo universo morale ebbe inizio quando, sopravvissuto al fango e alla morte della Grande Guerra, Tolkien non immaginò per noi solo eroi, gloria e splendori, ma raffigurò la speranza in seguito alla rovina e alla tragedia.
La caduta di Gondolin è stata un nuovo inizio nella Terra di Mezzo.
L’autore
Nathanael Blake, PhD in Political Theory. Giornalista, i suoi articoli sono pubblicati su varie testate di rilievo come The Federalist e il Catholic World Report. Vive in Missouri.
I traduttori
Greta Bertani, laureata in Lingue e Letterature Moderne con tesi su Tolkien. Libera ricercatrice, traduttrice, e mamma. Nel 2011 esce la sua monografia Le radici profonde – Tolkien e le sacre scritture. Traduce in inglese il libro di Oronzo Cilli Tolkien l’Esperantista, pubblicato nel 2017. Collabora a diverso titolo con varie realtà tolkieniane italiane tra cui Ardalambion, Tolkien Italia e i Cavalieri del Mark.
Giovanni Costabile, laureato magistrale in Scienze Filosofiche. Libero ricercatore, scrittore, traduttore, pubblica articoli su Tolkien su riviste prestigiose come Tolkien Studies (2017), Inklings Jahrbuch (2017), Mythlore (2018). Relatore di conferenze, già membro attivo della Tolkien Society, Società Tolkieniana Italiana, Medieval Academy of America. Nel 2018 conduce ricerche presso la Weston Library di Oxford e di seguito pubblica la sua prima monografia, Oltre le Mura del Mondo : Immanenza e Trascendenza nell’opera di JRR Tolkien.