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Hobbiton XXVII, ritorno ai Regni del Nord

Anche in questo particolare momento che tutto il Paese sta attraversando vogliamo tenere alta la speranza e guardare a tempi migliori. Per questo, con fiducia, diamo oggi l’annuncio che riguarda la nostra Festa a Lungo Attesa: HOBBITON XXVII.

L’appuntamento per il 2020 è fissato tra il 12 e il 13 settembre, approfittando nuovamente della splendida accoglienza di Manerba del Garda (BS): quindi anche per quest’anno il nostro evento principale avrà la cornice de I REGNI DEL NORD, in forma riveduta e ampliata per sfruttare pienamente tutte le risorse utili per accogliervi come meritate.

Naturalmente il programma di dettaglio, che diffonderemo più avanti, comprenderà tutto ciò che da sempre ci caratterizza: conferenze, spettacoli, musica, stand enogastronomici, giochi, artigianato, costumi…

Sarà il ritorno che tutti noi desideriamo, sin da oggi.

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Tolkieniani Italiani – Intervista a Marcantonio Savelli


Recentemente abbiamo avuto modo di entrare in contatto con Marcantonio Savelli e di approfondire la sua conoscenza. Nato a Bologna nel 1986, si è proposto in particolare per il suo esordio come autore letterario con un’opera prima interamente ispirata alla letteratura medievale, a partire dalla trama fino a giungere al metodo compositivo. Abbiamo così potuto constatare che l’autore è anche studioso di filosofia e appassionato ricercatore di storia e letteratura medievale: non potevamo lasciarci sfuggire l’occasione per una ricca chiacchierata su tutto ciò che ci accomuna.


Da cosa è scaturita l’ispirazione a dedicarsi a un tema e a un’opera tanto affascinante, quanto inusuale nel panorama letterario nazionale?

Ringrazio prima di tutto per il complimento e per questa intervista. Dove è nata l’ispirazione… Fortunato l’autore che sia in grado di rispondere a questa domanda riguardo alla propria opera in modo esauriente. Temo di non poterci nemmeno provare. L’ispirazione diretta credo sia da ricercarsi, tra le altre cose, nelle letterature medievali, in primo luogo l’epica di ogni latitudine, su tutti il Beowulf la Chanson de Roland, i cicli arturiani, le saghe norrene, la Legenda Aurea e altre agiografie, Chretien de Troyes e la lirica trobadorica in generale, Dante. Tra gli antichi, l’Odissea inevitabilmente. Tra i moderni, mi vengono in mente Melville, London, Scott, Borges, Yeats. Tolkien fa storia a se’. Ma se parliamo di ispirazione in senso più lato, devo purtroppo avvertire di aver letto molta filosofia. Pertanto credo che il problema letterario sia per me posto innanzi tutto come problema filosofico. Senza fare nomi. Penso dunque che sia corretto definire Erec un poema filosofico. Si può leggerlo come un poema epico per trarne il piacere che si trae da un testo epico. Tuttavia il mio intento era fare qualcosa di più di questo, ovvero suggerire al lettore una meditazione sull’uomo non antico, ma moderno, o sulla crisi moderna, se si vuole, vista non dal punto di vista della “letteratura di crisi”, ma bensì da quello di un suo superamento. In realtà la distinzione è illusoria, perché l’epica è, per sua natura, spontamentamente simbolica e quindi filosofica. Ad ogni modo, ho tentato di scrivere un libro drammatico ma ottimista, che mediti sul futuro facendo finta di parlare “solo” di un passato immaginario. C’è forse qualcosa di Tolkieniano in questo? 

Qual è stato il ruolo di Tolkien e delle sue opere in questo contesto creativo?

Non esito a dire che questo testo non esisterebbe se un bambino di nove anni non avesse preso in mano Il Signore degli Anelli per non più abbandonarlo. Una storia comune, credo, a molti di coloro che leggeranno queste righe. Da allora ho letto e amato molti altri autori, ma penso di poter dire che Tolkien sia l’influenza maggiore su Savelli come essere umano e come scrittore. A prescindere ovviamente dalla qualità letteraria e artistica, credo che nel mio testo ci sia molto di Tolkien. Ma la ricetta ideale per scrivere un pessimo libro penso sia imitare gli autori che si amano. Non si potrà mai eguagliarli, ma soprattutto si sta imitando l’opera, non la mente e lo spirito che l’hanno creata. Si sta facendo, per dirla con Platone, una copia di una copia. Da Tolkien penso di aver attinto, soprattutto, la convinzione che si possa scrivere un’opera che parli all’uomo moderno del suo destino e della sua felicità senza per questo rassegnarsi alla modernità e alla crisi che essa porta con se’. E l’idea che certi temi, tra cui quello del fantastico inteso come quel qualcosa che sfugge alla logica calcolante, all’organizzazione come dominio… questo e altri temi nati nell’Occidente medievale… possano essere recuperati e riproposti in chiave nuova. 

Come mai la scelta è caduta proprio sul metro allitterativo, che non è certo la tecnica compositiva letteraria più agevole?

Come tutti sappiamo, vi è un rapporto fra forma e contenuto. La forma, in un’opera d’arte, non è un abito che si possa smettere e sostituire a piacere. Non credo sia possibile, per intenderci, scrivere un poema allitterativo a tema non epico,  o che parli del banale, del quotidiano, del triviale. O del moderno. Lo si potrebbe fare, certo, ma credo che il risultato sarebbe piuttosto ridicolo. La letteratura italiana non ha mai conosciuto l’allitterazione perché è molto più difficile comporre secondo tale metro in una lingua “romanza” che in una lingua germanica, come ad esempio l‘old english. Il motivo principale è piuttosto semplice. In old english, nonché nell’inglese moderno che in buona parte ne deriva, la stragrande maggioranza delle parole è accentata sulla prima sillaba. Siccome il metro allitterativo non si interessa di come una parola finisce, (come invece la rima), ma solo del suono delle sillabe dove cadono gli accenti, ecco che per chi compone è molto più facile pensare alle parole che iniziano con il tal suono, che non trovare mentalmente la parola che esprima ciò che vogliamo esprimere e allo stesso tempo che abbia la sillaba su cui cade l’accento corrispondente alle esigenze metriche. All’inizio del testo vi è una spiegazione della metrica utilizzata. Chi lo desidera può cimentarsi e verificare da se’. Ma detto questo, oltre al maggior tempo e alla fatica richiesti a comporre, di cui il lettore non ha motivo di preoccuparsi, oso sperare che i risultati non parlino a sfavore dell’adozione di tale metro anche per opere in lingua italiana. Questo poema epico, come tutti i poemi epici di ogni tempo e luogo, è fatto non per essere letto mentalmente, ma declamato ad alta voce. Ho provato a farlo e mi è parso che il risultato non fosse dei peggiori. Per questo l’ho portato a termine.  

Sono in nuce o in lavorazione eventuali seguiti o altre opere dello stesso filone?

Tutto è possibile, ma credo che una scelta stilistica così “forte”, nel senso di specifica e contenente in se’ un che di programmatico, difficilmente possa dar vita ad un genere. Vi è qualcosa di facilmente esauribile in essa, in primo luogo l’implicita dichiarazione di voler scrivere, nel ventunesimo secolo, un poema allitterativo invece di un romanzo. Tolkien scrisse anche in metro allitterativo, credo unico nel ventesimo secolo, ma potrei sbagliarmi. Gran peccato che quel suo testo sia incompiuto. Tornando alla scelta formale, personalmente non mi vedrei capace, invece, di scrivere un romanzo, forma espressiva, come è noto, ben più recente e “giovane” dell’epica stessa. In questo periodo sto lavorando ad una raccolta di racconti molto brevi. Certo, io stesso, o qualcun altro, potrebbe scrivere altri poemi allitterativi in lingua italiana, magari anche più lunghi o meglio scritti, ma cosa aggiungerebbero al primo? A questa domanda faticherei a trovare risposte convincenti.

Il ciclo della Terra di Mezzo può essere visto anche come una base di conoscenza da cui possono essere tratte altre ispirazioni che invitino a riscoprire e diffondere testi storico – mitologici?

Certamente. L’opera di Tolkien è (anche) il prodotto di una profonda conoscenza del Medioevo occidentale. Se non ricordo male, egli dichiarò di essersi proposto di creare una mitologia per l’Inghilterra, che non ne aveva mai avuta una al pari del mondo greco-latino. Se davvero questo era il suo intento, mio parere è che abbia fallito: egli creò invece, forse senza volerlo, una mitologia per l’Occidente. Più si studia e si conosce il Medioevo e la sua letteratura, più si apprezza Tolkien, e viceversa. Ciò detto, non si intenda che l’operazione di Tolkien sia una mera emulazione antiquaria: sono consapevole che vi è molto di più. Non credo serva ricordarlo. Tuttavia, consiglio agli appassionati di Tolkien che siano alla ricerca di materiale “nuovo” che permetta loro di provare almeno in parte suggestioni simili a quelle prodotte in loro da Tolkien stesso, di considerare la lettura di testi medievali, forse meno noti in Italia che in altri paesi. Naturalmente la lista è nutritissima, ma il primo da menzionare è ovviamente il Beowulf, che è un poema allitterativo. E’ a mio parere il più “tolkieniano” tra tutti i testi antichi, ovviamente non a caso, dato che Tolkien ne era il massimo esperto. Personalmente, pur nutrendo un’ammirazione altissima per Tolkien, non mi definirei un grandissimo fautore del genere “Fantasy” inteso come genere letterario contemporaneo. Il problema è che molti autori, anche di successo, hanno poco da spartire con Tolkien. Si limitano, perlopiù, a replicare i sintomi di un fenomeno, spesso senza averne compreso le qualità profonde. Curioso che a dirlo sia proprio il sottoscritto, autore di un testo che suppongo si possa definire “fantasy”. Ma forse gli intenti che mi muovono sono differenti. Giudicherà il lettore.

A che pubblico si rivolge la sua opera?

Mi piacerebbe dire: a tutti. E’ un testo poetico, e come tale un poco meno scorrevole di uno in prosa. Tuttavia, una delle mie priorità è stato rifuggire il “poetichese”. Scrivere “difficile” è facilissimo. Scrivere “semplice” è molto più difficile. Spero, a tratti, di esserci riuscito. Una delle qualità dell’epica medievale è la sua capacità di ottenere effetti dall’alto valore poetico facendo uso di un linguaggio semplice. A volte perfino, all’apparenza, rozzo. Vi troviamo parole di uso quotidiano preferite a parole auliche o ricercate. Ho cercato di fare tesoro di questo accorgimento. Dopo molti anni di lavoro ho raggiunto il risultato che desideravo. Non riesco a immaginare per la mia opera un pubblico più adatto di coloro che amano profondamente Tolkien, dato che io stesso sono uno di loro. E a tutti coloro che leggeranno l’Erec, consiglierei di farlo ad alta voce, in compagnia, possibilmente di notte, attorno ad un fuoco. 

A beneficio di chi desiderasse reperire il libro di Marcantonio Savelli, riportiamo il link alla pagina web del sito dell’editore – a cui rimandiamo per ulteriori informazioni e per eventuali ordini: https://www.apolloedizioni.it/epages/146609.sf/it_IT/?ObjectPath=/Shops/146609/Products/9788831202015

La nuova traduzione: critica in diretta web radio

Cari amici tolkieniani,

invitiamo tutti a seguire la puntata radiofonica sulla Radio “La Voce Di Arda”, che va in onda il prossimo 21 febbraio alle ore 21 (anche con il nostro appoggio), al link https://www.spreaker.com/user/simoneclaudiani: siccome questa traduzione de La Compagnia dell’Anello va criticata solo dopo averla letta, noi ascolteremo l’opinione di Costanza Bonelli – A Passion for Translation, che in tre ore esporrà a tutti una analisi seria, tecnica e scientifica del lavoro del traduttore di Melville e critico di Cesare Pavese Ottavio Fatica.

Si potrà intervenire in diretta, oltre che tramite il sistema di messaggi di Spreaker della puntata in corso, inviando messaggi su WhatsApp al numero 3342527396 per prenotare una domanda o un intervento in diretta.

Per ulteriori informazioni: https://www.tolkien.it/evento/la-nuova-traduzione-critica-in-diretta-web-radio/?instance_id=26

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Tolkieniani Italiani – Intervista a Ted Nasmith

Ancora oggi mi ricordo delle prime volte che ho letto Il Silmarillion e delle emozioni che ho provato entrando in quel mondo fantastico pagina dopo pagina. L’Epicità unica è un marchio registrato delle opere di J.R.R. Tolkien. Un universo meraviglioso, pieno di miti e leggende, di avventure, di dramma, di amore e colpi di scena. Ma sono state anche le bellissime illustrazioni contenute in quel libro ad aiutarmi a dar vita al “mio” fantastico universo tolkieniano.

Le illustrazioni erano di Ted Nasmith, e dopo tantissimi anni trascorsi da quando avevo letto Il Silmarillion per la prima volta, ho avuto il grande piacere di parlare con questo grandissimo artista canadese. È una persona molto gentile, simpatica e alla mano, e si è dimostrato da subito disponibile a fare una bella chiacchierata sulla sua vita, i suoi lavori e i suoi progetti.

Erie Rizzi Neves


Parlaci di te. Chi è Ted Nasmith e quali sono le tue formazioni accademiche, artistiche e professionali?

Sono diplomato con honores nel programma di arte della mia scuola superiore, dopo di che ho iniziato uno apprendistato in “architectural rendering”, che poi è stata la mia professione finché non ho sviluppato il mio interesse per J.R.R Tolkien. Accademicamente non ho le credenziali formali, ma ho semplicemente l’amore per la conoscenza in diversi campi e sono un avido lettore. Sono anche un musicista, chitarrista, bassista, cantante e compositore.

Quando hai capito che l’arte era il tuo mondo e che saresti diventato un artista?

Vicino alla fine dei miei anni di scuola elementare mi è stato comunicato che avrei dovuto fare parte di un programma di arti grafiche in un liceo, e ho accettato. Prima di ciò non avevo idea che diventare un artista professionista avrebbe potuto essere una realtà.

Di solito che tecniche artistiche utilizzi e com’è il processo creativo per le tue opere?

Per la maggior parte della mia arte, dipingo in Gouache (guazzo). Concepisco l’immagine dopo aver letto un passaggio nel libro, poi faccio uno piccolo schizzo o schizzi in base a questo. Dopo di che sviluppo l’idea e la raffino in disegni successivi, arrivando a creare un disegno con colori grezzi. Gli elementi di questa illustrazione saranno studiati in base alle esigenze, utilizzando gli archivi della mia collezione e ricerche online. Con tutte le fasi preliminari completate, procedo ad una pittura full size, costruendo l’immagine in più fasi.

Quale illustrazione ti ha dato più soddisfazione, sia personale che professionale?

Purtroppo ci sono un bel po’ che potrei scegliere. “Entering Mirkwood” è un buon esempio di un lavoro a cui sono particolarmente affezionato, o “The Fair Valley of Rivendell”.

Se ci sono, quali sono le differenze tra buttar giù uno schizzo per lavoro e illustrare per pura ispirazione?

Questi due aspetti si intrecciano per me. Quasi mai ho illustrato per pura inspirazione. Di solito c’è sempre qualcuno che mi commissiona lavori. Detto ciò, “Taniquetil” è uno dei rari esempi di pittura creata per puro piacere.

Com’è nata la tua passione per Tolkien?

È stato semplicemente per la raccomandazione de Il Signore degli Anelli da parte di mia sorella maggiore; avevo quindici anni. Mi sono fissato appena ho iniziato a leggerlo. E da subito mi è nato un forte desiderio di disegnare immagini inspirate al libro.

Oltre ad essere un illustratore rinomato sei anche un grande studioso dell’universo tolkieniano. Riesci a spiegare il fenomeno per cui dopo quasi 70 anni dalla pubblicazione della prima edizione de Il Signore degli Anelli il filone è oggi più forte che mai?

Penso che la gente sa quando un romanzo o un’idea è potente e duratura e Tolkien aveva un genio per captare negli strati più profondi dell’immaginazione il nostro fascino per miti e storia, e ha riversato tutta la sua energia creativa nel legendarium che ha sviluppato per tutta la sua vita.

Raccontaci la tua esperienza personale con J.R.R. Tolkien e di quando l’autore ti ha scritto una lettera, in cui apprezzava i tuoi disegni.

È stato molto gentile da parte sua. Ho inviato una lettera e qualche foto delle mie prime illustrazioni e ritratti dei personaggi che avevo disegnato nel 1972, circa. Gli sono piaciuti, anche se mi ha detto che la mia versione di Bilbo era un po’ troppo infantile (Un viaggio inaspettato). La sua lettera di risposta non era scritta a mano, ma dattiloscritta e firmata. Purtroppo non la possiedo più.

Sei stato contattato dai rappresentanti di Peter Jackson per fare parte del team creativo della trilogia de Il Signore degli Anelli, insieme a John Howe e Alan Lee. Ci puoi raccontare cos’è successo?

Avevo presentato un’offerta per aiutare con il lavoro concettuale del progetto, ricevendo quasi subito l’invito per unirmi alla produzione. Alla fine ho dovuto rifiutare, soprattutto perché avevo una situazione familiare complicata in quel periodo, con la rottura del mio matrimonio e tre bambini a cui badare. A un certo punto ho avuto a che fare anche con la depressione, che mi ha lasciato senza forze sia per l’arte che per qualsiasi altra cosa. Mi sono reso conto che avevo bisogno di riprendermi.

Sappiamo che Peter Jackson ha utilizzato qualche tua idea come riferimento per alcune scene de Il Signore degli Anelli. Cosa provi nel vedere le tue illustrazioni nel grande schermo?

Capisco le ragioni per cui Jackson ha voluto che le scene fossero basate sulla visione di artisti affermati, ma mi ha deluso per non avermi informato e non avermi richiesto l’autorizzazione per l’utilizzo di quelle idee.

“There and back again”. Cos’è per te Universo Tolkieniano?

Per me, Tolkien è una vocazione, una ricerca continua. Non c’è mai fine alle possibilità.

Dall’Ainunlidalë alla canzone dei nani insieme a Bilbo Baggins, la musica è uno strumento di grande importanza nella mitologia tolkieniana. Cosa rappresenta la musica per te?

Amo la musica, amo molti generi musicali e amo suonare la musica. È essenziale per una vita ben vissuta.

Chitarrista e musicista. Utilizzi lo stesso processo creativo delle illustrazione anche per creare musica?

Non proprio. Scrivere testi o melodie è un po’ diverso. Credo che l’elemento comune è che una canzone ispirata alle opere di Tolkien abbia bisogno di sentirsi autentica ed emotivamente legata al suo testo/contenuto, proprio come lo stile e il contenuto di un dipinto che riflette in quella scena lo stato d’animo dell’artista/lettore.

Parlaci dei tuoi progetti musicali.

Ho registrato un cd di canzoni a tema Tolkien nel 2007 con standard di mixaggio professionali, di qualità. Ho scritto molte canzoni, ma la maggior parte sono state registrate in modo piuttosto casuale o con una rifinitura di livello amatoriale. Vorrei registrare del materiale nuovo, ma anche registrare in modo professionale le vecchie canzoni.

Curando questo sito e altre pagine social dedicate alla diffusione di informazioni riguardanti il mondo tolkieniano, abbiamo notato che diverse delle tue illustrazioni girano in rete senza riferimenti all’autore né il tuo consenso. Come reagisci davanti a questo fenomeno?

A volte cerco di affrontare tale pirateria ma questa azione diventa presto frustante, non diversamente da nani che inseguono gli elfi nel Bosco Atro. Ma la maggior parte dei prodotti illegali che riproducono la mia arte hanno qualità molto bassa.

Che consigli puoi dare ai nuovi artisti emergenti?

Aspettatevi un arduo percorso per trovare la strada per il campo artistico che volete eccellere, ma non abbandonate il vostro sogno. Tantissimi artisti, anche quelli rinomati, hanno dovuto fare un altro tipo di lavoro per un po’ di tempo, per poter pagare le bollette, pur inseguendo la loro passione nel tempo libero, sempre alla ricerca di un’opportunità di essere riconosciuti. Ho anche detto ai miei studenti di “rubare” le idee degli artisti che ammirano, di emularli e imparare. Fate lo stesso, e in
poco tempo potrete trovare la vostra firma; la vostra strada e vocazione.

Hai intenzione, o in progetto, di visitare l’Italia?

Non ho piani in visitare l’Italia per il momento, ma sarei felice di essere invitato a un qualche evento regionale.

Vuoi mandare un messaggio ai nostri amici tolkieniani italiani e ai tuoi fan che ci leggono?

I miei sinceri saluti ai miei amici Tolkieniani Italiani! Grazie per il vostro apprezzamento della mia arte. Possa una stella benedire l’ora del nostro incontro nei regni della Terra di Mezzo!

Tradurre Tolkien: il parere di Marco Leonardi

Nel turbine di commenti che si è prevedibilmente scatenato in merito alla nuova traduzione de La Compagnia dell’Anello riceviamo e accogliamo volentieri l’invito a registrare il parere di Marco Leonardi. Nato a Catania nel 1977, è Ricercatore Universitario e Professore Aggregato di Storia Medievale (SSD M-STO/01) presso il Dipartimento di Scienze Umanistiche dell’Università degli Studi di Catania ,dove nel 2002 ha conseguito la Laurea in Lettere Moderne in Indirizzo Storico presso la locale Facoltà di Lettere e Filosofia; Ricercatore Universitario dal 2/5/2008 e confermato in ruolo il 9/5/2011, ha costantemente ricoperto presso la stessa Facoltà insegnamenti di area storica e codicologica (“Storia Medievale”, “Codicologia”) presso diversi Corsi di Laurea (Lettere Moderne, Beni Culturali, Storia dell’Arte e Beni Culturali, Filologia Moderna). Dal 29 ottobre 2010 è Presidente della Commissione d’esami di Storia Medievale. Attualmente insegna “Storia Medievale” presso il corso di Laurea triennale in Beni Culturali del Dipartimento di Scienze Umanistiche dell’Università di Catania e presso il corso di Laurea Magistrale in Filologia Moderna dello stesso Dipartimento. Dal 29 ottobre 2010 è Presidente della Commissione d’esami di Storia Medievale. Dal 2013 è stato nominato membro revisore di Progetti di Ricerca di Area 11 [Settore Scientifico-Disciplinare M-STO/01 (Storia Medievale)] per conto del MIUR ed è inoltre membro della SISMED.

Non c’è modo migliore di inaugurare il rapporto tra il professor Leonardi e la nostra associazione, dunque, che partire proprio dalla sua analisi in merito alla vicenda editoriale attuale. “Proprio lo status di classico, raggiunto anche in Italia dal Signore degli Anelli, ne rendeva necessaria una revisione” afferma Leonardi in una recente intervista rilasciata a Barbadillo. “Che è successo invece? Anziché ridare alla prima traduttrice dell’opera, Vittoria Alliata di Villafranca, l’onore e l’onere di rivedere la traduzione approvata dallo stesso Tolkien e apparsa per la prima volta in Italia nel 1967, l’attuale casa editrice che pubblica le opere del professore oxoniense in lingua italiana ha optato per una scelta tanto deleteria quanto insensata: fare ritradurre il Signore degli Anelli a chi non aveva mai avuto familiarità nella sua carriera né con la produzione scritta di Tolkien né con Il Signore degli Anelli“.

L’intervista si conclude con un invito: “«Tolkien vuole dimostrare quanto sia possibile lottare insieme tra diversi, rispettandosi l’un l’altro»: trovo che quanto evidenziato dalla Alliata metta in evidenza la perenne attualità de Il Signore degli Anelli, un libro da annoverare tra i classici senza tempo e, per questo, capace di dare a tutti noi spunti e suggerimenti per affrontare le inquietudini del nostro presente. Le rivolte di Barbalbero e degli Ent per difendere i boschi della Terra di Mezzo dalla distruzione, l’ordine pacifico e condiviso regnante tra gli Hobbit a Hobbiville, le coraggiose battaglie contro le spietate legioni di orchi per difendere Minas Tirith: ogni singola pagina de Il Signore degli Anelli ha qualcosa da insegnarci per migliorare il mondo nel quale viviamo. Auspico che quanti non hanno ancora letto in traduzione italiana Il Signore degli Anelli si procurino il lavoro della Alliata. È da quella traduzione che occorre ripartire oggi per ribadire la perenne validità di Tolkien”.

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Tributo a Christopher Tolkien

Ora gli Inklings sono nuovamente riuniti.

Ieri anche noi siamo stati raggiunti dalla notizia della conclusione dell’esperienza terrena del terzogenito di J.R.R. Tolkien, come tutti coloro che hanno amato la Terra di Mezzo e le figure straordinarie che ce ne hanno fatto dono – il plurale è voluto: come riporta anche la nota di HarperCollins, fin dall’età di 5 anni Christopher aveva assunto una vera e propria funzione da editor dei racconti della buona notte che il padre narrava a lui e ai fratelli e anche in seguito, prima di prendere parte al secondo conflitto mondiale, si dedicò incessantemente a mappe e annotazioni. Prendeva parte alle riunioni all’Eagle and Child con gli Inklings, fu da sempre un punto di riferimento per suo padre nello sviluppo delle storie e in seguito ad esse dedicò, sacrificandola, la sua vita, assumendosi il compito della cura editoriale del patrimonio di scritti paterni in luogo di una brillante carriera intellettuale propria.

È dunque corretto dire che la sua morte segna uno spartiacque: si chiude l’epoca in cui coloro che hanno dato vita alle Grandi Storie erano tra noi. Ora il compito di custodire e tramandare ciò che ancora resta passa ad altri. Non sappiamo quanto dei famosi settanta scatoloni di carteggi sia ancora da esaminare ed eventualmente possa essere pubblicato, ma possiamo dire per certo che l’incessante attività di cura di Christopher Tolkien non è meno unica dello straordinario processo creativo che portò John Ronald Reuel Tolkien, assieme a lui, a costruire il legendarium. Per questo, invece di uno dei suoi ritratti, crediamo che l’immagine che meglio rende testimonianza di lui sia il trittico che porta a compimento la sua monumentale curatela, le Grandi Storie (I Figli di Húrin, Beren e Lúthien, La Caduta di Gondolin): questi tre testi costituiscono il cuore pulsante di tutto il corpus narrativo tolkieniano e sono la conclusione di un’attività che ci ha permesso di leggere:

  • 1975 Sir Gawain and the Green Knight, Pearl and Sir Orfeo
  • 1977 Il Silmarillion
  • 1979Pictures by J.R.R. Tolkien
  • 1980 Racconti Incompiuti di Númenor e della Terra di mezzo
  • 1981The Letters of J.R.R. Tolkien (insieme a Humphrey Carpenter)
  • 1983 The Monsters and the Critics and Other Essays
  • History of Middle-earth – 1983: The Book of Lost Tales Part One, 1984: The Book of Lost Tales Part Two, 1985: The Lays of Beleriand, 1986: The Shaping of Middle-earth, 1987: The Lost Road and Other Writings, 1988: The Return of the Shadow, 1989: The Treason of Isengard, 1990: The War of the Ring, 1992: Sauron Defeated, 1993: Morgoth’s Ring, 1994: The War of the Jewels, 1996: The Peoples of Middle-earth
  • 1988 Tree and Leaf
  • 2007The Children of Húrin
  • 2009 The Legend of Sigurd and Gudrún
  • 2013 The Fall of Arthur
  • 2014 Beowulf: A Translation and Commentary
  • 2017 Beren and Lúthien
  • 2018 The Fall of Gondolin

A ciò si aggiunge (come dimenticarlo!) il rapporto di collaborazione con la Elvish Linguistic Fellowship, cui inviò una lunga serie di documenti sulle lingue della Terra di Mezzo che poi il gruppo prese a diffondere tramite le testate Vinyar Tengwar e Parma Eldalamberon. Questa attività ha permesso di conoscere molto più a fondo il pilastro più particolare su cui si regge l’intero costrutto del legendarium – la componente linguistica.

Non basterebbe un volume per raccontare in dettaglio tutto ciò che dobbiamo a Christopher Tolkien. Basterà, per ora, rammentare che grazie a lui abbiamo potuto entrare in contatto con vastissime porzioni di Terra di Mezzo che altrimenti non avremmo mai potuto avvicinare – e ad ogni nuovo angolo ci si sono aperti tantissimi nuovi stimoli, tantissime sfaccettature che hanno reso meglio l’idea di quanto vasta e gratificante è l’esperienza che offre al lettore e allo studioso.

Nel nostro piccolo, ci impegnamo a seguire il suo esempio e a continuare a diffondere le meravigliose opere che, anche tramite lui, abbiamo ricevuto. Trasmetterle, goderne assieme, tramandarle con altrettante cura e amore è il lascito più importante.

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LETTERA AI TOLKIENIANI DI VITTORIA ALLIATA

Riceviamo e volentieri pubblichiamo una lettera inviata ai Tolkieniani Italiani dalla principessa Vittoria Alliata di Villafranca, traduttrice de Il Signore degli Anelli. In essa ci racconta con le sue parole, a beneficio del pubblico che non ha seguito puntualmente la vicenda che la riguarda in prima persona, la situazione che si è venuta a creare in seguito all’iniziative editoriale di Bompiani/Giunti che come ormai noto ha affidato a Ottavio Fatica una nuova traduzione del testo.
Ringraziamo con l’occasione sia Vittoria Alliata, che ringraziamo per il duraturo rapporto amichevole intrattenuto in tutti questi anni con la Società Tolkieniana Italiana, sia il presidente dell’associazione Tolkien melle Marche, i Cavalieri del Mark, Giuseppe Scattolini, in accordo col quale offriamo anche ai nostri lettori il testo inviatogli in prima lettura.


Nell’aprile del 2018 gli amici tolkieniani mi segnalarono un intrepido assalto alla mia traduzione del “Signore degli Anelli” (su Repubblica e allo stand Bompiani del Salone del Libro di Torino) in nome del nuovismo e del politically correct. Con garbo ma fermezza chiesi all’editore – tramite i miei legali – di dissociarsi pubblicamente dalle dichiarazioni diffamatorie di chi mi accusava di una “giovanile avventura improvvisata”, con nientemeno che “500 errori a pagina su 1500 pagine”. Accertato che la mia versione, quella vilipesa dai revisionisti benché (o proprio perché) approvata dallo stesso Tolkien, continuava ad essere stampata e commercializzata da Bompiani-Giunti in totale disprezzo della legge sul diritto d’autore e delle minime regole di correttezza, essendone ormai scaduti i diritti da parecchi anni, diffidai l’editore a ritirarla immediatamente dagli scaffali.  

La risposta di chi ha incassato ad oggi milioni dalla mia traduzione, senza aver speso nemmeno un euro, rivelava che era in corso una revisione del mio testo, di cui mi si sarebbe “dato conto nel dettaglio, se lo desideravo (sic!) una volta concluso il lavoro di revisione, a settembre”. Non solo non si dissociava affatto dalle gravi offese proferite in mio danno, ma anzi, condizionava il pagamento di quanto dovuto per legge (sia per l’illecito uso della mia opera che per la sua manipolazione da parte di terzi già attuata nella versione Ebook) a due clausole vessatorie: l’obbligo di una revisione del mio testo “sotto tutela”, nonché l’obbligo di sottoscrivere un rinnovo del contratto per 10 anni, che includesse e sanasse il passato, a una cifra annua di 880 Euro.

E la grave diffamazione? E il tradimento delle volontà di Tolkien, che rivendicava una scrittura arcaica e rifiutava ogni “adeguamento ai tempi”? Tranquilla! Il provvido editore mi avrebbe consentito di presentare io stessa la mia traduzione, nella versione revisionata dagli “attualizzatori” di Tolkien, con un testo introduttivo che – oltre il danno la beffa – avrebbe in tal modo cancellato, gratuitamente e senza scuse, il reato di diffamazione. Non solo, ma incastrandomi in una sorta di letale abbraccio con il plotone nuovista, mi avrebbe resa in qualche modo complice della nuova traduzione, quella che “fa a pugni con il Signore degli Anelli” (Repubblica), quella di chi non lo aveva letto prima di tradurlo e pensava che Tolkien fosse un autore “sgangherato, come lo è tanta letteratura fantasy” (il Venerdì), quella, insomma, “che ha suscitato un oceano di ringhiante disappunto“ e “una bufera di inaudita ostilità” (Corriere della Sera). 

Non poteva che essere questa la reazione dei lettori di fronte all’esperimento di “diffuso abbassamento dell’epicità” di Tolkien “laddove quella di Alliata puntava a un innalzamento” (sic CdS!). Lettori che si sono dimostrati assai più avveduti e attenti di quanto non pensassero gli intellettualoni revisionisti: infatti, pur magari non conoscendo (o forse invece sì? Ma perchè bisogna sempre svilire e offendere le persone normali?) gli stilemi danteschi utilizzati da una sedicenne per rispettare le esigenze epiche, etiche e poetiche dell’autore, ne hanno colto la forza affabulante ed evocativa, e non li hanno scambiati per “750mila errori”.

“Di un lancio così goffo non c’è forse memoria nella storia dell’editoria italiana”, scrive il Corriere, a commento delle migliaia di battute, vignette, filmati, tutti eleganti e creativi, che hanno inondato il web di disappunto e costernazione. Valentino Bompiani – il quale mai avrebbe commesso simili “scelte ingiustificabili” (CdS) – si sarebbe tuttavia personalmente e pubblicamente scusato del disonesto tentativo di stroncare il messaggio, terreno e sublime al tempo stesso, di un maestro grande e schivo, che merita ben altro rispetto e considerazione. 

Non così i nostri eroi. All’ultima diffida dei miei legali hanno replicato con un ineffabile verdetto, secondo il quale “oltre a non accettare di revisionare la propria traduzione, la sua cliente sceglie di affossarla – ora e in via definitiva – con il ritiro dal commercio”; poi, di fronte al flop delle vendite del nuovo “prodotto” e ai commenti dei lettori che suggeriscono di acquistare anzi “collezionare e regalare, prima che scompaia, la vecchia edizione”, essi giocano un’ultima, miserevole carta. Quella della cosiddetta pubblicità comparativa, che non può essere utilizzata neppure per denigrare il detersivo della concorrenza, ma che in questo caso vediamo adoperata in modo ingannevole e subliminale per lucrare su entrambi i “fustini di detersivo” sfruttando il clamore mediatico. Appaiono così disperate “recensioni” su spelonche, quadernetti e bancarelle, e persino cartelloni e promozioni stile “prova finestra”, dove si finge di mettere le due versioni a confronto, e in realtà si traveste da dibattito culturale la denigrazione e un’infima campagna commerciale. Tutto ciò in dispregio di ogni norma così come del buon gusto. 

Una reazione tutto sommato simile a quella di Rusconi del 1996, che rifiutò – per non spendere poche lire – la mia richiesta di rivedere il testo, che presentava ancora gli stessi refusi dell’edizione Astrolabio, con buona pace di quei saltimbanchi che si affannano a sostenere, contro ogni evidenza, che qualcuno nel 1971 avrebbe addirittura riscritto la mia traduzione. Rusconi respinse anche la mia proposta di un’introduzione più adatta a illustrare gli intenti e la figura dell’Autore, nonché di un mio commento per spiegare le scelte di stile e della nomenclatura. Poco dopo il rifiuto una nuova edizione uscì comunque, e sempre con gli stessi refusi, ma con un’introduzione in cui si dava dell’opera di Tolkien un’interpretazione “pagana”, neogotica e tenebrosa, quasi fosse da collocare nel retaggio letterario di un satanista come Aleister Crowley. D’altronde appena un mese fa il concetto è stato ripreso dal Venerdì di Repubblica, che nell’impeto della contesa fra i “fustini” ha definito il Signore degli Anelli “un imprendibile nido di draghi”. Dove i draghi sarebbero/sareste/saremmo quei “fan iperfaziosi da curva sud” che difendono come “un vecchio orsacchiotto di peluche” la sua “lingua antichizzata” – dimostrando, una volta di più, di non aver capito nulla, o di non voler capire. 

Cosa significa tutto ciò? Che Tolkien non ha trovato, a parte Astrolabio, l’editore italiano capace di apprezzarne il ruolo universale e di esaltarne la figura e lo stile, con il contributo di tutti coloro che nel corso di questi anni, specialmente in Italia, hanno studiato le complessità di un messaggio che – proprio perché insieme epico ed etico – costituisce una seria minaccia all’oligarchia finanziaria e tecnocratica che
mira all’oppressione globale, alla schiavitù delle menti e dei cuori e all’appiattimento, anzi alla distruzione, di ogni differenza e identità culturale. 

In questa situazione, è evidente che la mia traduzione, proprio perché voluta dall’Autore e da coloro che lo amano davvero, non può rimanere sugli scaffali accomunata a chi la gestisce come un fustino di detersivo. E visto che l’ultimo solone comparatore ha decretato in proposito che “il budino si giudica all’assaggio”, che il web è pieno di “ingenui” (leggi “ignoranti”) che non capiscono “il respiro vibrato che emerge dal ritmo quando si svolge l’azione e l’indulgenza nelle manifestazioni climatesche avvolgenti”, e che infine le “indicazioni (dell’Autore) per i traduttori non sono vincolanti”, ma che contano soltanto – così decretano i veri competenti – le “isotopie semiotiche”, gli “ingenui” converranno con me che la traduzione approvata da Tolkien debba essere sottratta una volta per tutte a cotanto editore, che, senza neppure rendersene conto, è il primo e autentico nemico di un suo stesso Autore. Un Autore amato da milioni di lettrici e lettori che vi ritrovano la bellezza e l’importanza di combattere per preservare le proprie radici, nonché la sofferenza e i travagli di chi si oppone e continua a opporsi all’“oscuro potere” che, sotto la vecchia e marcia insegna dei “tempi nuovi”, nasconde l’asservimento dei corpi e delle intelligenze sotto il nome di libertà. 

Vittoria Alliata di Villafranca

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Tolkien all’università: convegno a Macerata

Siamo lieti di annunciare un passo davvero importante per la nostra attività culturale: avremo modo di compartecipare nientemeno che a un convegno universitario, nato dalla nostra collaborazione con Tolkien nelle Marche, I Cavalieri del Mark e l’Unimc / Università degli Studi di Macerata assieme ai suoi docenti. L’obiettivo primario è quello di trattare nella sede più opportuna per un grande classico letterario i grandi temi principali che esso tratta, primo fra tutti il problema delle traduzioni e il ruolo delle lingue nel quadro complessivo dell’opera. Ce ne parla colui al quale si deve gran parte del lavoro preparatorio, Giuseppe Scattolini.


Il titolo migliore che si potrebbe dare a questa iniziativa che sto per presentare ai Tolkieniani di tutta Italia è “un convegno a lungo atteso”.

Nel nostro paese abbiamo cinquant’anni di storia tolkieniana alle spalle. Anche qualcosa di più, se contiamo il, purtroppo fallito, progetto di Astrolabio del 1967. Staremmo qui oggi a raccontarci una storia molto diversa se non fosse stata proprio Rusconi, casa editrice identificata con la destra italiana dell’epoca, a prendere in mano le redini delle pubblicazioni di Tolkien: questo nel 1970 polarizzò molto la lettura e i lettori di Tolkien. La stessa storia d’Italia è vittima di questa polarizzazione in quanto è stata divisa al suo interno per più di quarant’anni dalla cortina di ferro: recentemente abbiamo festeggiato e ricordato la caduta del muro di Berlino del 1989, ma dobbiamo chiederci di nuovo oggi se quel muro sia davvero caduto anche nelle nostre menti e nei nostri cuori. Penso che, a partire dai commenti e dal clamore suscitato dalla nuova traduzione de Il Signore degli Anelli: la Compagnia dell’Anello di Ottavio Fatica, ciascuno possa dare una sua risposta a questo interrogativo.

La verità è che il popolo tolkieniano italiano, il popolo dei Tolkieniani Italiani, ha fame e sete di un dibattito critico, apolitico e scientifico su Tolkien. Non solo sulla nuova traduzione di Fatica: essa è transeunte. Entro qualche anno Il Signore degli Anelli potrebbe avere tante traduzioni quante ce ne sono oggi per gli altri grandi classici della letteratura. Ciò che noi dobbiamo invece favorire è la nascita di un grande dibattito scientifico su tutte le opere di Tolkien, affinché le future generazioni studino il Professore di Oxford e Leeds nelle riduzioni cinematografiche, attraverso le traduzioni, come grande autore della letteratura inglese e classico della letteratura mondiale, come filosofo, come teologo, come persona, come cattolico, come linguista, come filologo. Questo perché le nuove generazioni leggano e studino Tolkien in lingua originale ed al fine della formazione di traduttori che conoscano i testi così bene da fare non una, ma dieci nuove traduzioni di Tolkien, in cui tuttavia traspaia l’amore e la conoscenza del testo e dell’autore. Questo significa preparare una nuova generazione di traduttori, oltre che di filologi e studiosi e critici accademici di livello universitario specializzati su Tolkien e sui suoi testi.

Questa è la verità, l’intento e l’obiettivo consapevole che ha questo convegno all’università di Macerata organizzato dai Tolkieniani Italiani in collaborazione con le due associazioni dei Cavalieri del Mark e della Società Tolkieniana Italiana, nonché l’università stessa: affinché non si possa più dire che esistono fazioni e tifoserie con ideologie preconcette nel mondo tolkieniano, ma conti solo il dibattito scientifico.

Questo sarà il primo convegno tolkieniano in Italia in cui il mondo associazionistico dialoga con quello universitario, alla scoperta di tanti accademici e professori innamorati di Tolkien. Sarà anche un convegno accreditato: gli studenti di tutto il dipartimento di studi umanistici di Macerata potranno ottenere crediti universitari con Tolkien, grazie ai quali arriveranno alla laurea. Questa sarà solo la prima di molteplici iniziative annuali con le università che i Tolkieniani Italiani hanno intenzione di portare avanti. È un’iniziativa, tra l’altro, molto diversa dal seminario sulle lingue inventate di cui abbiamo avuto recentemente notizia dall’università di Torino: ivi si parlerà in generale di lingue inventate e Tolkien verrà, come usualmente viene fatto, accostato ad altri inventori di lingue, che tuttavia non hanno fatto un lavoro filologico, linguistico-storiografico, filosofico e teologico legato alle lingue come il suo. La nostra proposta è più completa ed, a parer nostro, più adeguata a Tolkien, in quanto lo fa valere per sé e non nel contesto solito in cui viene inserito del fantasy o della fantascienza.

Alcuni relatori del convegno sono noti al mondo tolkieniano, altri meno, ma li presenteremo più avanti. Per ora ecco il programma completo dell’evento, che sarà trasmesso integralmente in diretta sulla web radio La Voce di Arda:

4 dicembre

15.00 – 15.30 saluti iniziali

15.30 – 16.00 Maurizio Migliori – Un capolavoro rifiuta una lettura unilaterale

16.00 – 16.30 Francesca Raffi – La Compagnia dei Traduttori: Le lingue di Tolkien sullo schermo tra sottotitoli e doppiaggio

16.30 – 17.00 dibattito

17.00 – 17.15 pausa caffè

17.15 – 17.45 Anton Giulio Mancino – Le compagnie cinematografiche degli Anelli

17.45 – 18.15 Diego Poli – L’invenzione linguistica in Tolkien

18.15 – 19.00 dibattito

5 dicembre

(mattino)

9.00 – 9.30 Francesca Chiusaroli – Contro l’arbitrarietà: un’idea di glottopoiesi in A secret vice di Tolkien

9.30 – 10.00 Gianluca Comastri – La subcreazione linguistica di Tolkien; tra filologia, invenzione e ricostruzione

10.00 – 11.00 dibattito

11.00 – 11.15 pausa caffè

11.15 – 11.45 Marco Respinti – 25 marzo T.E., la distruzione dell’Unico Anello

11.45 – 12.15 Andrea Ghidoni – «À propos di ciuffolotti»: leggende medievali e legendarium nell’epistolario di J. R. R. Tolkien

12.15 – 13.00 dibattito

(pomeriggio)

15.00 – 15.30 Vittoria Alliata di Villafranca – Tradurre e non tradire: il rispetto filologico e spirituale di un autore

15.30 – 16.00 Oronzo Cilli – Prima de Lo Hobbit: Tolkien l’esperantista

16.00 – 17.00 dibattito

17.00 – 17.15 pausa caffè

17.15 – 17.45 Davide Gorga – Realtà è Fiaba. L’uomo come sub-creatore

17.45 – 18.15 Luisa Paglieri – Tom Bombadil e il suo linguaggio

18.15 – 19.00 dibattito

6 dicembre

9.00 – 9.30 Martina de Nicola – Memoria passata e memoria attualizzata nelle opere di J.R.R. Tolkien

9.30 – 10.00 Luca Manini – La parola come argine al caso: William Morris e J. R. R. Tolkien

10.00 – 11.00 dibattito

11.00 – 11.15 pausa caffè

11.15 – 11.45 Chiara Nejrotti – Simbolo e allegoria in Tolkien. Una possibile chiave interpretativa

11.45 – 12.15 Greta Bertani – La battaglia del campo orientale: commistioni di elementi classici e cattolici nel giovane Tolkien

12.15 – 13.00 dibattito conclusivo

Partecipano al dibattito: Chiara Bertoglio, Costanza Bonelli, Francesca Montemagno e Giovanni Carmine Costabile.

Il convegno si terrà presso la Aula A Shakespeare della sede didattica “G. Tucci” dell’università di Macerata in via Cavour, 2.

A proposito della nuova traduzione

Lo scorso 30 ottobre, come da programma e da annunci conseguenti, è dunque giunta negli scaffali delle librerie l’edizione Bompiani de La Compagnia dell’Anello nella nuova traduzione di Ottavio Fatica. Come era prevedibile, analogamente a quanto successe per l’annuncio della nuova immagine di copertina, i commenti non si sono fatti attendere…

Come nostra consuetudine, abbiamo seguito gli sviluppi della vicenda e non abbiamo voluto esprimerci se non a ragion veduta e dopo aver raccolto un sufficiente ammontare di informazioni oggettive. Chi ci segue da tempo sa che preferiamo intervenire a “bocce ferme”, evitando con cura di riprendere o assecondare il lato polemico della situazione. Così, a suo tempo non ci siamo espressi in merito alla questione della copertina, attendendo un pronunciamento della casa editrice (l’unico che valesse davvero la pena commentare, a nostro parere) che è però arrivato solo all’indomani dell’uscita del volume, dunque dopo parecchi mesi dalla diffusione pubblica del progetto grafico scelto. Riscontriamo dunque la conferma che si tratta di uno scorcio del suolo marziano e la risposta dell’art director:

Ebbene sì, le immagini impiegate per le copertine di questa nuova edizione della Trilogia altro non sono che fotografie del suolo di Marte. Come mai, almeno a noi e all’editore, possano sembrare perfettamente credibili? Non lo so.

E la traduzione? Alcuni ci stanno già chiedendo conto del perché attendiamo a dare un parere. Non è per prudenza o altro genere di riserve: semplicemente, ce la siamo procurata, la stiamo studiando e, appena avremo sufficienti elementi oggettivi in merito alle scelte di modifica dei nomi (alcune delle quali stanno facendo discutere anche in modo più veemente di quanto ci saremmo attesi) e avremo preso visione di come è cambiato il tono narrativo generale passo dopo passo, diremo la nostra.

Sebbene l’impressione che se ne potrebbe trarre è che ci siamo “distratti” o che ci asteniamo per chissà quale ritrosia, in realtà ci teniamo a esprimere un parere che abbia solide basi critiche e “tecniche”, per così dire, senza che l’ovvio affetto che proviamo per la traduzione con la quale abbiamo conosciuto l’opera (e a cui abbiamo anche dato il nostro piccolo contributo, a suo tempo) prendesse il sopravvento e ci inducesse a un trasporto emotivo non indicato per valutare un’operazione del genere.

Dunque, continuate a seguirci perché i primi frammenti delle nostre analisi non tarderanno ancora molto!

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Fotoracconto: Hobbiton XXVI e il Calendario 2020

Per chi non avesse trascorso il weekend del 14 e 15 settembre scorso a Manerba del Garda, abbiamo raccolto in questa pagina la galleria fotografica di alcuni dei momenti che hanno contraddistinto l’edizione settentrionale della nostra Festa a Lungo Attesa (qui l’articolo dedicato).

Con l’occasione abbiamo inoltre presentato il nostro Calendario 2020, che ha una particolarità: ripercorre la storia della nostra associazione, attraverso la riproposizione delle locandine delle Hobbiton degli anni passati! Racconta del nostro viaggio che partì da San Marino, approdando quest’anno al lago di Garda, con le storiche immagini realizzate dagli illustratori che hanno collaborato alla realizzazione di ciascuno dei nostri eventi. Ideato dal presidente Ninni Dimichino, il Calendario 2020 è stato realizzato da Raffaella Vignoli e si avvale delle preziose collaborazioni di Stefano Giuliano e Franco Tauceri.

Segue una carrellata da Hobbiton XXVI: