Tolkieniani Italiani – intervista a Edoardo Volpi Kellermann

Echi musicali sul cammino “VERSO MINAS TIRITH”un’intervista a Edoardo Volpi Kellermann, “compositore tolkeniano” di lungo corso,  potrebbe intitolarsi così. Per quanto argomento globale, la musica presenta caratteristiche divisive circa le preferenze personali, tra gusti diversi e propri di ciascuno, generi preferiti, autori prediletti. Al contempo, esiste un aspetto della musica che mette tutti daccordo: il suo potere di generare, in ogni individuo, emozioni, sensazioni e ricordi. Ciascuno di noi è capace di riconoscere un compositore da un piccolo motivetto o di evocare le immagini di unopera cinematografica partendo da poche note della sua colonna sonora.

La musica è, in definitiva, qualcosa che resta impressa nella mente e nel cuore, che riesce a coinvolgere tutti, prescindendo da preferenze e attitudini.

Quando si parla di musica, si finisce per parlare di musicisti, di coloro capaci di creare musica, figure quasi dotate di poteri magici coi quali riescono a fare elevare lascoltatore verso un composito universo di suoni e melodie. Musicista è colui che col suo talento riesce ad esprimere tutto lamore e la passione per questo tipo di arte. Al talento, alla passione, il musicista somma lo studio, lesperimento, lapprofondimento e laggiornamento su tecniche e strumenti.

Edoardo Volpi Kellermann è noto agli appassionati delluniverso tolkienano per lopera Verso Minas Tirith – Towards Minas TirithDi seguito spiegherà le origini e lo sviluppo della sua produzione e aiuterà chi, come me, non ha studiato musica, a fare chiarezza sugli aspetti più strettamente tecnici delle sue composizioni.

Ciao Edoardo, innanzitutto grazie per il tempo che ci stai dedicando. Ti ho definito compositore di lungo corso perché il tuo diploma al Conservatorio Cherubini di Firenze è datato 1986 ma la tua produzione è anche più risalente. Da quanti anni studiavi al Conservatorio? Che strumento/i suonavi?

Ciao Giovanna e innanzitutto grazie a voi per il vostro interesse alla mia opera. Nel 1986 mi sono diplomato in pianoforte con il compianto Maestro Antonio Bacchelli, dopo undici anni di studio (uno preparatorio più dieci accademici). Avevo iniziato contro il parere dei miei genitori (giustamente pensavano che strumenti più adatti alla partecipazione in orchestra, come ad esempio il Violino, mi avrebbero aperto maggiori possibilità di lavoro). Mi ero proprio innamorato del Pianoforte e nonostante le difficoltà che ho incontrato in seguito, non ultima la fatica di conciliare lo studio scolastico con quello della musica, non me ne sono mai pentito.

Ti sei specializzato in computer music. Puoi spiegare ai non tecniciin cosa consiste e le difficoltà legate a questo tipo di composizioni, in specie per via dellarretratezza dei mezzi tecnologici in anni in cui non cera ancora stato il successivo sviluppo?

Nel 1983 mio padre, che aveva il suo ufficio di rappresentante di commercio in casa, acquistò un Apple ][e (un personal computer veramente molto avanzato per quei tempi). Fu anche in quel caso amore a prima vista: mi aveva sempre affascinato, fin da piccolo, creare collegamenti fra concetti, eventi, ragionamenti, così iniziai a imparare la programmazione in basic e anche un poin assembler (linguaggio di basso livello), il che mi permise di sperimentare piccole animazioni in grafica – una rivoluzione per quegli anni – e i primi timidi esempi di suoni generati dalla macchina. Sei anni dopo potei regalarmi un Amiga 500, una macchina eccezionale in grado di far girare i primi sequencer, ovvero dei veri e propri registratori multi-traccia in grado di pilotare strumenti esterni via MIDI (un protocollo di comunicazione fra strumenti musicali elettronici). Aspiravo da tempo ad avere la mia orchestra personale e colsi al volo loccasione, anche perché già sognavo le possibilità che si sarebbero aperte di lì a pochi anni. Nel frattempo iniziai a frequentare uno dei primi corsi di Computer Music, allIstituto Mascagni di Livorno. È stato un grande lavoro di artigianato, ho imparato in parte studiando i testi disponibili allepoca e in parte con lintuito della passione. Allora non ci appariva affatto limitato quello che potevamo fare con quei mezzi che ora, effettivamente, ci sembrano ridicoli. Inizialmente le capacità di produzione del suono erano solo quelle delle tastiere elettroniche disponibili. Il sequencer si limitava a pilotarle in modalità polifonica, ovvero utilizzando la tastiera come una piccola orchestra: nel caso della mia Yamaha SY55, fino a 16 strumenti in contemporanea. Ci sembrava un miracolo. Oggi ho a disposizione orchestre virtualmente infinite, di qualità nettamente superiore, allinterno del computer stesso, limitate solo dalla velocità di calcolo e dalla memoria disponibile. Quindi, ritengo di avere fatto un ottimo investimento.

Parliamo adesso di un evento molto importante per te: nel 1981 il tuo primo approccio alle opere di J.R.R. Tolkien (allora approdate in Italia relativamente da poco tempo). Qual è stato il primo testo che hai letto?

Nel 1979 avevo visto al cinema il film di animazione di Ralph Bashki.
Unopera interessante ma raffazzonata, soprattutto nel finale. Capace di rappresentare con intensità le parti più inquietanti ma non altrettanto quelle gioiose e luminose. Eppure qualcosa mi rimase dentro, come uneco. Ero attirato in modo irresistibile da quel libro, nonostante le obiezioni di mia madre (se vuoi leggere mitologia, leggi quella vera– non sapeva ancora quanto fosse verala mitologia Tolkieniana). E così mi convinsi ad acquistarlo, anche su consiglio di un caro amico, entrai nella Terra di Mezzo e non me ne liberai più.

Come tu stesso hai dichiarato qualche tempo fa, le parole del Professore ti colpiscono in modo particolare, la Terra di Mezzo ti entra nel cuore. Che cosa hai provato esattamente?

La lettura de Il Signore degli Anelli in realtà fu motivo di grande crisi per me, una crisi esistenziale. Possibile che un mondo inventato mi apparisse ben più vero, profondo e coinvolgente rispetto al mondo che definiamo reale, rispetto alla vita di tutti i giorni? Perché quella commozione, quelle emozioni così intense le provavo solo nella Terra di Mezzo, mentre le mie giornate apparivano ovattate, banali? Come potevo fare per rientrarci, al di là della lettura delle altre opere di Tolkien? Una sera, dopo le solite ore di studio al piano, mi ritrovai a esplorare di nuovo quel mondo, con melodie e armonie che ne scaturivano come se le leggessi da una partitura invisibile. Non avevo mai composto musica; ne avevo studiata tanta, questo sì, avevo acquisito il linguaggio e avevo già i miei stili e i miei autori preferiti, ma non mi ero mai sentito stimolato a scrivere qualcosa di mio, fino ad allora. Gradualmente compresi che avevo trovato la mia Porta di Durin. Una buona parte delle mie opere tolkienianenacque in quel periodo, fra i 17 e i 20 anni di età.

Hai mai pensato che anche Arda, per quanto bellissima, non nasconda però anchessa delle storture ( i Sackville Baggins e il tradimento di Lotho per dirne una o, peggio, i temibili Orchi privi di pietà e sentimento), delle imperfezioni che la rendono similare al nostro mondo?

e la gioia e il dolore vi sono affilati come spade, ci dice il Professore. Proprio questa è la chiave di lettura giusta: la buona mitologia non ci parla di mondi fantastici per dimenticare i problemi del mondo reale, come spesso ho letto o sentito dire in analisi a dir poco superficiali.  È uno svelamento, un ritorno alle radici del nostro vivere e del nostro sentire. Ne ebbi un primo assaggio nella scena in cui Gandalf accenna a colui che non può e non deve essere nominato: la potenza della parola, del nome di un essere così malvagio è tale da modificare la realtà della storia, a cambiare il destino dei suoi protagonisti. Vaghi accenni, rapide pennellate che inducono un sacro terrore nel lettore attento e sensibile: tale è la potenza narrativa di Tolkien. E la bellezza, il bene, la luce è ancora più vivida in un mondo dove il male e loscurità sono tanto pregnanti.

Tra tutti, qual è il messaggio più importante che ti ha trasmesso la produzione del Professore?

La gioia e la bellezza, la speranza, appunto. Sono pochi gli autori che come Tolkien sappianorenderle senza banalizzarle. Dal punto di vista narrativo è più semplice descrivere il male, lorrore. Ne abbiamo un esempio continuo nella nostra vita quotidiana, quella che chiamo Sindrome del TG: il bene e il bello non fanno notizia, così riceviamo un ritratto della realtà totalmente distorta, le lenti del cosiddetto realismosono destinate a renderci inutilmente infelici. Per fortuna esistono autori e artisti come il Professore, pronti a ricordarci la meravigliosa complessità del mondo.

Veniamo dunque alla musica. Resti folgorato dalluniverso tolkieniano e matura in te unidea, che attecchisce nel tuo campo di interesse, quello appunto musicale.

Proprio così. Probabilmente se fossi stato un bravo illustratore la mia via dingresso personale sarebbe stata quella dellarte figurativa. Ricordo ancora lesaltazione che provai scoprendo di poter richiamare le sensazioni e le emozioni trasmesse dalla lettura, come se avessi trovato larmadio per Narnia.

Comincia così il tuo viaggio inaspettato, che precede addirittura il tuo diploma al Conservatorio di Firenze. Quali strumenti hai usato e quali sono state le maggiori difficoltà  per lo sviluppo della tua composizione?

Inizialmente il mio strumento principale fu il pianoforte, daltronde era quello che conoscevo meglio. Però molte delle composizioni erano troppo complesse per un solo strumento. In seguito luso musicale del computer mi permise di allargarela tavolozza senza bisogno di unorchestra personale, che non in molti possono permettersi, almeno fino alla nascita, anni dopo, della Sinfonica Tolkieniana. Le maggiori difficoltà che ho incontrato sono state di ordine diverso. Innanzitutto parlare di e comporre su Tolkien, negli anni ottanta e in un Paese come lItalia, dove la narrativa fantastica ancora oggi continua ad essere considerata per ragazzi, nellaccezione più semplicistica del termine, non mi ha certo aiutato a venire preso sul serioal di fuori del mondo degli appassionati. Inoltre non seguivo le mode di certa musica contemporanea, dove la rottura degli schemi melodico – armonico – ritmici diventava un pofine a se stessa, di facciata. Ho sempre utilizzato canoni classici, anche se con molta libertà, e allora ciò era sinonimo di vecchio, di superato. Devo dire che il tempo mi ha dato ragione, visto che oggi c’è un ritorno allutilizzo innovativo di tali canoni.

Da una dimensione prettamente privata decidi presto di dare rilevanza pubblica alla tua opera. Lanno era il 1992, loccasione il Raduno Nazionale della Fantascienza e del Fantastico, tenutosi a Courmayeur. Ci racconti cosa accadde?

Da quanto riesco a ricordare, lessi dellevento sullEternauta, rivista di fumetti e fantastico che ho collezionato dal primo allultimo numero. Scrissi allorganizzazione che mi sarebbe piaciuto partecipare con le mie opere musicali e loro mi risposero, dapprima un po’ freddamente, invitandomi a spedire loro un demo. Allora preparai il demo su audio-cassetta, usando (lo accennavo prima) una tastiera Yamaha come orchestra virtuale e il mio pianoforte come strumento solista. Non venne fuori un granché rispetto a come lo avrei desiderato, nonostante ciò mi richiamarono, questa volta al telefono, invitandomi a tenere il concerto inaugurale la prima sera dellevento.

Mi hai detto che è stato uno dei primi concerti multimediali in Italia. Analizzandolo dopo ventisei anni, che portata attribuisci allevento?

Lho verificato anche con altri miei amici e colleghi musicisti: è vero, sono stato uno dei primi a pensarci. Lidea fu quella di rifare – meglio – quanto avevo fatto per la demo, ovvero suonare il pianoforte dal vivo, mentre il mio Amiga 500 pilotava la tastiera che al momento opportuno faceva partire le tracce orchestrali. Questo colpì parecchio la fantasia del pubblico, letteralmente fantascientifico, della serata: cerano Karel Thole, che andai a trovare qualche tempo dopo a Milano, Giuseppe Lippi, Marco e Fabio Patrito con i quali ho in seguito collaborato su altri progetti, Gianfranco de Turris, Adolfo Morganti Oscar Chichoni non è venuto al concerto ma ci feci amicizia il giorno dopo e in seguito mi ha regalatoil mio logo. Insomma, ho avuto occasione di conoscere personaggi davvero interessanti e importanti.
Comunque il concerto piacque, e molto. La portata dellevento a livello personale fu senzaltro vasta, un grande incoraggiamento a procedere, ad allargare i miei orizzonti. Per il resto non riesco ancora a valutarla nel nostro Paese sembra che leco ogni iniziativa venga subito soffocato, soprattutto se non è promossa dai soliti noti. Dovremmo chiederlo a chi era presente.

Ti specializzi, acquisti nuovi strumenti informatici e decidi di incidere il primo disco. Era il 2003 e, al cinema, Il Ritorno del Re completava il trionfo della vincente trilogia di Peter Jackson. Prima di scendere nel dettaglio del tuo lavoro del nuovo millennio, ti chiedo: come hai riempito musicalmente questo segmento temporale che va dal 1992 al 2003, appunto? La liason musica Tolkien è rimasta sopita o è stata foriera di ulteriori produzioni?

Sono uno dai mille progetti, e questo è un pregio ma anche un difetto. Nel frattempo mi era nato un figlio e mi ero trasferito a Milano per lavoro. Allo stesso tempo il mio amore per Tolkien e la sua opera non si è sopito, anzi. Sono entrato in contatto innanzitutto con altri artisti, come Giuseppe Festa, e con realtà di appassionati come Eldalië e naturalmente STI. Idee su idee, mentre cercavo di far conoscere la mia opera al più alto numero di persone possibile, e non senza difficoltà.

Veniamo dunque alla fatidica data. Conosci, a quel tempo, una persona importante: Davide Perino, il doppiatore di Elijah Wood. In che occasione si è avuto il primo contatto e che tipo di rapporto hai avuto con Perino?

Come in tante altre occasioni devo ringraziare Giuseppe Festa, che me lo presentò. Davide è una persona fantastica, un vero Hobbit nella sua accezione migliore, disponibile e signorile. Giuseppe mi accompagnò a Roma per darmi una mano durante la registrazione: fu una giornata memorabile. Davide è rimasto sempre pronto a dare una mano e a partecipare alle nostre iniziative, anche negli anni seguenti e nonostante i sui diecimila impegni.

Parlavo, in precedenza, dellimportante sviluppo tecnologico rispetto alle dotazioni dei tuoi esordi. Grazie ai nuovi strumenti com’è cambiato il tuo lavoro?

È stata una crescita graduale. Giunto a Milano nel 1998 feci il primo salto di qualità, acquistando un PPC8100 usato, dotato di scheda audio SampleCell. Per intenderci fu il passaggio dagli strumenti esterni pilotati (tastiere, Drum machine, moduli sonori come lo Yamaha TG300) e registrati su un mixer analogico esterno, alla registrazione digitale su computer, con tutto ciò che implica in termini di miglioramento del suono grazie ai plug-in, agli effetti software offerti dai sequencer di allora (Cubase, Nuendo, Digital Performer). Oltre ai primi, timidi esempi di simulazione sonora allinterno del computer stesso. Per la felicità di mia moglie potei gradualmente liberarmi di parecchia ferraglia portando tutto il flusso di lavoro nel computer. Oggi uso il pianoforte digitale come tastiera pilota, ma i suoni li produco tutti in software. Niente più cavi, niente più rumore di fondo e problemi di impedenza, e con le potenze attuali posso creare orchestre praticamente infinite: quando la CPU fa fatica, si registra un podi roba in audio, si mixa, si mette da parte e poi si va avanti. Un sogno.

Altro incontro importante è quello con Alessandro Ferrari, primo violino della Scala di Milano, anche lui compositore e anche lui con una forte passione per Tolkien. Nel 2007, inevitabilmente, inizia una nuova collaborazione. Cosa ti viene in mente se ti dico Sinfonica Tolkieniana?

Uno dei più bei progetti della mia vita, anche se è durato poco. Musicisti della Filarmonica della Scala, Percussionisti della Scala, un primo violino e compositore Tolkieniano come direttore devo aggiungere altro?

Com’è stato accolto il vostro concerto?

Bene. Non quanto avremmo voluto come quantità del pubblico in sala, perché purtroppo il Comune di Milano, pur se patrocinatore dellevento (una giornata a tema Tolkieniano al Teatro dal Verme, con ospiti del calibro di Quirino Principe, di cui il concerto era lapoteosi finale: altre notizie e video sul sito dellevento) mancò totalmente lobbiettivo di pubblicizzarlo in modo adeguato, per stessa ammissione dei responsabili presenti. Ma su YouTube, 750.000 contatti in poco tempo. Il che la dice lunga

Sempre nel 2007 organizzi altri due concerti a Buccinasco. Complessivamente questi eventi hanno raccolto il successo sperato?

Non concerti: non solo. Dei veri e propri festival, uno nel 2006 con unottima partecipazione, in una location per tre giorni, al quale intervennero tutte le realtà più importanti dell’epoca tra cui le stesse Eldalië e STI, con la quale continuo a collaborare ancora oggi. Nel 2007 alzammo ulteriormente il tiro, invitando il grande Daniel Reeve e ampliandoci su tre location differenti, sempre a Buccinasco. E nel 2012 organizzammo un evento simile a Castellanza, con Barbara Baraldi come madrina. Che dire, gran belle iniziative, grazie allaiuto di tutte le associazioni partecipanti e alle persone che mi hanno sempre supportato, in primis Gianluca Comastri e linfaticabile Pietro Gusmaroli. Gran fatica, nessun rientro economico Daltronde chi organizza eventi sa bene di cosa parlo. Ma la soddisfazione fu tanta, e comunque senza i primi due non ci sarebbe stato alcun evento al Teatro Dal Verme.

Tu sei molto attivo nel mondo di Internet. Oltre al tuo un canale Youtube hai aperto, nel 2004, il sito Tolkieniana.net, ce ne parli?

Tolkieniana Net sono io, ma insieme a tanti altri. Tolkieniana adesso fa parte di un trittico (Tolkien Italia – Tolkien Reading Day) ma se alcune cose vanno per il verso giusto si svilupperà una rete più ampia. È partito con lintenzione di diventare un punto di riferimento per tutti gli artisti che a Tolkien si sono ispirati o continuano a ispirarsi. Lo sai che Tolkien è lautore del XX secolo che ha ispirato più musicisti, in assoluto? Basta dare unocchiata alla Tolkien Music List per rendersene conto. Lavorandoci praticamente da solo (con laiuto di Gianluca ogni volta che può), sia al sito principale che a quelli collaterali, riesco ad aggiornarlo e integrarlo solo in modo saltuario. Insomma, sono – siamo – in cerca di collaboratori!

Abbiamo già detto cheVerso Minas Tirith – Toward Minas Tirithnon esaurisce il novero delle tue composizioni a tema Tolkien. Quali sono, tra tutte le altre, quelle che ti stanno più a cuore? Gli appassionati e il pubblico in genere dove potrebbero ascoltarle?

Abbiate un podi pazienza sto seguendo un altro progetto davvero molto importante per me. Se andrà in porto come spero mi ritaglierò il tempo per portare finalmente a termine innanzitutto Festa in Casa Bagginse poi per adesso non ne parlo.  Nel frattempo, il disco è disponibile su SoundCloud, su iTunes, su Amazon

Abbiamo fatto riferimento, in precedenza, allimportanza del messaggio trasmessoti da Tolkien. Per concludere ti chiedo: qual è il messaggio che Edoardo Volpi Kellermann vuole mandare con la sua opera?

Non pretendo di saperlo, né di avere un particolare messaggio da mandare a chicchessia tranne ascoltate, osservate, vivete a cuore aperto. Leggete buoni libri, innanzitutto Tolkien, e ascoltate buona musica.

Edoardo ti ringrazio per il tempo messo a disposizione al nostro pubblico e per averci dato la possibilità di viaggiare allinterno di un universo affascinante, quello musicale, in cui grazie al tuo lavoro rivive e prende forma la nostra comune passione per Arda.

Grazie a voi, queste occasioni di rimettere se stessi in discussione fanno innanzitutto bene allintervistato.

 


Larticolista

Mi chiamo Giovanna Caruso, sono nata nel 1995 a Reggio Calabria, ma da poco tempo ho lasciato lo Stretto per le rive del Lago di Como. Diplomata al Liceo Classico, indirizzo linguistico, ho frequentato gli Scout AGESCI e  ho svolto diverse attività di volontariato.

Due gatti allietano le mie giornate ma nella mia vita non ci sono solo animali: mi piace viaggiare, la natura, lo sport, la buona cucina e adoro lArte in tutte le sue forme. La mia più grande passione è la lettura, libro preferito naturalmente Lo Hobbitdi J.R.R. Tolkien, con il più bel messaggio che Bilbo ci può mandare: mettersi sempre in gioco.