L’evento tolkieniano per antonomasia di quest’anno si è da poco concluso: prima ancora di tirare le somme e di pubblicare i resoconti di chi di noi lo ha vissuto in prima persona, offriamo a tutti la possibilità di rivivere panel e speech direttamente dal canale video dedicato allestito dalla Tolkien Society, in cui sono collezionati tutti i momenti salienti di questa magnifica adunata.
https://www.tolkien.it/wp-content/uploads/2019/08/Tolkien2019.jpg20482048Gianluca Comastrihttps://www.tolkien.it/wp-content/uploads/2016/06/logo_sti2.pngGianluca Comastri2019-08-18 14:32:332019-08-19 14:45:25Tolkien 2019, la raccolta video
Presentiamo una realtà forse ancora poco conosciuta ai più, ma da cui è legittimo aspettarsi notevoli contributi alla causa dei Tolkieniani Italiani: si tratta di un gruppo localizzato tra la riviera romagnola e la Repubblica di San Marino, lanciato qualche tempo fa da Adolfo Morganti e ora affidato alle cure dei giovani che vi si erano aggregati nel tempo, consolidandosi via via come gruppo organizzativo. Li intervista Giuseppe Scattolini.
Cari Marco Gentili e amici di San Marino, Rimini e de Il Cerchio. Anzitutto, benvenuti nei Tolkieniani Italiani: parlateci un po’ del vostro progetto de “Il Raduno” di San Marino, le idee, i valori e le persone che ci sono dietro. Come raccontate Tolkien, e come secondo voi dovrebbe essere raccontato?
Nicolò Dal Grande: Caro Giuseppe, grazie a te e ai Tolkieniani Italiani per il contatto e la curiosità dimostrata verso il Raduno. E’ un progetto ambizioso, che raccoglie un’importante eredità passata e che il nostro gruppo vuole portare avanti, crescendo sul piano della qualità e delle proposte. L’opera letteraria del professore rappresenta, per ognuno di noi, un punto centrale nella nostra formazione come persone; non rappresenta un hobby o una semplice passione letteraria: la simbologia che sta alla radice del lavoro di Tolkien è importante e va preservata. Tolkien, parlo a titolo personale, non va raccontato….va scoperto. E’ come intraprendere un “viaggio inaspettato”…la gioia di percorrere monti e foreste sconosciute che, all’improvviso, ti portano a comprendere che non stai seguendo un sentiero qualunque, ma stai percorrendo la via che porta a scoprire te stesso. E’ l’opera stessa che si racconta da sé, se hai testa, cuore e soprattutto onestà per ascoltarla. Tutto questo è alla base del “Raduno”, che quest’anno raggiungerà la sesta edizione.
Marco Gentili: Caro Giuseppe, in primis grazie per l’opportunità che ci dai per far conoscere il nostro gruppo tolkieniano e il Raduno. La fondazione del nostro gruppo ha alla base una passione sfrenata per il professore di Oxford, ma non solo: anche e soprattutto la salvaguardia e la divulgazione di tutti quei valori che egli ha trasmesso nelle sue opere. Il Raduno, fin dalla sua prima edizione, ha voluto portare avanti questi obiettivi, dando la possibilità agli appassionati e agli studiosi del settore di esprimersi in totale libertà a proposito di Tolkien e, più in generale, del fantastico e della fantascienza.
Vorrei che adesso, dopo averci spiegato un po’ i “fondamenti” del Raduno, ce ne raccontaste la storia. Quando nasce e da chi? Con quale desiderio?
N: Il progetto del “Raduno” nasce curiosamente negli anni in cui stava uscendo nei cinema la trilogia de “Lo Hobbit”, precisamente negli anni tra il secondo e il terzo film. Ma soprattutto si celebrava il 60° anniversario dell’uscita de “Il Signore degli Anelli”, un caso letterario planetario, una provocazione che ha segnato in profondità la scena culturale europea e che continua a far opportunamente discutere attorno ai destini della nostra civiltà ed alle sfide che attendono ogni uomo contemporaneo. Curiosamente, questo anniversario coincise con il 25° anniversario della prima grande Convention Europea di Letteratura Fantastica che nel 1989 si tenne nella Repubblica di San Marino sul tema “Il Medioevo nel Fantastico”, con la presenza dei più grandi scrittori di fantascienza e fantasy allora viventi e provenienti da tutto il mondo. Questa duplice ricorrenza ha spinto una rete di appassionati e studiosi dell’opera di Tolkien a riproporre a San Marino la convocazione del “Raduno”, un libero incontro di tutti gli amanti, studiosi e curiosi di questo genere letterario. Fondamentale fu l’opera dell’Associazione Culturale Titania – erede della precedente e illustre Fantàsia – che vede in Marco Gentili fra i fondatori e attualmente il suo secondo presidente, promotrice e organizzatrice della manifestazione. In tutto questo non si può non ringraziare delle figure storiche, autentici maestri, che ci hanno tracciato la via, da Adolfo Morganti, tra i soci di Titania e membro del nostro smial, ai vari Paolo Gulisano, Ferruccio Cortesi, Oronzo Cilli, Adriana Comaschi, Chiara Nejrotti, Annarita Guarnieri, Luisa Paglieri…. solo per citare chi mi balza in mente al volo…. troppi sono i nomi…
M: La prima edizione del Raduno si è svolta durante un piovoso giorno di Settembre nella serenissima Repubblica di San Marino. Eravamo quattro amici, con meno di due lire, ma armati di tanta passione per il fantastico. Nonostante le difficoltà, siamo riusciti a mettere in piedi un incontro per radunare tutti coloro che apprezzavano Tolkien e i suoi lavori. Da qui, appunto, l’appellativo di Raduno. Ovviamente, per raggiungere questo primo piccolo successo abbiamo avuto bisogno di chi “il sentiero” lo aveva già percorso: fondamentale è stata la presenza di Adolfo Morganti, decano del mondo tolkieniano e non solo.
Voi siete anche uno smial, o gruppo tolkieniano, che si riunisce mensilmente. Dove vi vedete? Da quanto tempo siete un gruppo? Vorreste allargare il gruppo a quanti volessero prendervi parte ed aiutarvi nell’organizzazione delle attività? Che cosa vi ha uniti? C’è una stirpe della Terra di Mezzo che vi rappresenta di più, e perché?
N: Prima di tutto siamo amici. Amici legati da un profondo legame. Amici con una passione che hanno deciso di unirsi e raccontare questa loro passione per l’opera di Tolkien. Così è nato lo smial; da un nucleo di fondante di 6 persone, siamo giunti ad essere una ventina; vi sono riminesi, riccionesi, sammarinesi…. e il sottoscritto che è un vicentino d’importazione. Ci ritroviamo una volta al mese a San Marino, presso un nostro pub di rifereimento, “La Bettola”. Tutti sono invitati a partecipare alle riunioni dell’Antico Novero Cavalleresco del Decumano Sud (A.n.c.d.s. o Antico Novero per tutti). Lo Smial è in simbiosi con Titania, ma teniamo ben scisse le due realtà; molti sono associati, altri semplici frequentatori. Tra noi abbiamo una preponderanza di nani (il sottoscritto, per carattere diciamo “acceso” è soprannominato Thorin Scudo di Vicenza) e hobbit, ma non mancano gli elfi e abbiamo anche un Uruk Hai. Non ci facciamo mancare nulla.
M: Il nostro smial prende vita circa un anno e mezzo fa intorno al nucleo più significativo dei frequentatori del Raduno, una miscellanea di semplici appassionati, spettatori affezionati ed anche organizzatori e relatori. La volontà è stata fin dall’inizio il confronto amichevole e disteso sui temi tolkieniani davanti ad una buona birra, come vuole l’antica usanza degli Inklinks, allo scopo di mantenersi sempre in contatto e estendere l’esperienza decisamente positiva del Raduno a tutto l’anno. Ovviamente, l’invito ad unirsi a noi è rivolto a tutti coloro che siano interessati al mondo tolkieniano e curiosi di affacciarsi su altri temi correlati al principale, ma spesso trattati in modo brillante e senza alcuna pretesa eccessivamente accademica. Di stirpi tolkieniani nel nostro smial ce ne sono veramente tante, dagli Hobbit, agli elfi, ai nani. Io appartengo a quest’ultima categoria e mi è stato affidato il soprannome di Dain pie’ di Caveja.
Vorrei un attimo tornare sulla questione dei valori della prima domanda, ma da una diversa prospettiva. Essendo amici del grande Adolfo Morganti, tolkieniano dei primissimi tempi e fondatore della Società Tolkieniana Italiana, poi uscitone per divergenze di idee, come vi siete confrontati e come vi confrontate oggi col panorama tolkieniano a livello di associazioni, gruppi, appassionati e studiosi che vi orbitato attorno? Quali sono le linee guida che avete scelto e le direttive che seguirete in futuro? Credete nella possibilità e nella fruttuosità di un unico fronte tolkieniano unito non dalle tessere, come i partiti politici, ma dai valori che Tolkien ci ha lasciato (come aspirano ad essere i Tolkieniani Italiani)? E rispetto al passato che cos’è cambiato nel mondo tolkieniano secondo voi?
N: Come dicevamo, Adolfo fa parte dello smial, dell’associazione che organizza il “Raduno”: non è un amico, è quasi uno “Zio”, oltre che precursore e maestro. Abbiamo uno splendido rapporto con i componenti di “Sentieri Tolkieniani”: ne approfitto per salutare Luca Arrighini e Andrea Giliberto, che speriamo di incontrare nuovamente al più presto. E con piacere sottolineo i buoni auspici sotto i quali si stanno sviluppando i rapporti con i “Cavalieri del Mark”. Abbiamo poi una grandissima stima, nonché un rapporto di amicizia con Oronzo Cilli, Gianluca Comastri: veri studiosi tolkieniani dei quali apprezziamo i lavori. Ma i nomi sono veramente tanti. Crediamo assolutamente nella necessità di fare rete e ampliare le attività. Per ciò che concerne la politica, non dedichiamo spazio a chi vuole rappresentare l’opera del professore attraverso una lettura ideologica e personale. Oggi, a nostro parere, osserviamo un tentativo di “avvelenare” con interpretazioni personali l’opera del professore: questo a causa della sua riscoperta dovuta al successo mondiale dell’opera cinematografica (con tutti i sé e i ma del caso). Noi siamo per la divulgazione e la preservazione degli autentici valori a cui Tolkien consacrò la propria esistenza.
M: Adolfo Morganti è sicuramente una figura fondamentale e necessaria all’interno del gruppo, una sorta di Gandalf dei tempi odierni, una guida decisa e, al tempo stesso, paterna. La sua esperienza ci ha aiutato durante le prime edizioni del Raduno e ci da una mano tutt’ora. Il nostro gruppo è aperto a tutti, a patto che non si voglia avvelenare l’opera del professore con idee e credenze personali. In questo senso, l’idea di un unico gruppo tolkieniano italiano sarebbe fantastica dal punto di vista teorico, ma attualmente, visti gli ultimi accaduti, non lo vedo ancora possibile. Riguardo al mondo tolkieniano passato e presente, direi che fra i due c’è un abisso, che si è venuto a creare nel momento in cui hanno avuto inizio vere e proprie crociate nei confronti dell’opera del professore mirate ad avvelenarla in toto.
Una domandona finale per Marco ed il suo lavoro di regista, dal momento che anche io nutro le sue medesime passioni per i film ed in parte anche per la fantascienza, pur sapendone ovviamente molto meno di lui. Marco, secondo te Tolkien come ha influito sulla cinematografia e sulla fantascienza? Lui è il padre del rinnovamento del genere fantasy, ma come e quanto è stato incisivo altrove? Allo stesso modo?
M: Premettendo che fantascienza e fantasy sono entrambi figli della stessa madre, la fiaba, Tolkien ha ispirato in maniera molto rilevante la fantascienza a livello mondiale, dal Giappone all’America latina, dalla Scandinavia al Sud Africa: possiamo trovare riferimenti e influenze tolkieniane nei film fantascientifici giapponesi come “Pat Labor” oppure in Blockbuster come il recentissimo “Macchine mortali”. Come regista, non posso nascondere che non è possibile non fare riferimenti tolkieniani quando si scrive un’opera fantascientifica: il professore ha condizionato l’immaginario di quasi quattro generazioni ed è destinato a fare altrettanto con quelle future. In una recente intervista, Legi Matsumoto, il padre di Capitan Harlock, ha dichiarato di essersi ispirato a Galadriel per il personaggio di Meeme. Aggiungo, in chiusura, una mia teoria, secondo la quale per il film “Alien covenant” gli sceneggiatori abbiano preso spunto dal Silmarillion, in quanto la creazione del genere umano viene concepita come se si stesse componendo una melodia. Inoltre, come nell’opera tolkieniana Melkor si oppone a Ilúvatar durante la creazione di Arda, così in “Alien covenant” David cerca di elevarsi a creatore opponendosi ad una legge divina, dando vita allo xenomorfo che tutti noi ben conosciamo.
https://www.tolkien.it/wp-content/uploads/2019/07/61623781_2259438714142309_1774761214912495616_n.jpg6761200Gianluca Comastrihttps://www.tolkien.it/wp-content/uploads/2016/06/logo_sti2.pngGianluca Comastri2019-07-22 19:35:532019-07-22 19:35:57Tolkieniani Italiani: Nicolò Dal Grande, Marco Gentili e ANCDS
Siamo lieti di annunciarvi che la prima edizione di “In viaggio verso Isengard si svolgerà nei giorni 27 e 28 luglio: sarà la Città di Viterbo a ospitare la nostra festa!
Questo il programma:
SABATO 27 LUGLIO
Sala Regia – Palazzo comunale
Ore 16.00 “Esiste una mitologia italica?” a cura di Andrea Verdecchia;
Ore 16.30 “Tradizione: Demitizzare la Modernità” a cura di Giovanni Sessa;
Ore 17.00 “Tolkien’s Library – Un viaggio nella biblioteca di Tolkien” a cura di Oronzo Cilli;
Ore 17.30 “Il Mito dei Nibelunghi”, tra Wagner e Tolkien a cura di Francesco Sangriso;
ore 18.00 “Il Mito e la fiaba” a cura di Manlio Triggiani;
Ore 18.30 “Gli influssi celtici nelle opere di Tolkien” a cura di Chiara Nejrotti;
Presso il palco in piazza del Gesù
Ore 19.00 Dott. Why – Gioco a tema tolkieniano
Ore 21.00 Concerto di Claudio Bastoni in piazza del Gesù
Ore 21.30 Concerto di “IXIA” in piazza del Gesù
DOMENICA 28 LUGLIO
Sala Regia – Palazzo comunale
Ore 16.30 “Il gioco di Arda – Viaggio nella storia e nel regno ludico” a cura di Angelica Toritto e Daniele Catozzella. Interverranno Giuseppe Scattolini nonché Michele Marchetti direttore generale Centro Sportivo Italiano;
Ore 17.00 “Tolkien tra storie e leggende” a cura di Paolo Paron;
Ore 17.30 “Da Eowen alle donne guerriere. La guerra dei sessi in Europa Centrale” a cura di Dario Giansanti;
Ore 18.00 “Tolkien e Annio da Viterbo” a cura di Rubin Jacopo;
Ore 18.30 “La Pietà in Tolkien” a cura di Giuseppe Scattolini;
Presso il palco in piazza del Gesù
Ore 20.30 Concerto “The Shire”
In piazza San Carluccio e presso “La Zaffera” Sabato 27 luglio dalle 16.00 alle 21.00 e domenica 28 luglio dalle 10.00 alle 21.00
Giochi di Ruolo dal vivo e da Tavolo – Esposizione diorami – Esposizione armi tolkieniane
Mostra abiti tolkieniani a cura di Veerena Stima
In piazza San Pellegrino Sabato 27 luglio dalle 16.00 alle 21.00 e domenica 28 luglio dalle 10.00 alle 21.00
Mostra di quadri a cura di Andrea Piparo
Fervono gli ultimi preparativi per l’edizione 2019 della nostra Festa a lungo attesa: la XXV edizione di Hobbiton si svolgerà infatti nei giorni 22 e 23 giugno nel maestoso Castello Carlo V, a due passi dal mare e dal porto, nel cuore del centro storico della città turistica pugliese di Monopoli che quest’anno è deputata ad ospitare il nostro ritrovo gioioso!
La due giorni, come da nostra abitudine, offrirà momenti culturali e di intrattenimento per dare modo di vivere ed esplorare il mondo legato a Tolkien in tutti i suoi aspetti migliori:
Conferenze– gli incontri con gli esperti si terranno tutti il sabato pomeriggio, nella cornice della biblioteca Rendella di piazza Garibaldi.
Tolkien’s Library – un viaggio nella biblioteca di Tolkien, con Oronzo Cilli – 17:30
Presentazione del progetto Biblioteca Silmarillion con Angelica Toritto e Daniele Catozzella; presentazione del progetto Esgaroth con Antonio Primiano di Maria – 18:00
Tolkien e il retaggio classico tra Omero, Dante e Manzoni, con Vito Fascina – 18:30
L’immaginario di J.R.R. Tolkien, dai romanzi ai social media, con Michele de Feudis – 19:00
Da un ‘vizio segreto’ alla subcreazione di Arda, con Gianluca Comastri – 19:30
Concerti– due sono i concerti in programma:
sabato 22, palco di piazzale Colombo, ore 21:00 – Le stelle di Hokuto
domenica 23, pub The King, ore 21:00 – The Shamrocks
Giochi e animazione – troverete queste attività durante tutti e due i giorni, nell’area del castello. Per informazioni rivolgersi direttamente agli stand delle associazioni organizzatrici.
Escape Room e Discussione con Delitto a cura di Fatti di Sogni – Compagnia Teatrale
Sala delle Armi – giochi da tavolo e di ruolo a cura dell’Associazione Ludica Finibus Terrae
Sala delle Armi – giochi di miniature a cura dell’Associazione Ludica 99 Corsari
Sala delle Armi – esperienze di realtà virtuale a cura di Gaming Art
Area esterna – gioco di ruolo dal vivo a cura di ALA – Associazione Ludica Apulia
Gara Cosplay – sabato 22, palco di piazzale Colombo, ore 18:30
Durante tutti e due i giorni, presso il Castello, vi saranno aree dedicate a mostre e stand artigianali.
Qui un pratico vademecum in formato immagine, comodissimo da scaricare sui dispositivi mobili per averlo sempre a portata di mano e di occhi:
Dunque, l’appuntamento per tutti è a Monopoli per sabato prossimo: vi aspettiamo!
È stato annunciato il programma completo di Tolkien 2019, il meraviglioso evento internazionale che si terrà a Birmingham il prossimo mese di agosto promosso per i 50 anni della Tolkien Society: come da recente comunicazione degli organizzatori, siamo felicissimi di apprendere che sarà della partita anche Catherine McIlwaine, Tolkien Archivist alla Bodleian Library dell’università di Oxford, che abbiamo avuto l’onore e il piacere di accogliere come ospite a Barletta nel Tolkien Archive curato da Oronzo Cilli.
Vi riepiloghiamo di seguito le principali attrattive della grandiosa festa di Birmingham.
Relatori in evidenza
A cura di Tom Shippey e Oronzo Cilli si terrà l’intervento intitolato Tolkien’s Library: An Annotated Checklist, dedicato alla presentazione del libro Tolkien’s Library (edito da FT Barbini – Luna Press Publishing) che uscirà proprio in occasione dell’apertura dell’attesissimo evento e di cui i due oratori sono rispettivamente autore della prefazione e autore del testo.
A cura di Oronzo Cilli e Giovanni Carmine Costabile avrà invece luogo l’intervento Tolkien and Italy, la storia editoriale delle opere di Tolkien nel nostro paese con tutto ciò che ad essa è correlato. L’intervento sarà incentrato sui contenuti del libro Tolkien e l’Italia (edito da Il Cerchio).
A cura di Padre Guglielmo Spirito OFM è poi annunciato l’intervento A ray of light: the theological vision of Letter 89, per uno sguardo tra le righe dei pensieri più profondi del Professore.
Gli altri relatori italiani
Claudio A. Testi, insieme a Tom Shippey e Thomas Honegger, presenterà il volume Tolkien and the classics, traduzione inglese del progetto portato avanti da anni dall’Associazione Italiana Studi Tolkieniani: terrà inoltre l’intervento Tolkien and Aquinas, in cui si mostrerà come lo scrittore inglese conosceva necessariamente alcune idee filosofiche di San Tommaso.
Lorenzo Gammarelli interverrà su Depth by Paratext: How Forewords and Footnotes Helped J.R.R. Tolkien Develop a Secondary World in The Lord of the Rings, un’analisi del modo in cui ne Il Signore degli Anelli Tolkien usa prefazioni e note per accrescere il “senso di profondità”.
Gloria Larini in Bilbo, Ulysses and the Greatness of the Unknown collegherà alcuni aspetti de Lo Hobbit di Tolkien all’avventura di Ulisse nell’Odissea di Omero.
Marco Scicchitano in The educational project ‘Le Nere Lame’ with Tolkien-based background illustrerà il progetto “Le Nere Lame”, che trova la sua ambientazione nella Terra di Mezzo di Tolkien.
A chiunque di voi vorrà unirsi alla spedizione tricolore e partecipare a questa grande manifestazione in prima fila, è apertissimo l’invito a prendere visione dell’elenco ufficiale delle relazioni e dei panel e a scegliere (anche volendo sarà impossibile seguire tutto in prima persona) tra questa incredibile serie di contributi!
Eventi diurni e serali
Il programma degli eventi è ricchissimo. Oltre 90 presentazioni di studiosi, accademici e fan di Tolkien, dal Regno Unito e da tutto il mondo, dalla Tolkien Society o da altre associazioni: 10 panel che discutono le opere di Tolkien e come vengono illustrate, adattate e pubblicate: vari workshop per abbracciare proprio lato creativo: mostre che raccontano la storia della Tolkien Society e ne esporranno gli oggetti più preziosi dagli archivi sociali.
Ma il Tolkien 2019 non sarà solo una sequenza diurna di conferenze e panel. Anche se questi ultimi ne saranno la parte principale, l’evento vuol essere un’esperienza inclusiva che durerà tutto il giorno e fino a sera. Nelle intenzioni degli organizzatori, i partecipanti si godranno la reciproca compagnia per tutta la durata dell’evento, sfruttando le serate per apprezzare la pienezza dell’impatto delle opere di Tolkien con esperienze conviviali e di spettacolo. Gli intrattenimenti sono programmati per ogni sera e sono inclusi nel costo dell’iscrizione (tranne che per il banchetto): vi sarà una rappresentazione di Leaf by Niggle del Teatro delle marionette, la People’s Orchestra suonerà i temi dagli adattamenti cinematografici di Tolkien, e il sabato l’appuntamento è con la variopinta festa in costume! Vi invitiamo a prendere visione del programma di dettaglio delle attività serali.
Per tutte le altre informazioni, rimandiamo al nostro speciale: buona lettura!
https://www.tolkien.it/wp-content/uploads/2018/03/Tolkien2019-840x560.jpg560840Gianluca Comastrihttps://www.tolkien.it/wp-content/uploads/2016/06/logo_sti2.pngGianluca Comastri2019-06-10 11:14:422019-08-07 10:04:17Tolkien 2019, il programma di dettaglio
Chiara Nejrotti è conosciuta da tempo tra i tolkieniani italiani: autrice di saggi ed articoli su Tolkien ed il mito, la fiaba e il simbolo, racconta di aver letto per la prima volta Il Signore degli anelli a 14 anni e di non essere mai più riuscita a staccarsene. Anche gli studi che ha intrapreso in seguito ne sono stati in qualche modo influenzati: si è infatti laureata in filosofia e pedagogia, approfondendo particolarmente tematiche e autori che hanno trattato il confronto tra mito e filosofia e la Storia delle Religioni. Insegna da molti anni filosofia e scienze umane in una scuola secondaria di secondo grado a Torino. Ha conosciuto appassionati e studiosi di Tolkien ancor prima della nascita della STI, di cui è stata tra i primi iscritti. Nella sua città ha partecipato, e a volte organizzato, incontri e conferenze dedicate alle opere del Professore e al fantastico, soprattutto piemontese e alpino. Qui si racconta prendendo spunto dalle domande che le ha posto Greta Bertani.
Sei laureata in filosofia con una tesi sull’uso del mito e della filosofia in Thomas Mann, inoltre ti interessi di romanticismo. E’ noto che anche Tolkien fa largo uso del mito. Puoi raccontarci in cosa, secondo te, l’uso che del mito fa Tolkien differisce, non solo da Mann, ma anche dagli autori moderni, diciamo, proprio dal romanticismo in poi (che vede una ripresa dell’elemento mitico) più in generale?
L’argomento è vastissimo e richiederebbe un saggio a sé; cerco di rispondere senza dilungarmi troppo… Tolkien fu innanzitutto un filologo, esperto di letteratura anglosassone e medievale, (pensiamo al Beowulf) e affascinato dalla mitologia norrena. Sappiamo inoltre quale influenza ebbe su di lui il Kalevala finnico ed anche l’immaginario celtico del Mabinogion, anche se in forma meno dichiarata, oltre, naturalmente ai cicli arturiani; tuttavia ritengo che per certi versi possa definirsi un neoromantico, anche se esplicitamente si ricollega soltanto al suo amato medioevo. Trovo ci siano affinità soprattutto nella sua concezione della subcreazione artistica ad immagine e somiglianza del Creatore con Novalis ed altri Autori del Romanticismo. Secondo me è un campo ancora da esplorare. Comunque la concezione del mito di Tolkien si è esplicitata e probabilmente chiarita a lui stesso attraverso l’incontro con la teoria dell’amico Owen Barfield: il mito è coevo al linguaggio, in quanto il pensiero che crea racconti è il medesimo che crea le forme linguistiche: i nomi e ancor più gli aggettivi, partendo dalla percezione di sé e del mondo che ci circonda. Il termine mythos significa racconto e la capacità narrativa nasce dal rapporto dell’essere umano con il mondo naturale e quello soprannaturale. Si può parlare di una visione mitica del mondo di cui le parole sono l’incarnazione. L’uomo, perciò, è creatore di racconti e simboli che attribuiscono e svelano significati; il linguaggio simbolico allude a realtà che oltrepassano il linguaggio discorsivo-razionale. Per questo i simboli permangono nel tempo e riemergono mutando forma a seconda dei contesti storici e culturali, ma mantenendo la propria essenza; immediatamente riconoscibili, proprio in quanto parlano un linguaggio eterno.
Tolkien aveva una buona conoscenza filosofica, come credi che questo abbia influito sulla sua scrittura? Intravedi influenze macroscopiche di qualche pensatore moderno o del passato?
Tolkien ha sempre affermato di preferire il narratore al filosofo e di non voler esprimere alcuna “tesi” (filosofica o meno); è chiaro però che, come tutti, avesse una propria visione del mondo e che la esprimesse nelle sue opere. In quanto cristiano e cattolico aveva sicuramente una buona conoscenza della filosofia cristiana medioevale da Agostino a Tommaso, di cui sappiamo teneva una copia della Summa Teologica in camera, e sicuramente Boezio. Rispetto alla filosofia a lui contemporanea non credo ne avesse una conoscenza approfondita, ma ritengo – come sostiene Verlin Flieger – che, in quanto figlio della sua epoca, ne abbia condiviso alcune tematiche. A questo riguardo rimando al saggio della Flieger A question of time e al (molto più modesto) mio contributo al Dizionario dell’Universo tolkieniano alle voci “Tempo” e “Sogno.”
Nel 2004 un tuo saggio, dal titolo “Dee e regine” è apparso nella raccolta «Albero» di Tolkien curata da Gianfranco de Turris. Spesso Tolkien è stato, a torto, tacciato di misoginia, per aver relegato le donne a ruoli secondari. Molte grandi figure femminili della terra di Mezzo, però, ci dicono che non è affatto così. Ci puoi raccontare un po’ che funzione hanno le donne nella narrativa tolkieniana?
Per fortuna oggi questa tesi è stata smontata da personaggi ben più autorevoli di me, ma mi fa piacere che le mie intuizioni, scritte quando, almeno in Italia, vi era ancora poca saggistica sull’argomento, siano state sostanzialmente confermate. Per rispondere alla tua domanda, le figure femminili di Tolkien non sono forse molte, almeno nel Signore degli Anelli, ma la loro importanza ed il loro valore risaltano e sono innegabili. Nel Silmarillion sono molto più numerose ed anche in questo caso il loro ruolo non si limita a quello di comparse, ma spesso risultano superiori alla loro controparte maschile per status e per poteri: Melian, in quanto Maia, rispetto all’Elfo Thingol; così Luthien, Idril ed Arwen, in quanto appartenenti alla stirpe degli Elfi rispetto ai loro sposi mortali. Un elemento che spesso caratterizza le figure femminili è che hanno a che fare con l’elemento della luce e ne sono portatrici, ne sono esempi privilegiati Varda-Elbereth, la Signora della volta stellata, è la più amata dagli Elfi che la invocano nel loro esilio; e, ne Il Signore degli Anelli, Galadriel che svolge per Frodo e per Sam una funzione molto simile, donando la fiala che contiene la luce della stella Eärendil. Luthien svetta su tutte le figure femminili per grazia, bellezza e potere (e non starò a ricordare cosa la sua figura significasse per Tolkien), ma anche Eowin, Baccador ed Arwen hanno a che fare con la luce e la speranza: la prima uccide il Signore dei Nazgûl, la seconda scaccia il timore delle ombre della foresta e appare come una visione di pace e di gioia, mentre Arwen dona a Frodo una pietra luminosa che lo conforti quando si sente assalire dall’oscurità. Potrei continuare a lungo, ma in conclusione si potrebbe dire che i personaggi femminili agiscono su un piano diverso rispetto ai loro compagni: una dimensione più spiccatamente spirituale, di guida e di consiglio, di preveggenza e lungimiranza; mentre la componente maschile interviene sul piano materiale, fisico e guerriero. Ciò non toglie che le figure femminili sappiano dimostrare un coraggio per nulla inferiore a quello maschile, come dimostra la dama di Rohan. Il modello ispiratore per Tolkien è certamente l’immaginario medievale con la sua concezione della Donna come tramite per il Divino, pensiamo alla Beatrice dantesca; senza però indulgere agli eccessi dell’Amor Cortese, che Tolkien certamente non condivideva.
Purtroppo Tolkien non rientra nei programmi istituzionali della nostra scuola, ma sono a conoscenza di alcune scuole o insegnanti, che adottano lo Hobbit come testo di narrativa per scuole primarie o secondarie. Io stessa sono stata chiamata a tenere alcune lezioni in una quinta elementare. Vorrei chiedere a te che sei insegnante da tanti anni, e che con i ragazzi sei a contatto quotidianamente: cosa può insegnare Tolkien ai ragazzi di oggi che, magari, essi hanno perso, o si è perso nella società moderna?
Negli anni immediatamente successivi ai film, Tolkien era diventato decisamente famoso tra gli adolescenti; oggi, purtroppo, quel momento è passato, anche perchè la trilogia de Lo Hobbit non ha avuto lo stesso impatto. Tuttavia è comunque un argomento che si presta bene per fare esempi e/o introdurre tematiche che catturino l’attenzione dei ragazzi. Penso che Tolkien possa sempre affascinare i giovani, quando si fa capire loro che non si tratta semplicemente di “fantasy” o di “battaglie” (io ho una prevalenza di studentesse in classe, e a quell’età sono più attratte dalle storie a sfondo sentimentale). Quello che, ritengo, Tolkien abbia da insegnare e che si è perso nella società moderna, è il senso dell’epica: il “gettare il cuore oltre l’ostacolo” e saper combattere per ciò che vale la pena; ma anche il valore dell’amicizia e di una compagnia autentica, il rapporto con figure autorevoli che siano dei veri maestri come Gandalf, e ancora il valore della misericordia e della pietà… potrei continuare a lungo… Non è un caso che Tolkien sia sempre più utilizzato nei gruppi giovanili parrocchiali; a scuola, certo, il contesto è diverso, ma qualcosa si può fare…
Recentemente un nuovo gruppo di studi cattolici, che si occupa di scoprire la cattolicità di Tolkien ed il significato del punto di vista cattolico delle sue opere, ha fatto la loro prima apparizione pubblica su Radio Maria durante uno special dal titolo “L’immaginazione morale al servizio della verità – il caso Tolkien”. Credi che nel panorama italiano ci sia bisogno di voci nuove? O meglio, di una nuova compagnia di voci già note?
Certamente sì. Ho ascoltato la trasmissione e mi ha colpito per la chiarezza e l’ampiezza dello sguardo. Su Tolkien è stato detto e scritto molto, ma ritengo sia sempre utile approfondirlo, in quanto è davvero inesauribile. Uno studio dal punto di vista cattolico che non voglia allegorizzare l’opera di Tolkien, ma intenda mostrare la fonte originaria da cui scaturisce, quella luce che viene citata nello special e che illumina tutte le sue pagine e si riverbera anche su noi lettori, è, direi, fondamentale. Il fatto che sia nata una compagnia di amici che si propone questo obiettivo, è per me in perfetto stile tolkieniano!
Il Tolkien Archive 2019 ha lasciato dietro di sé un bel numero di partecipanti arricchiti da un’esperienza piena e gratificante, ma non solo: le basi gettate aprono la via a ulteriori passi avanti. Ne ha parlato Giuseppe Scattolini in un’intervista rilasciata oggi a Tolkien Italia, in cui anticipa uno dei frutti che l’evento di Barletta darà verso la fine dell’anno, un’opportunità davvero notevole per cui anche noi di STI presteremo volentieri il nostro contributo: lavoreremo nientemeno che all’organizzazione di un convegno universitario presso l’ateneo di Macerata.
Vi proponiamo le risposte con cui Giuseppe introduce i temi della chiacchierata:
Si è da poco concluso un evento che costituisce un importantissimo primo passo sul territorio italiano: la visita di Catherine McIlwaine. Attorno ad essa si è costruita una due giorni di studi, confronti e presentazioni. Tu hai vissuto questo evento da dentro: lasciando alle fonti ufficiali il compito di raccontarcene i dettagli, a te chiedo cosa ti ha lasciato, come è stato vissuto dagli altri partecipanti e cosa hanno mostrato di aver tratto da questa ricca esperienza.
Per me personalmente i momenti più belli sono stati senza ombra di dubbio le chiacchierate con Catherine, in cui abbiamo parlato della religione, della storia italiana, del basilico (dal greco, “foglia di re”), di ciò che ha colpito di più lei a Barletta: le persone che andavano a Messa la mattina in cattedrale. Al che mi ha raccontato anche dell’esperienza simile ma diversa che fece negli Stati Uniti quando andò alla Marquette University per selezionare i manoscritti di Tolkien da esporre alla mostra Tolkien: Maker of Middle-earth dello scorso anno1 : tutti le chiedevano “che chiesa frequenti?” e lei poverina non sapeva che rispondere, in Inghilterra mi ha detto che nessuno ti farebbe mai una domanda del genere. Lei è una persona squisita, e non fatico a capire come mai la Tolkien Estate l’abbia scelta come Tolkien Archivist: infatti fu dopo la morte di Tolkien che la famiglia decise di donare alla Bodleian Library i manoscritti del Professore, e la figura della Tolkien Archivist sta lì apposta per garantirne la sicurezza e la consultabilità.
Un ponte che ci collega direttamente con l’archivista e con gli archivi della Bodleian ovviamente è un punto di arrivo per certi versi, ma un notevole punto di partenza per ulteriori iniziative, personali o collettive, che da lì possono prendere le mosse. A sensazione, quali prospettive possono aprirsi ora? Quali progetti dei Tolkieniani Italiani possono trarre impulso dalla due giorni di Barletta e schiudere tutte le loro potenzialità?
Senza ombra di dubbio aver avuto come ospite Catherine è un punto di arrivo: lei non è una relatrice o una studiosa di Tolkien, ma un’archivista. Di Tolkien conosce tutto, ma non solo il suo compito non è interpretarne i testi, piuttosto lo è il conservarli e il proteggerli, e soprattutto non è abituata se non a fare vita “di archivio” con ciò che ne comporta (tutto ciò per sua stessa ammissione). La mostra che ha curato l’ha molto esposta al pubblico, ma che sia venuta a Barletta è testimonianza della stima che lei nutre nella credibilità e nella serietà di studioso della persona di Oronzo Cilli, l’organizzatore, nonché di tutti noi. La sua visita però è stata giustamente anche un punto di partenza, come dicevi: non solo adesso le porte degli archivi di Tolkien sono aperte agli studiosi italiani che hanno partecipato al corso di Barletta, e agli studiosi italiani in generale sarà più facile accedervi, ma anche le iniziative collettive potranno trarre un grande giovamento. Significa che finalmente il mondo tolkieniano italiano si apre agli studi veri, accademici e universitari. Per questo ci siamo sentiti pronti, e come Cavalieri del Mark, di cui sono presidente, abbiamo proposto un convegno all’università di Macerata: i Tolkieniani Italiani, di cui facciamo parte, ci daranno una mano e co-organizzeranno con noi (dunque anche la co-organizzazione di STI vien da sé).
Fabio Leone nasce nel 1979 a Latina. Nel 2004 si diploma in Pittura ad olio all’Accademia di Belle Arti di Roma. Dal 2005 al 2008 lavora quasi esclusivamente come pittore di icone tradizionali cristiane. Dal 2008 affiancato mia moglie nel suo lavoro di illustratrice. Nel 2009 viene rappresentato dall’agenzia Bright, collaborazione che si protrae fino al 2017, dipingendo per commissioni nel settore educazionale/storico, e dedicandosi al thriller/horror e al fantasy a titolo personale. Nel 2013 vince il Language Learner Literature Award per le sue illustrazioni di The Legend of Sleepy Hollow di Washington Irving. Nel 2015 gli viene assegnato il Tolkien Society Award per Best Artwork, con l’opera Ulmo appears before Tuor. Le sue illustrazioni sono incluse in molte pubblicazioni in giro per il mondo, edite da Miles Kelly, Compass Media, Pearson, Oxford University Press, Nelson Evergreen, MacMillan, Skolska Knjiga, Bill Studio Group, Qbs Learning, Templar e altre. Andiamo a fare la sua conoscenza per tramite del fuoco di fila delle domande che gli ha posto Giovanni Costabile.
Caro Fabio, innanzitutto lascia che ti ringrazi a nome dei Cavalieri del Mark e della Società Tolkieniana Italiana, nonché a titolo personale, per aver acconsentito a rispondere alle nostre domande. Sei un grande nome per gli appassionati di Tolkien e un punto di riferimento tra gli illustratori tolkieniani italiani. Pensa che quando ho detto alla mia ragazza (tolkieniana di puro sangue Eldarin anche lei) che ti avrei intervistato, lei ha esclamato: “No! Per davvero?”
Sono lusingato, è sempre un piacere essere raggiunto dal pubblico. Onestamente non mi capita spesso e, tempo permettendo, cerco sempre di condividere la mia esperienza con chiunque ne possa giovare. Un avviso ai lettori: detesto cordialmente i “VIP” che si allontanano dal pubblico. Sono un tipo alla mano e potete contattarmi liberamente sui social. Nei limiti di tempo risponderò come posso.
Beh, io parteggio per l’idea di cominciare con le domande difficili. Tolkien è noto abbia scritto che le illustrazioni ai suoi libri dovrebbero riguardare i soli ambienti e paesaggi, per lasciare ai lettori la libertà di immaginare da sé i personaggi. Impose ciò persino a una grande artista come Pauline Baynes. Ma in effetti molti mi dicono che faticano a immaginare i personaggi tolkieniani al di là dei film di Peter Jackson, sebbene io non abbia mai avuto un simile problema perché sono ospite a Gran Burrone ogni altro fine settimana. A parte gli scherzi, come giustifichi il contravvenire, chiaramente diffusissimo e non solo tuo, ai desideri di Tolkien?
Tolkien, come altri grandi autori, comprendeva pienamente il meccanismo di “proiezione/identificazione” che il lettore pone in essere quando interagisce con l’opera d’arte. Un bel paesaggio dipinto può “tirarci dentro”, specialmente se osserviamo grandi tele di maestri paesaggistici, una storia scritta secondo gli stessi stratagemmi usati da Tolkien permette al lettore di “riempire” gli spazi vuoti adoperando il proprio “archivio interiore d’immagini” e, di rimando, sviluppare un legame più forte con personaggi che, almeno in parte diventano proiezione del pubblico. Se ci pensate bene I manga utilizzano spesso questa dinamica rappresentando gli eroi con uno stile molto semplice, ai limiti dell’astratto, mentre l’antagonista è reso estraneo, “altro da me”, venendo rappresentato in modo più realistico… è più facile percepire l’entità “separata” come sconosciuta ed inquietante. Altro esempio brillante ed eloquente è il fumetto “Le avventure di Tin Tin”, creato da Georges Remi, ove il personaggio principale può facilmente rappresentare chiunque lo legga, data la semplice estetica con cui è rappresentato, ma essendo un fumetto basato su esplorazione e scoperte, è il paesaggio ad essere rappresentato in modo realistico e, di rimando, misterioso e sconosciuto. Gli artisti che scelgono di affrontare Tolkien proiettano la loro estetica nel cercare di dare forma ai personaggi… è quasi inevitabile (dico “quasi” perché c’è chi sceglie volontariamente di dare il posto d’onore al paesaggio ed alla storia in esso intessuta, come ad esempio Ted Nasmith). La sottile linea da non oltrepassare è , per me, il non tradire “troppo” Tolkien, rappresentandolo con ponderato rispetto per la sua opera, intenzione, morale, filosofia… in altre parole: illustrando Tolkien nel senso etimologico del termine: “fare luce, rendere chiaro, spiegare”. Detesto quando un artista sfrutta un autore per parlare delle proprie idee… non sta illustrando, sta sfruttando la fama altrui. Discorso a parte merita la ripetizione non immaginifica delle scene dei film… capisco che il cinema sia media potentissimo (ed il nostro cervello si è evoluto per trattenere con maggiore chiarezza informazioni in “movimento”) ma non riesco a valutare nulla di più dell’autore dell’immagine tranne che la capacità tecnica della copia, non c’è vero dialogo con tali dipinti, solo un proclamo da parte dell’artista che sembra dire “Hey! Mi piace questa scena!”. È un’opportunità sprecata.
D’altronde Tolkien scriveva anche che intendeva lasciare la Terra di Mezzo ad altre mani, menti e voci. Adesso entriamo nel vivo e prendiamo direttamente in mano una coppia di tuoi lavori, il maestoso Elessar e la regale Queen Arwen Undomiel. Penso sia la prima volta che vedo i due personaggi raffigurati in età avanzata e ti faccio i miei complimenti per l’originalità dell’approccio, due opere veramente notevoli. Ci racconti come le hai pensate, come è nata l’idea?
Il primo a “venire a galla” nella mia immaginazione è stato Elessar. Come ho accennato precedentemente, le immagini della trilogia cinematografica erano (e sono) canone in questi anni. Avevo già dipinto alcuni ritratti ed avevo pensato di rivolgermi ad Aragorn. Non molti lo hanno rappresentato come Elessar, come colui che ha finalmente preso su di se il ruolo di Re dei regni di Gondor/Arnor e volevo che la rappresentazione rispettasse l’età del personaggio. Essendo Númenóreano Aragorn “si mantiene bene”, ma non è neanche un arzillo 30enne ai tempi dell’incoronazione. Ecco allora che ho preferito rappresentarlo più anziano, con qualche cicatrice sul volto, I segni di una probabile frattura al setto rimarginata (aguzzate la vista!) e qualche dettaglio che dia spessore al suo background: la spilla di Lothlorien, un manto rosso regale, una corona che rappresenti in modo adeguato le tradizioni di Gondor. Per I puristi: garantisco che ho tentato di rappresentare la corona in modo “ortodosso” rendendola simile allo schizzo di Tolkien e nel solco della cultura egiziana dei faraoni… ma non funzionava. Per un primo piano dovevo ridurre qualcosa. Chiedo venia. La seconda, Arwen, è emersa da una esigenza differente ma si è incastonata nella stessa logica estetica del suo celebre marito: sto ragionando molto tempo un dipinto con lei protagonista ed ho pensato che studiare un ritratto mi avrebbe favorito nel dipingerla successivamente in una situazione più complessa. Come per Elessar ho deciso di rappresentarla in un momento differente dalle solite rappresentazioni ed attingere dalle Appendici. Nella mia mente Arwen sta ascoltando le parole di Aragorn “In sorrow we must go, but not in despair. Behold! We are not bound for ever to the circles of the world, and beyond them is more than memory. Farewell!”. Questa Arwen è rappresentata con I capelli più corti, probabilmente in lutto, I capelli corvini che si dice ereditati dalla bis-bis-nonna Luthien, sono ingrigiti. Come Elessar lei dispone di una lunga vita ma al “passaggio” di lui anche lei sente che il tempo di lei è al termine. Sta per partire da Gondor per recarsi a Cerin Amroth e lì rendere lo spirito ai Valar come mortale. I colori che lei indossa richiamano l’autunno, la corona la cultura elfica e… si, preferisco orecchie a punta per gli elfi… dopo aver ruminato molto tale dilemma.
Passiamo al magnifico Gandalf the servant of the Secret Fire. È evidente in tale opera l’ispirazione dall’iconografia ortodossa, che inizialmente può apparire una scelta bizzarra, sebbene trovi riscontro anche nelle interpretazioni dell’artista inglese Jay Johnstone. Come commenti la tua interpretazione?
Penso che molti dipinti “personali” nascano dal pensiero dell’autore quando si dice “sarebbe divertente se…”. Ho una passione per l’arte della pittura d’icone, conosco la tecnica ed i metodi. L’ho praticata per anni… poi leggendo Tolkien mi sono trovato in linea con quanto un lettore gli fece notare: sembra che una luce brilli ma senza che alcuna lampada sia visibile. Di per se è una descrizione molto…Cristiana! So bene che Tolkien si è opposto arduamente contro le letture “allegoriche” della sua opera e la mia scelta di rappresentare Gandalf come un Santo (solo i santi possono essere rappresentati in icone) non ha intenti allegorici. Ma è interessante notare come Gandalf abbia molteplici punti in comune con la figura del “Santo” cristiano. Riflettendo su questi punti di contatto un giorno, mentre ragionavo sul come “rinfrescare” la mia conoscenza circa tecnica iconografica mi sono detto: “perché non Gandalf?”. Così ho applicato i canoni estetici e tecnici nell’elaborare un disegno del Gandalf Archetipico, dotato dei suoi attributi propri (Glamdring, il bastone, il manto, il cappello, I colori propri) ed il volto tipico degli asceti orientali. Non volendo usare il Nimbo dorato, che si conviene solo ai santi, ho declinato l’idea già da me applicata del poema dell’anello usato come Nimbo (o “aureola” se prefereti il decadente termine post-Giotto): essendo Gandalf non sotto l’influenza dell’Unico Anello, il suo volto non è circondato dal poema dell’anello ma dal simbolo che lo identifica come messaggero di Eru Iluvatar “I am a servant of the Secret Fire, wielder of the flame of Anor”, frase con cui dichiara autorità sopra la “fiamma di Udun”. È stato per me un lavoro infinitamente divertente, ma confesso di aver ricevuto una bella ripassata dalla mia maestra d’icone. A titolo personale posso dire di apprezzare lo sforzo di Jay Johnstone, soprattutto nelle ultime sue opere “iconografiche”, ma Tolkien non scriveva “imitando la vecchia letteratura”, lui scriveva la letteratura che amava… allo stesso modo penso che la scelta di rappresentare Tolkien con stile iconografico sarebbe più confacente se fatto come moderne icone dipinte nel solco della tradizione iconografica tradizionale e non “imitando vecchie icone” come Johnstone sembra preferire. Talvolta sono piuttosto difficile da accontentare, lo so, ma è solo perché amo l’arte delle icone.
Ora ho scelto proprio quest’opera anche per un altro motivo, ovvero che l’ispirazione ortodossa suggerisce esplicitamente una simbologia religiosa cristiana, che pure certuni contestano. Tu come ti poni nella controversia sul Tolkien cattolico? Ci sono margini secondo te per dubitare che l’opera di Tolkien sia cattolica come il suo autore, pur senza nulla togliere ad altre indubbie influenze?
No. È lampante. L’opera di Tolkien è ardentemente religiosa. Alcune opere lo sono meno (prendiamo ad esempio Roverandom o Farmer Giles of Ham), ma Il Signore degli Anelli è profondamente religioso. Penso che la controversia sia solamente apparentemente legata al dibattito circa il “Tolkien cattolico” ed invece segno dell’intimo smarrimento e fastidio che taluni provano quando si scoprono emozionati ed ispirati da un autore che ha molto di cristiano da dire… sebbene contemporaneamente si disdegni il cristianesimo in tutte le sue forme, secolari e non.
Ora un momento retrospettiva. Uno dei post sempreverdi nei gruppi tolkieniani domanda agli altri appassionati come si è conosciuto Tolkien per la prima volta, oppure, come mi piace esprimere la stessa idea, per quale porta (rigorosamente tonda) o finestra si è entrati in casa Baggins. Hai avuto un tuo personale Gandalf che ha lasciato una runa per te su quella porta?
Ne ho due. Il primo è il fratello di un mio grande amico d’infanzia, Alessio. Abbiamo molti gusti in comune ed un giorno (ci conosciamo da quando eravamo undicenni) gli dissi che stavo leggendo “La spada di Shannara”. Suo fratello, che aveva il naso in un fumetto (mi pare Nausicaa), alzò il detto naso dalle dette pagine e disse: “Tolkien… solo Tolkien!”. E tornò a leggere. La seconda runa fu graffiata da “La storia infinita” cinematografico: Il libraio chiede a Bastian, ironicamente, se sapesse cosa I libri siano… e Bastian risponde di aver in casa 137 libri… ed elenca: “L’isola del tesoro”, “Il mago di Oz”, “L’ultimo dei Mohicani”, “Il signore degli anelli”… Quella lista mi è rimasta dentro. Conosco il film praticamente a memoria e quel libro, quell’autore continuavano a saltar fuori ovunque come una montagna all’orizzonte. Alla fine ho chiesto a mia madre di comprarmi una copia, avevo 12 o 13 anni. Il resto è storia.
Ma questo è stato solo l’inizio. Da allora ne hai fatta di strada insieme a Tolkien, se nel 2015 hai visto assegnarti il Tolkien Society Award per Best Artwork con Ulmo appears before Tuor. È un riconoscimento straordinario per un artista tolkieniano pur non essendo l’unico premio che ti è stato attribuito, e posso solo immaginare l’entusiasmo con cui hai accolto la notizia. Vuoi raccontarci come è andata?
Ho acceso il pc la mattina e trovato 137 notifiche. Ho pensato: “ma che cavolo..?”. Poi mi sono seduto, incredulo. Quando mia moglie si è alzata le ho semplicemente detto: “Non ci crederai, ma ho vinto”. Abbiamo preparato I bambini per l’asilo… poi nel resto della giornata ho lavorato per rispondere a messaggi ed email. Niente feste selvagge ma ne sono davvero soddisfatto.
Domanda di rito. Quali sono i modelli della tua arte? Credo di aver letto da qualche parte che tra i tuoi riferimenti illustrativi c’è il grandissimo Donato Giancola, e posso confermare che all’occhio si nota, ma ricordo un commento di Stefyart sul tuo profilo Deviantart che paragona il tuo stile a Rembrandt e Caravaggio, e penso anche a una tua illustrazione non tolkieniana, una delle tue prime opere, intitolata Jealousy. Qui mi pare di notare un taglio allegorico che ha del preraffaellita, se non mi inganno. Cosa c’è di vero in tutto questo?
Questa particolare illustrazione proviene da un libro pubblicato anni fa dalla Pearson, se non sbaglio, la protagonista, sul fondo, guardava con invidia I personaggi in primo piano. Ai tempi stavo cercando di stabilire uno stile che mi stimolasse ad approfondire. I preraffaelliti sono sempre in cima alla pila di libri che sfoglio per ragionare su delle soluzioni e nel dipingere questa illustrazione mi appoggiai a Waterhouse ed il suo “Mariamne Leaving the Judgement Seat of Herod” per studiare la tecnica e catturare quella specifica atmosfera. Ora come ora questo lavoro mi imbarazza perché prende troppo in prestito da Waterhouse. Giancola è uno dei pilastri della mia “idea estetica”. Per dare contesto faccio un salto indietro: ho avuto esperienza terribile in accademia delle belle arti ed il modo in cui la mia classe di pittura è stata guidata era riuscita ad annientare quasi tutta la mia voglia di dipingere. Stavo per “appendere al chiodo” il pennello. Un giorno però, sfogliando le pagine di un libro, vidi “The Taming of Smeagol” di Giancola. Opera eccezionale. Rinascimentale nell’anima, moderno nelle ispirazioni, tecnica perfetta. Ho pianto guardandola ed ho realizzato che potevo anche io trovare qualcosa che mi emozionasse nel dipingere. Quel singolo quadro mi ha salvato. I paragoni con Caravaggio e Rembrandt mi lusingano, e sono troppo gentili.
A proposito di quest’ultima opera, ricordiamo infatti che la tua arte prende anche spunto da altre fonti, di solito comunque opere letterarie, cinematografiche e videoludiche di genere fantastico e horror, da Batman a Game of Thrones, da God of War a Ladyhawke. In base a quale criterio scegli i tuoi soggetti, fintantoché la scelta non appartiene invece al committente?
C’è chi si emoziona nel dipingere ritratti, chi un manga, chi strappone scosciate. Tutti noi, mi azzardo a suggerire, siamo diapason… vibriamo in accordo con frequenze ristrette e mirate. Io rispondo alla tragedia, all’indagine interiore, all’eroismo epico. Non riuscirei a rappresentare con la stessa sincerità una eroina seminuda… ma datemi un personaggio dalla psicologia complessa ed io vado a nozze. Per questo, probabilmente , mi sono trovato a scegliere Navarre, Jamie Lannister, suo padre Tywin come protagonisti di illustrazioni. Hanno così tanto da dire! Così tanti dettagli possono essere inseriti per compensare la “densità di dettagli” necessari a delineare un volto dalla psicologia complessa! Ad esempio con Tywin ho potuto dipingere la storia di Casterly Rock sulla sua armatura, o con Navarre inserire elementi che spieghino il suo amore per Isabeu (come la treccia bionda fasciata di pelle che lui porta accanto al petto). Provate ad analizzare il mio “Stregone di Angmar” e troverete abbastanza dettagli per ricostruire una storia ipotetica da me composta per narrare gli eventi prima del suo “sbiadimento”! Trovo “God of war” un moderno capolavoro di design e “world building”. Non l’ho mai giocato, ma ho il libro del “Making of”. È oro zecchino per la ricerca artistica.
Infine torniamo ancora sui tuoi lavori tolkieniani. Chi ti segue ha notato la pubblicazione di uno studio su Eowyn. Come procede il lavoro su questo tema? Quando possiamo aspettarci una tua interpretazione della famosa scena del Re Stregone ne Il ritorno del re? Dopo la raffigurazione veramente unica che hai fatto del Signore dei Nazgûl prima di diventare Spettro, vedremo anche il Primo dei Nove ergersi in tutta la sua oscura maestà, prima che la Dama di Rohan lo vanifichi del tutto?
Il dipinto di Eowyn è in lavorazione da circa 3 anni. Gestazione complessa. Un rapporto attrattivo/repulsivo. Considero Il passaggio del confronto di Eowyn con il Dwimmerlaik tra I migliori della letteratura mondiale moderna su cui ho messo gli occhi. Mi terrorizza l’idea di non rendere giustizia alla dama di Rohan. “But the helm of her secrecy had fallen from her, and and her bright hair, released from its bonds, gleamed with pale gold upon her shoulders. Her eyes grey as the sea were hard and fell, and yet tears gleamed in them. A sword was in her hand, and she raised her shield against the horror of her enemy’s eyes”. Che parole. Mi commuovono anche ora che le ho citate qui. Sarò all’altezza di renderle visibili? Questo dipinto mi tormenta da anni. Sono arrivato ad una fase di stallo circa un anno fa. Poi, al Lucca Comics del 2018 ho avuto modo di sottoporlo all’attenzione di Todd Lockwood per chiedere lumi sul come procedere. Durante il suo workshop mi ha mostrato come risolvere alcune criticità ed ora sono pronto a continuare… Sarebbe un sogno completarla per il Tolkien Society Award di quest’anno, ma al momento le possibilità che ciò si realizzi sono scarse.
Per concludere, ti porgo di nuovo i miei e nostri ringraziamenti, con un’ultima richiesta. C’è un augurio che vorresti fare ai giovani artisti tolkieniani in erba? Intanto ti offro il mio, in lingua Quenya, perché ci sono cose che solo la lingua degli Elfi di Aman può dire. E allora, caro amico, con l’auspicio di risentirci presto, Alassë.
Alassë amico mio e per gli artisti Tolkieniani in erba, Tolkien scrisse: “Fantasy is escapist, and that is its glory. If a soldier is imprisoned by the enemy, don’t we consider it his duty to escape?. . .If we value the freedom of mind and soul, if we’re partisans of liberty, then it’s our plain duty to escape, and to take as many people with us as we can!”… Le chiavi per liberare il soldato sono nelle vostre mani.
Con la stagione primaverile che avanza si consolida anche il programma delle feste e degli eventi pubblici a tema (almeno in parte!) tolkieniano: anche quest’anno siamo decisi a fare la nostra parte, per trascorrere assieme ai nostri amici di tutta l’Italia bei momenti, immersi nelle atmosfere della Terra di Mezzo. Per non perdere il filo, vi proponiamo un riepilogo dei nostri appuntamenti di qui ai prossimi mesi, tra quelli che organizzeremo e quelli a cui prenderemo parte. Contiamo di incontrarvi proprio tutti, perciò prendete nota – ma tenete presente che non è finita con l’elenco che segue, vi saranno altri appuntamenti che confermeremo a breve: mantenetevi sintonizzati!
Aprile
Questo mese l’abbiamo iniziato all’insegna di Tolkien e allo stesso modo lo chiuderemo. Assieme agli amici dell’associazione di promozione sociale Eternia, fondatrice della Biblioteca Silmarillion dedicata al mondo fantasy, gaming e videogaming abbiamo partecipato alla giornata conclusiva del progetto Il girotondo delle Biblioteche promosso dal Polo Bibliotecario TA1 di Taranto grazie ai fondi MIBACT. Il progetto ha realizzato 10 eventi in altrettante biblioteche della Provincia di Taranto, proponendo una serie di attività legate insieme dall’utilizzo del gioco, dal tradizionale al digitale, per promuovere il dialogo intergenerazionale tra le giovani generazioni e gli anziani delle diverse comunità e mostrarne l’efficacia come bene culturale utile alla riscoperta degli spazi bibliotecari. Così, il 5 di aprile, ci siamo ritrovati tutti all’aula magna dell’IISS Pacinotti-Fermi di Taranto, a parlare di gioco come fenomeno didattico e culturale con Gilbert Gallo e la prof.ssa Patrizia Capobianco; a confrontarsi sul gioco e le nuove tecnologie della realtà virtuale e della realtà aumentata con don Patrizio Coppola (fondatore dell’Università del’Animazione e del Videogioco), la psicologa Lorena Tinelli e il blogger Daniele Catozzella, di educaredigitale.it; infine, Gianluca Comastri con i suoi studi sul mondo tolkeniano, in merito ai quali abbiamo consegnato alle biblioteche del Polo TA1 i libri dell’autore assieme ad alcuni giochi da tavolo.
Domenica 28, come dicevamo, per chiudere il mese in bellezza diamo invece appuntamento a La Fiasca, lounge bar situato in un bel contesto verde nel centro a Forlì: assieme all’associazione Tolkien nelle Marche – I Cavalieri del Mark che patrocina assieme a noi assisteremo all’esposizione di Giovanni Carmine Costabile, studioso tolkieniano di ritorno dall’esame dei manoscritti inediti di Tolkien presso le Bodleian Libraries di Oxford, che terrà una disamina dei temi interrelati dell’amore e della bellezza nell’opera tolkieniana desunti dalle sue ricerche a Oxford (poi confluite nel libro Oltre le Mura del Mondo: Immanenza e Trascendenza nell’opera di Tolkien). Introducono la relazione il presidente dei Cavalieri del Mark Giuseppe Scattolini, il delegato della Società Tolkieniana Italiana ed esperto di lingue elfiche Gianluca Comastri e la studiosa tolkieniana Greta Bertani. Ad accompagnare la serata, direttamente dal Conservatoire de la Ville de Luxembourg, l’arpa celtica di Camilla Nangeroni.
Maggio
Il mese prossimo a tener banco sarà ovviamente Tolkien Archive. Il 18 e 19 maggio 2019 la città di Barletta ospiterà nel suo maestoso Castello l’evento Tolkien Archive: Un arazzo dalle filature mitiche e intarsi elfici, traduzionedal titolo suggerito dall’ospite d’onore Catherine McIlwaine, Myth-woven and elf-patterned, già noto dall’edizione inglese. L’evento rappresenta un nuovo modo di concepire gli Studi Tolkieniani in Italia: non si rivolge solo agli studiosi, ma anche a chi vorrà approfondire la conoscenza dell’autore, dell’uomo, dell’accademico e dell’artista Tolkien.
Il punto di partenza è quello che riteniamo essere il maggior patrimonio lasciato da Tolkien: il suo archivio. Cuore centrale dell’evento saranno tre sessioni che permetteranno a studiosi e appassionati italiani di conoscere il suo contenuto, come esso sia giunto alla Bodleian Library e quanto possa ancora raccontarci di Tolkien. A condurre studiosi e appassionati in questo affascinante viaggio sarà proprio Catherine McIlwaine, che da anni si occupa di conservare, studiare e autorizzarne la consultazione dell’archivio di Tolkien a Oxford. L’evento, vedrà oltre le sessioni di studio anche la presentazione dei libri da lei curati e una tavola rotonda sull’importanza delle biblioteche e degli archivi per le ricerche ma anche per la diffusione di storia e cultura, alla quale prenderanno parte studiosi e docenti italiani che dialogheranno con Catherine McIlwaine. A margine, anche un momento ludico con le sessioni di gioco di ruolo su L’Unico Anello.
L’iniziativa godrà del patrocinio della Città di Barletta e il supporto dell’Archivio di Stato – Sezione di Barletta, della Biblioteca Comunale di Barletta “S. Loffredo”, dell’Associazione del Centro di Studi Normanno-Svevi. A questi si aggiungono la Società Tolkieniana Italiana, l’associazione Tolkien nelle Marche – I Cavalieri del Mark, i partner Eldalie, Tolkien Italia e RicreApulia e il supporto tecnico del Fiof – Fondo Internazionale per la Fotografia e la English School The Gate. Il progetto, che vede questo come suo punto di partenza, ha anche trovato il prezioso supporto e condivisione della Tolkien Society inglese, che proprio nel 2019, ad agosto, celebrerà a Birmingham i suoi primi cinquanta anni con il grande evento Tolkien2019.
Per il mese di giugno, che dire se non che finalmente “ripartiremo per una nuova avventura”?
La XXV edizione di Hobbiton si svolgerà nei giorni 22 e 23 giugno nel maestoso Castello Carlo V. A due passi dal mare e dal porto, nel cuore del centro storico della città turistica pugliese, sarà la Città di Monopoli a ospitare la nostra grande festa!
Il programma, come di consueto, prevederà un’ampia serie di occasioni di intrattenimento: giochi, bancarelle tematiche, libri, arte, conferenze e presentazioni, mostre, musica dal vivo, gastronomia locale e soprattutto tanto divertimento alla maniera degli hobbit, il tutto in continuità con la calda atmosfera tipica de I Regni del Sud, il nostro filo conduttore delle edizioni dal 2014 a seguire svoltesi in terra di Puglia. Man mano che saranno definiti gli accordi vi presenteremo tutti gli ospiti e le attrazioni che si alterneranno nei due giorni dell’evento: per non perdervi nemmeno un particolare vi raccomandiamo di consultare periodicamente la pagina dedicata.
https://www.tolkien.it/wp-content/uploads/2019/04/EventiSTI.jpg395890Gianluca Comastrihttps://www.tolkien.it/wp-content/uploads/2016/06/logo_sti2.pngGianluca Comastri2019-04-26 13:32:362019-04-26 13:32:36Primavera con la STI: i nostri eventi
Cari amici, Cavalieri del Mark e Tolkieniani Italiani,
ci sarebbero molti modi di cominciare questa breve biografia di Maurizio Migliori, che ho avuto il piacere di intervistare per voi. Io l’ho conosciuto ad un passo dal pensionamento, è stato (ed è ancora) uno dei miei professori all’università di Macerata: ho seguito molti suoi corsi e seminari sui testi di Platone e quello che ricordo con maggior piacere e commozione è stato il primo, quello sulla dialettica platonica, che seguii nel mio secondo anno di università.
Quel corso mi ha davvero cambiato molto. Mi ha insegnato a ragionare, a scavare dentro i testi, ad essere curioso e appassionato, ed a fare in modo che sia il desiderio l’asse portante, il traino e il metodo degli studi.
Ricordo ancora, tra l’altro, il giorno in cui il professor Migliori si presentò in aula con le lacrime agli occhi: era il 15 ottobre 2014, giorno della morte di Giovanni Reale. È stato uno di quei giorni in cui poter dire con orgoglio “io c’ero”. Non lo dimenticherò mai.
Giovanni Reale è stato colui che ha portato in Italia il nuovo metodo di Tubinga: la lettura dei dialoghi di Platone non come se fossero ciascuno di essi dei testi a sé stanti, ma come un tutt’uno, come un corpus unitario che trova la sua compiutezza nelle “dottrine non scritte”, quelle dottrine che Platone tante volte annuncia ma che non scrive mai, e di cui abbiamo delle tracce negli scritti dei suoi allievi, come Aristotele. Tramite Reale nacque così la “scuola Tubinga-Milano”, che ha rivoluzionato gli studi in materia.
Al suo ingresso in università, la Cattolica di Milano, il professor Reale ebbe come primo allievo, e primo laureato, Maurizio Migliori. È stato da allora, siamo negli anni caldi del ’68, che è iniziata una delle più proficue collaborazioni tra maestro e allievo che la storia possa ricordare: lo dico perché io, come tante altre persone, sono un po’ uno di quelli che hanno raccolto questa eredità a Macerata. Infatti, il professor Migliori per anni è stato impegnato in politica nelle lotte del ’68, e questo fu il motivo fondamentale per cui non entrò in università immediatamente, ma dovette aspettare 24 anni di insegnamento nelle scuole superiori prima di vincere la cattedra a Macerata, dove era all’epoca mancante un vero e proprio studio di antichistica in filosofia.
Grazie al professor Migliori la tradizione è proseguita anche qui da noi, e la scuola Tubinga-Milano è ancora viva ed è diventata la scuola Tubinga-Milano-Macerata. Ad oggi, il metodo della scuola sta venendo proposto dal professor Migliori e dalla sua allieva, la professoressa Arianna Fermani, in modo nuovo, sotto il nome di “Multifocal Approach”: nell’intervista è lo stesso Migliori a spiegare che cosa sia.
Da parte mia, posso solo dire che è stata una fortuna per me avere Migliori come professore, maestro ed insegnate: una persona viva, vivace, orgogliosa delle sue battaglie politiche nella sinistra (quella vera, direbbe lui) del 1968. Se noi oggi portiamo i jeans lo dobbiamo anche alle persone come Maurizio Migliori, che all’epoca ebbero il coraggio di andare contro i propri genitori anche per queste cose che oggi sembrano delle piccolezze: faccio l’esempio dei jeans proprio perché lui ce lo ha ripetuto un’infinità di volte a lezione, nelle sue “cavalcate selvagge” di esempi biografici per spiegare a noi studenti i dialoghi di Platone.
Nell’insegnamento, Migliori non ha mai fatto “ideologia”, mai: ci ha solo e sempre insegnato Platone, ed attraverso di lui ad essere dei filosofi. Un esempio umano, prima che accademico, che tutti noi dovremmo imparare a seguire. Dati soprattutto i trascorsi politici e ideologici del mondo tolkieniano di cui tutti sappiamo, e che non tutti vorrebbero vedere morti e sepolti.
Giuseppe Scattolini
Tolkieniani Italiani – Società Tolkieniana Italiana – Associazione “I Cavalieri del Mark”
Presentano
Trascrizione di Dante “Farmer Maggot” Valletta
dell’intervista orale realizzata da Giuseppe Scattolini
al Professor Maurizio Migliori
Università di Macerata Facoltà di Lettere e Filosofia – Gennaio 2019
Anzitutto grazie, professore, per aver concesso questa intervista ai Tolkieniani Italiani, alla Società Tolkieniana Italiana e ai Cavalieri del Mark. La prima domanda che le faccio è questa: lei è un appassionatissimo studioso di Platone; come si coniuga una vita di studi di altissimo livello su uno dei filosofi più grandi dell’Occidente con una passione come la sua? Perché vede, nei Tolkieniani è presente questa spaccatura fra appassionati che fanno fatica a studiare e ad appassionarsi, appunto, agli studi, e studiosi che invece perdono quella sana e genuina gioia della scoperta. Io nella mia esperienza di suo studente ho visto in lei una gioia costante unita ad una profondità unica di lettura; come si fa a tenere insieme questi due livelli, questi due binari che nel mondo Tolkieniano pare corrano parallelamente senza incrociarsi mai e che nonostante ciò sono tanto importanti sia in sé che l’uno per l’altro?
Sai, qui io credo che ci sia un dato della cultura dell’Occidente che ha radici molto lontane, come tu sai, e cioè la spaccatura tra Scienza e Mito, tra Filosofia, tra pensiero razionale e Mito, e cioè il fatto che un problema può essere affrontato razionalmente, come siamo normalmente abituati a fare, e può essere però affrontato anche con racconti; il Mito, il Grande Mito. Voglio dire, non credo di dover dimostrare che, non so, il nostro Leopardi, visto che siamo qui a Macerata, il nostro Leopardi nell’Infinito fa un discorso di una grandissima profondità teorica, su cui si può meditare e riflettere. Certo, il Mito va affrontato in un certo modo, non è la razionalità del ragionamento, delle matematiche, della Filosofia, e via dicendo, e tuttavia non è irrazionale, perché affronta un problema e cerca di inquadrarlo, cerca di presentarlo nella forma migliore. E allora, la separazione invece da noi… Be’, noi originariamente eravamo per il Mito, anche la nostra società è basata su grandi Miti, fin dall’antichità, il mondo Greco era basato su Omero, e poi su Esiodo, il mondo Ebraico, che poi sono confluiti, era basato sui grandi Miti della Bibbia, e via dicendo. Cristo stesso, ogni volta che deve spiegare una cosa, racconta una Parabola, non è che fa altro. Però questa separazione funziona, e allora non possiamo dire che il Mito non c’è nella nostra cultura, però certamente è estremamente secondario. La Scienza è sempre più, tra virgolette, “arida”, senza anima; non vi è nessun dubbio credo, da parte nostra, che quando il Racconto affronta un problema c’è una bellezza, se il mito è un Grande Mito, come solitamente è, che non è paragonabile alla bellezza del ragionamento. Il ragionamento è bello: un’equazione può essere bella, una partita a scacchi può essere bella, e tuttavia la bellezza del racconto è un tipo di bellezza diversa. La realtà non è mai semplice, ci sono bellezze e bellezze; la bellezza di un ragionamento nella sua perfezione, nella sua concatenazione; di una equazione quando un matematico, io non sono un matematico, dice “guarda che bella equazione!”, io capisco quello che lui prova, anche se io non provo assolutamente niente davanti a quella equazione; ma ricordo quando giocavo benino a scacchi che c’erano certi momenti in cui ci fermavamo dicendo: “Guarda che situazione bellissima!”. Ed è una bellezza reale, non è inventata, chi ha gli occhi giusti la vede, no? Quindi ci sono questi elementi, noi ci siamo un po’ inariditi, e di conseguenza il Mito stesso si impoverisce. La grande poesia di Leopardi richiede capacità razionali in modo da cogliere quella ricchezza, se no non la vedi, se no il Mito rimane senza luce, non riesce a fare quell’operazione di scaldarci il cuore, se possiamo andare sul poetico, che invece è proprio tipico del Mito. Allora, da questo punto di vista Platone, come tu sai benissimo, modula continuamente queste due cose. Non solo perché mette sempre in scena, come dire, un episodio, una “fiction”, a volte anche molto drammatica, compresa la morte di Socrate, una pagina immortale della nostra letteratura, una delle pagine senza le quali l’occidente non è occidente; la morte di Cristo e la morte di Socrate sono le due grandi morti che segnano tutta la nostra civiltà. Quindi Platone ha questa ricchezza, noi ci avviciniamo alla verità ragionando e ci avviciniamo alla verità mitologizzando. Bisogna usare entrambi gli strumenti. Tanto più il discorso poi è astratto… i valori.. e tanto più il Mito serve. E questo in Tolkien si vede benissimo. Il racconto di Tolkien è pieno, di valori. Io, a differenza di voi, non ho dedicato tutto il tempo che sicuramente voi avete dedicato e continuate a dedicare [a Tolkien], ma pensa a come è forte in Tolkien, secondo me, poi se sbaglio correggimi pure, il senso del limite, che è un grande concetto in Platone; che è il fatto che possiamo essere umani, o comunque di altre “razze”, ma sempre limitati, con certi condizionamenti. Quindi, come dire, i Nani hanno i loro, gli Elfi hanno i loro, gli Umani hanno i loro; e tuttavia l’intreccio tra questi dà luogo a una Compagnia che alla fine raggiunge una cosa che, obiettivamente, a metà del racconto sembra proprio che non ce la faranno. Quindi vedi che, come dire, il collegamento non è poi difficilissimo. Però bisogna avere un’apertura alla ricchezza di esperienze che la nostra vita e la cultura in cui viviamo ci mette a disposizione. Certo che se uno pensa solo a far matematica, e uno pensa solo a divertirsi nel Mito, fa male il Mito, e quello fa una matematica che, io spero che lo renda felice, ma ho qualche dubbio, insomma.
Lei professor Migliori è uno dei lettori di Tolkien della prima ora, domanda da collezionista: ricorda per caso se fosse la primissima edizione Rusconi quella che lei ha letto de Il Signore degli Anelli, quella con la copertina bianca e nera del 1970? Volevo anche chiederle: in merito alla sua lettura di Tolkien di anni fa, quali furono le sue impressioni sul testo in relazione a quegli anni caldi della politica italiana in cui lei fu impegnato in prima persona? Rispetto a ciò che ha vissuto e visto con i suoi occhi, come era recepito Tolkien negli anni ‘70 del secolo scorso?
Allora qui c’è proprio, sai, una delle storielline carine che posso raccontarti. Ovviamente non mi ricordo se fosse l’edizione del ‘70, io ce l’ho ancora, se fossimo a casa mia andrei a controllare, ma direi di no, non credo fosse quella; credo di averla comprata diciamo nel 1980, quindi dubito che sia quella. Era il “volumone” della Rusconi, anzi adesso dovrei comprarne un altro perché è veramente un po’ consunto, perché l’ho letto io, l’ha letto mia moglie, l’hanno letto i miei figli, quindi a forza di rileggerlo, un libro grosso in quel modo, ha i segni dell’amore con cui è stato accompagnato. No, il punto che a me interessa raccontarti è che, sai, anche quando ho insegnato, io ho insegnato per vent’anni alle superiori, ma tu mi conosci, io sono una macchinetta, continuo a inventar cose, e anche in quegli anni, che erano poi anni molto particolari, gli anni 70-80 sono stati anni di barricate, di continue invenzioni di cose, sperimentazioni, e via dicendo; e quindi la sezione F del mio Istituto, che era la mia sezione, del mio Istituto; e tutta Como sapeva che voleva dire questo, organizzavamo continuamente cose. E una delle cose che abbiamo organizzato, con un giovanissimo mio amico, che sarebbe poi diventato Professore Universitario proprio nel settore della Comunicazione, Fausto Colombo, che insegna in [Università] Cattolica; e gli ho detto: “Vieni a fare una serie di incontri” e via dicendo, anche perché Fausto era, ed è, un tipo brillantissimo, molto vivace, quindi figurati, in un Istituto Magistrale… e lui ha fatto una serie di lezioni bellissime, molto utili alle ragazze, ma anche utili a me, e durante una di queste lezioni, me lo ricordo benissimo, ha citato Tolkien, e si è rivolto alle ragazze dicendo: “Ma l’avete letto, no? Non l’avete letto? Ma che cosa avete fatto!? È un libro bellissimo! Che va letto!” Nota che non aveva ragioni ideologiche eh, non è certamente un uomo di destra, anche se gli anni erano quelli, e Tolkien aveva quella forte caratterizzazione ideologica, ma Fausto, come il sottoscritto, non si lascia condizionare dal timbro che ci mette sopra altra gente, eventualmente vado a leggere, e vedo se il timbro è meritato o no. E io sono rimasto folgorato da questa affermazione di una persona che io stimavo tanto. Ha detto: “È un libro bellissimo! Che dovete leggere assolutamente!” Lui si rivolgeva alle ragazze, ma io poi ci metto per me, quindi quanto prima mi sono comprato i libri, e pensa che sono partito da Lo Hobbit, neanche dal “grande” Tolkien; e comunque anche, per chi non ha letto il Signore degli Anelli, già Lo Hobbit è un bel libro, obiettivamente, cioè se uno parte prima dal Signore degli Anelli, secondo me, non lo so, si può discutere, potrebbe avere qualche piccola delusione. Quindi, letto Lo Hobbit, poi subito dopo mi sono letto Il Signore Degli Anelli, senza lasciarmi certo condizionare da quello che in quegli anni si faceva, i campi Hobbit e via dicendo. Anche perché sinceramente io, lui poi era cattolico, sicuramente un moderato, elementi di cultura di destra non ne ho visti proprio. Ma credo che non fosse questo che gli interessasse, anzi, ci scommetto proprio; voi lo sapete meglio di me, che conoscete Tolkien per tanti aspetti della sua vita, delle sue scelte. A me non mi sembra che sia un libro, come dire, ideologicamente impegnato. Un libro valorialmente impegnato, culturalmente impegnato, quello sì. Ma i valori non sono proprietà di qualcheduno, che se le mette in tasca e dice sono miei.
Grazie alla biografia di Tolkien e agli studi in merito, sappiamo quanto lui, ricordato oggi dai Tolkieniani come “il Professore”, tenesse ai suoi studenti. Era un vero e proprio Maestro per loro, e forse se avesse dedicato loro meno tempo, avrebbe scritto di più e avrebbe fatto più studi. Tuttavia non possiamo nemmeno dire che il tempo passato con gli studenti sia tempo perso: lei che nella vita ha avuto un grande Maestro, oltre che suo professore, come Giovanni Reale, cosa può dirci riguardo al rapporto che si instaura in ambito accademico tra un Professore e il suo studente, il Maestro e l’allievo, quanto è importante il tempo che si dedica a questa che potremmo definire istruzione orale, le cui uniche tracce scritte sono quelle lasciate nell’anima? Questo tra l’altro è certamente un lato dell’insegnamento che Platone stesso valorizzava tantissimo; cosa può dirci in merito rispetto, dunque, tanto ai suoi studi quanto alla sua esperienza diretta, tanto di studente e allievo che di professore e Maestro, studioso tra l’altro di un grande come Platone?
Qui il riferimento a Platone è interessante, perché Platone, come tu hai ricordato, ritiene che il vero insegnamento è quello che si fa guardandosi negli occhi, parlandosi, ricercando insieme, e via dicendo. E tuttavia Platone Per i suoi tempi ha scritto un sacco di roba; cioè rispetto al momento storico in cui lui ha scritto, lui ha scritto un’enciclopedia, perché i testi erano tutti brevi, anche per ragioni economiche; e lui ha scritto veramente tantissimo, basta prendere ad esempio, dato che ce li abbiamo, I Dialoghi; o un libro di dieci libri come La Repubblica, o uno in dodici come Le Leggi, e poi un sacco di Dialoghi anche molto lunghi, e poi un sacco di Dialoghi brevi; allora: perché? Per il motivo per cui ha scritto Tolkien, secondo me. Perché lì il problema non è del tempo, il problema è dello sguardo, il Maestro è colui che guarda e che fa le cose sempre pensando ai suoi allievi. Non pensa al suo successo… ma oddio poi sai, ci sono le debolezze umane, però come dire l’asse, il binario su cui è situato è: “Questa cosa allora è utile, questa cosa magari li fa pensare, li fa scoprire, li fa sentire” questa cosa, più del tempo, è importante, perché tu ti poni in un’ottica di servizio, un’ottica in cui quello che conta è, sì, certo, anche il tempo, perché se non c’è tempo questa operazione… cioè non so quanto tempo ci ha messo a scrivere tutti quei libri il buon Tolkien, ma certo ci ha dedicato tanta fatica, tanto tempo, per gli altri; e devo dire è anche riuscito. Allora, in questo senso, io credo che tutte le letture ideologiche sono proprio sbagliate, perché si mettono su un asse completamente diverso. Io lavoro per te, allora andiamo a vedere che cosa, che tipo di lavoro mi proponi, qual è la speranza che uno scrittore, un Maestro, ha nei riguardi dell’effetto che determina nel lettore o nello studente: se uno vuol convincere di una sua tesi, politica, ideologica, il lettore, non può dire che sta lavorando per lui. Sta lavorando per quella idea, cosa legittima magari, non discuto, ma non sta lavorando per il ragazzo, per il giovane, per il lettore. Lavorare per il lettore vuol dire: “Qualunque sia la cosa che tu pensi, o che tu penserai (a meno che tu non sia proprio… come dire, l’incarnazione del male, adesso non voglio citare le cose precise ma, proprio spregevole e indegno del rispetto, proprio: il male), a me va bene quello che tu pensi. Poi magari se non siamo d’accordo litighiamo, certe volte il litigio fa anche bene alla circolazione sanguigna, no? A me interessa che tu abbia la percezione di certe cose. Dicevo prima del senso del limite: che lo veda, nel racconto, nella debolezza, anche dell’eroe più fulgido, no? Chi è l’eroe, in quel racconto? Tu che sei un Tolkieniano di ferro, vedi che è una domanda da far tremare le vene ai polsi! Perché alla fine nessuno è l’eroe, e un po’ tutti sono eroi alla misura umana. Ognuno, alla sua misura, riesce a realizzare qualcosa. Allora, tu pensa appunto al dibattito su cui io ho sorvolato, ma che quando ero negli anni ottanta era invece sugli scudi: allora, da una parte la sinistra che temeva l’irrazionalismo, questa era la paura: “Eh no, bisogna affrontare le tematiche secondo una logica in cui la situazione economica, la situazione politica, la lotta di classe…” cioè una serie di cose, non ho niente da dire su questa faccenda, ma perché ogni posizione che non sia ancorata a questo modo di ragionare, e che sia evocativa, che sia poetica, deve essere subito abbandonata perché irrazionalista? Chi l’ha detto? La poesia deve essere razionale? No, Dio ci liberi! No? Deve essere profonda, intelligente, evocativa. Deve suscitare grandi sentimenti; non so se possiamo dire se Shakespeare è razionale, non capisco che c’entri. Invece l’altra parte, la destra, andava verso la mistica, quindi prendeva dei valori, quelli sì, temo, irrazionali, e li faceva diventare il testo; e a me non sembra che il testo dia questo. Come al solito, come dicevo fin dall’inizio, c’è questa separazione, che non ha molta ragione d’essere, non ha molta ragione di essere applicata a un’opera così bella come il Signore degli Anelli, rovinando poi tutto, alla fine.
Per ultimo vorrei farle una domanda sul “multifocal approach” che lei in primis e l’intero settore di antichistica degli studi storici in Filosofia dell’Università di Macerata state portando avanti e proponendo al mondo accademico nazionale ed internazionale. Tolkien si studia e si capisce solo mettendo insieme un gruppo di persone molto preparate in ambiti diversi, dalla traduzione alla filologia, dalla linguistica alla filosofia, fino agli studi storici, biografici e teologici. Secondo lei, il metodo del multifocal approach può essere utile anche negli studi Tolkieniani? Può spiegarci in poche parole e nei limiti del possibile in che cosa esso consiste? Ed infine, proporre un nuovo paradigma alla comunità scientifica è certamente cosa ardua; cosa consiglia ai Tolkieniani che desiderano vedere Tolkien studiato all’Università? Lei appoggerebbe ad esempio una domanda di Dottorato in cui Tolkien sia compreso?
Perché no? Io ho discusso una Tesi, mi ricordo, sull’uso in guerra, guerra contemporanea, cioè di oggi, delle forze corazzate rispetto alle altre forze. Siccome nessuno se la sentiva di fare il correlatore, io che mi sono occupato, siccome sono pazzo, anche di queste cose, ho fatto un dibattito interessantissimo, c’erano tutti i colleghi con gli occhi fuori dalle orbite; quindi, affrontato con la dovuta… ecco, però mi raccomando eh? Poi entriamo nel merito della tua domanda, senza paludare troppo il nostro Tolkien. Un ragazzo di liceo, quindi un po’ cresciutello, che si legge Tolkien e ne rimane incantato, a me va benissimo. Poi c’è una lettura che può fare un “intellettuale” messo tra virgolette, penso, come termine, serio. Poi c’è una lettura che può fare uno studioso di Tolkien, ad un altro livello. Vedi: il multifocal già comincia a vedersi. Bisogna dire che la lettura del ragazzo non è vera? Che l’esperienza che ha fatto, che magari gli ha fatto scoprire una serie di valori, non è importante? Gandalf! Quanto fa scoprire Gandalf? Secondo me è un personaggio meraviglioso. Io purtroppo non ho mai potuto approfondire tematicamente, uno deve decidere che vita fare, e quindi dedicandomi a Platone, dedicandomi a tante altre cose, ho fatto l’esperienza del lettore di Tolkien, ma non approfondita come certamente meritava. Ma appunto allora che cos’è il multifocal approach? Multifocal approach vuol dire che noi dobbiamo prendere atto che anche la realtà più semplice come questa penna che tengo in mano, in realtà è estremamente complessa. È complessa in sé stessa: è fatta di tanti pezzi, ha una funzione. Questa penna qua viaggia nel tempo: la porto nell’antico Egitto, gliela regalo. E questi possono valutare: che bel colore, che bella situazione, fa anche un rumore; tic e tac, guarda che carino! Punto. Perché non c’è la carta, e non credo che sulla pelle di montone o sul papiro questa punta rotolante produca grande effetto, dubito. Capisci cosa voglio dire? Cioè anche una cosa ridicola come una penna, dentro ha un sistema di relazioni complicatissimo, quindi può essere vista come oggetto estetico, come una di quelle penne d’oro, con l’inchiostro, che si regalano magari il giorno che si va in pensione, no magari alla laurea di uno in Legge, che magari vuol fare il notaio; ecco, capisci? Può avere un valore estetico, può avere un valore di ricordo: la penna d’oro di mio padre è lì nel mio cassetto, e lì sta. Certo non la uso, perché chi usa più le penne di quel tempo? Però è lì, perché ha un valore di un certo tipo. E poi vi è un valore di uso… cioè, è chiaro? Le cose hanno questa complessità interna ed esterna, e solo approcciandole dai vari punti di vista noi possiamo dire di avvicinarci all’oggetto, perché tanto l’oggetto nella sua perfezione non lo avremmo mai, perché tutto ha tante facce, e noi vediamo sempre una faccia e non le altre. Può essere utile affrontare Tolkien in questo modo? Ma io mi chiedo com’è possibile non affrontarlo in questo modo!? La Compagnia dell’Anello: più multifocale di quello! Non so se ci sono studi del genere, ma se tu avessi qualcuno che vuol fare uno studio io gli direi: le varie anime della Compagnia dell’Anello! Perché certamente come la vive Aragorn, e come la vive Gandalf, e come la vive Frodo, e come la vive il nano, eccetera, non è la stessa cosa, perché ognuno di loro rappresenta una cultura diversa, ha delle aspettative diverse e delle aspettative comuni; il gioco è sempre simile e dissimile, identico e diverso, E allora sarebbe interessante vedere in che misura Tolkien stesso è riuscito a darci questa calibrazione. Essendo un artista magari c’è riuscito, non lo so, io non ho, non ho mai fatto… Uno dei miei sogni era andare in pensione, cosa che ufficialmente è successo tre anni fa, ma tu sai che continuo a lavorare come prima, quindi… Se alla fine mi fermerò e verrò a Macerata una volta ogni tanto, be’, Il Signore degli Anelli è sicuramente uno dei libri che devo rileggere, è nell’elenco di quelli che (spero di campare molto a lungo per poterli rileggere) spero proprio di poterlo rileggere insieme a tanti altri libri che vorrei rileggere, e magari farò attenzione a questa cosa, ma voi che siete così tanto impegnati nell’approfondire, non so se qualcuno ci ha pensato a una cosa del genere, ma mi sembra non priva di interesse, perché in fin dei conti il viaggio è unico, il problema è unico, perché il problema è il Male che arriva e che quindi va affrontato con il massimo di unità possibile, con tutte le tensioni e le rotture che continuamente avvengono, le cadute, i tradimenti… Tradimenti è un po’ “pesante” però ci si arriva certe volte proprio vicino vicino, no? E però uno è Nano, quell’altro è Elfo, e non si trovano simpatici d’emblée, no, immediatamente; quell’altro è Umano, e quindi come dire c’è quello di una città, quello di un’altra città, e quindi se tu questo gioco polivalente, che sarebbe bello ricostruire e vedere in che misura ha peso nella vicenda, considerando che poi è questo che spiega l’imprevedibilità, fino al tradimento da parte di quello che avrebbe dovuto essere il capo dei Maghi, degli Stregoni, non so qual è il termine più giusto, e che invece a un certo punto subisce anche lui il fascino del male, perché appunto siamo sempre in relazione, bene e male ci sono tutti e due, ed ogni volta noi siamo lì che tiriamo. E quello che fino a quel punto sembrava l’elemento forte di cui Gandalf si fidava, è quello che rischia di aiutare, di determinare la vittoria del peggior nemico, che poi uno ci pensa un attimo e dice: “evidentemente ha perso il lume della ragione”, perché col Male non si può fare un patto, perché se il male è male, non rispetterà il patto; o lo rispetterà solo fino a quando, se, come, gli pare a lui. Perché non gli puoi dire: “ma tu adesso mi stai tradendo”, il male ti guarda e ti dice: “Tradendo? Non capisco la parola, non è nel mio vocabolario”. Sarebbe interessante secondo me questo approccio, vedere in che misura Tolkien stesso ha giocato sui vari tavoli. Ci vuole uno studioso che gli dedichi il tuo tempo. Può essere una bella tesi di laurea, sicuramente.
Grazie Professore, grazie mille.
Va bene, spero, non so se ti sembra interessante è quello che abbiamo detto…
Interessantissimo, veramente. Una delle più belle interviste che abbiamo mai fatto.
Allora… no, no, a me basta che… perché la cosa a cui io tengo sempre è che uno non esca dicendo: “Ma tu guarda quanto tempo perso” allora non ne è valsa la pena, allora è un peccato. Se invece sei contento, basta, siamo contenti tutti.
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Tolkien 2019, la raccolta video
L’evento tolkieniano per antonomasia di quest’anno si è da poco concluso: prima ancora di tirare le somme e di pubblicare i resoconti di chi di noi lo ha vissuto in prima persona, offriamo a tutti la possibilità di rivivere panel e speech direttamente dal canale video dedicato allestito dalla Tolkien Society, in cui sono collezionati tutti i momenti salienti di questa magnifica adunata.
Buona visione!
Tolkieniani Italiani: Nicolò Dal Grande, Marco Gentili e ANCDS
Presentiamo una realtà forse ancora poco conosciuta ai più, ma da cui è legittimo aspettarsi notevoli contributi alla causa dei Tolkieniani Italiani: si tratta di un gruppo localizzato tra la riviera romagnola e la Repubblica di San Marino, lanciato qualche tempo fa da Adolfo Morganti e ora affidato alle cure dei giovani che vi si erano aggregati nel tempo, consolidandosi via via come gruppo organizzativo. Li intervista Giuseppe Scattolini.
Cari Marco Gentili e amici di San Marino, Rimini e de Il Cerchio. Anzitutto, benvenuti nei Tolkieniani Italiani: parlateci un po’ del vostro progetto de “Il Raduno” di San Marino, le idee, i valori e le persone che ci sono dietro. Come raccontate Tolkien, e come secondo voi dovrebbe essere raccontato?
Nicolò Dal Grande: Caro Giuseppe, grazie a te e ai Tolkieniani Italiani per il contatto e la curiosità dimostrata verso il Raduno. E’ un progetto ambizioso, che raccoglie un’importante eredità passata e che il nostro gruppo vuole portare avanti, crescendo sul piano della qualità e delle proposte. L’opera letteraria del professore rappresenta, per ognuno di noi, un punto centrale nella nostra formazione come persone; non rappresenta un hobby o una semplice passione letteraria: la simbologia che sta alla radice del lavoro di Tolkien è importante e va preservata. Tolkien, parlo a titolo personale, non va raccontato….va scoperto. E’ come intraprendere un “viaggio inaspettato”…la gioia di percorrere monti e foreste sconosciute che, all’improvviso, ti portano a comprendere che non stai seguendo un sentiero qualunque, ma stai percorrendo la via che porta a scoprire te stesso. E’ l’opera stessa che si racconta da sé, se hai testa, cuore e soprattutto onestà per ascoltarla. Tutto questo è alla base del “Raduno”, che quest’anno raggiungerà la sesta edizione.
Marco Gentili: Caro Giuseppe, in primis grazie per l’opportunità che ci dai per far conoscere il nostro gruppo tolkieniano e il Raduno. La fondazione del nostro gruppo ha alla base una passione sfrenata per il professore di Oxford, ma non solo: anche e soprattutto la salvaguardia e la divulgazione di tutti quei valori che egli ha trasmesso nelle sue opere. Il Raduno, fin dalla sua prima edizione, ha voluto portare avanti questi obiettivi, dando la possibilità agli appassionati e agli studiosi del settore di esprimersi in totale libertà a proposito di Tolkien e, più in generale, del fantastico e della fantascienza.
Vorrei che adesso, dopo averci spiegato un po’ i “fondamenti” del Raduno, ce ne raccontaste la storia. Quando nasce e da chi? Con quale desiderio?
N: Il progetto del “Raduno” nasce curiosamente negli anni in cui stava uscendo nei cinema la trilogia de “Lo Hobbit”, precisamente negli anni tra il secondo e il terzo film. Ma soprattutto si celebrava il 60° anniversario dell’uscita de “Il Signore degli Anelli”, un caso letterario planetario, una provocazione che ha segnato in profondità la scena culturale europea e che continua a far opportunamente discutere attorno ai destini della nostra civiltà ed alle sfide che attendono ogni uomo contemporaneo. Curiosamente, questo anniversario coincise con il 25° anniversario della prima grande Convention Europea di Letteratura Fantastica che nel 1989 si tenne nella Repubblica di San Marino sul tema “Il Medioevo nel Fantastico”, con la presenza dei più grandi scrittori di fantascienza e fantasy allora viventi e provenienti da tutto il mondo. Questa duplice ricorrenza ha spinto una rete di appassionati e studiosi dell’opera di Tolkien a riproporre a San Marino la convocazione del “Raduno”, un libero incontro di tutti gli amanti, studiosi e curiosi di questo genere letterario. Fondamentale fu l’opera dell’Associazione Culturale Titania – erede della precedente e illustre Fantàsia – che vede in Marco Gentili fra i fondatori e attualmente il suo secondo presidente, promotrice e organizzatrice della manifestazione. In tutto questo non si può non ringraziare delle figure storiche, autentici maestri, che ci hanno tracciato la via, da Adolfo Morganti, tra i soci di Titania e membro del nostro smial, ai vari Paolo Gulisano, Ferruccio Cortesi, Oronzo Cilli, Adriana Comaschi, Chiara Nejrotti, Annarita Guarnieri, Luisa Paglieri…. solo per citare chi mi balza in mente al volo…. troppi sono i nomi…
M: La prima edizione del Raduno si è svolta durante un piovoso giorno di Settembre nella serenissima Repubblica di San Marino. Eravamo quattro amici, con meno di due lire, ma armati di tanta passione per il fantastico. Nonostante le difficoltà, siamo riusciti a mettere in piedi un incontro per radunare tutti coloro che apprezzavano Tolkien e i suoi lavori. Da qui, appunto, l’appellativo di Raduno. Ovviamente, per raggiungere questo primo piccolo successo abbiamo avuto bisogno di chi “il sentiero” lo aveva già percorso: fondamentale è stata la presenza di Adolfo Morganti, decano del mondo tolkieniano e non solo.
Voi siete anche uno smial, o gruppo tolkieniano, che si riunisce mensilmente. Dove vi vedete? Da quanto tempo siete un gruppo? Vorreste allargare il gruppo a quanti volessero prendervi parte ed aiutarvi nell’organizzazione delle attività? Che cosa vi ha uniti? C’è una stirpe della Terra di Mezzo che vi rappresenta di più, e perché?
N: Prima di tutto siamo amici. Amici legati da un profondo legame. Amici con una passione che hanno deciso di unirsi e raccontare questa loro passione per l’opera di Tolkien. Così è nato lo smial; da un nucleo di fondante di 6 persone, siamo giunti ad essere una ventina; vi sono riminesi, riccionesi, sammarinesi…. e il sottoscritto che è un vicentino d’importazione. Ci ritroviamo una volta al mese a San Marino, presso un nostro pub di rifereimento, “La Bettola”. Tutti sono invitati a partecipare alle riunioni dell’Antico Novero Cavalleresco del Decumano Sud (A.n.c.d.s. o Antico Novero per tutti). Lo Smial è in simbiosi con Titania, ma teniamo ben scisse le due realtà; molti sono associati, altri semplici frequentatori. Tra noi abbiamo una preponderanza di nani (il sottoscritto, per carattere diciamo “acceso” è soprannominato Thorin Scudo di Vicenza) e hobbit, ma non mancano gli elfi e abbiamo anche un Uruk Hai. Non ci facciamo mancare nulla.
M: Il nostro smial prende vita circa un anno e mezzo fa intorno al nucleo più significativo dei frequentatori del Raduno, una miscellanea di semplici appassionati, spettatori affezionati ed anche organizzatori e relatori. La volontà è stata fin dall’inizio il confronto amichevole e disteso sui temi tolkieniani davanti ad una buona birra, come vuole l’antica usanza degli Inklinks, allo scopo di mantenersi sempre in contatto e estendere l’esperienza decisamente positiva del Raduno a tutto l’anno. Ovviamente, l’invito ad unirsi a noi è rivolto a tutti coloro che siano interessati al mondo tolkieniano e curiosi di affacciarsi su altri temi correlati al principale, ma spesso trattati in modo brillante e senza alcuna pretesa eccessivamente accademica. Di stirpi tolkieniani nel nostro smial ce ne sono veramente tante, dagli Hobbit, agli elfi, ai nani. Io appartengo a quest’ultima categoria e mi è stato affidato il soprannome di Dain pie’ di Caveja.
Vorrei un attimo tornare sulla questione dei valori della prima domanda, ma da una diversa prospettiva. Essendo amici del grande Adolfo Morganti, tolkieniano dei primissimi tempi e fondatore della Società Tolkieniana Italiana, poi uscitone per divergenze di idee, come vi siete confrontati e come vi confrontate oggi col panorama tolkieniano a livello di associazioni, gruppi, appassionati e studiosi che vi orbitato attorno? Quali sono le linee guida che avete scelto e le direttive che seguirete in futuro? Credete nella possibilità e nella fruttuosità di un unico fronte tolkieniano unito non dalle tessere, come i partiti politici, ma dai valori che Tolkien ci ha lasciato (come aspirano ad essere i Tolkieniani Italiani)? E rispetto al passato che cos’è cambiato nel mondo tolkieniano secondo voi?
N: Come dicevamo, Adolfo fa parte dello smial, dell’associazione che organizza il “Raduno”: non è un amico, è quasi uno “Zio”, oltre che precursore e maestro. Abbiamo uno splendido rapporto con i componenti di “Sentieri Tolkieniani”: ne approfitto per salutare Luca Arrighini e Andrea Giliberto, che speriamo di incontrare nuovamente al più presto. E con piacere sottolineo i buoni auspici sotto i quali si stanno sviluppando i rapporti con i “Cavalieri del Mark”. Abbiamo poi una grandissima stima, nonché un rapporto di amicizia con Oronzo Cilli, Gianluca Comastri: veri studiosi tolkieniani dei quali apprezziamo i lavori. Ma i nomi sono veramente tanti. Crediamo assolutamente nella necessità di fare rete e ampliare le attività. Per ciò che concerne la politica, non dedichiamo spazio a chi vuole rappresentare l’opera del professore attraverso una lettura ideologica e personale. Oggi, a nostro parere, osserviamo un tentativo di “avvelenare” con interpretazioni personali l’opera del professore: questo a causa della sua riscoperta dovuta al successo mondiale dell’opera cinematografica (con tutti i sé e i ma del caso). Noi siamo per la divulgazione e la preservazione degli autentici valori a cui Tolkien consacrò la propria esistenza.
M: Adolfo Morganti è sicuramente una figura fondamentale e necessaria all’interno del gruppo, una sorta di Gandalf dei tempi odierni, una guida decisa e, al tempo stesso, paterna. La sua esperienza ci ha aiutato durante le prime edizioni del Raduno e ci da una mano tutt’ora. Il nostro gruppo è aperto a tutti, a patto che non si voglia avvelenare l’opera del professore con idee e credenze personali. In questo senso, l’idea di un unico gruppo tolkieniano italiano sarebbe fantastica dal punto di vista teorico, ma attualmente, visti gli ultimi accaduti, non lo vedo ancora possibile. Riguardo al mondo tolkieniano passato e presente, direi che fra i due c’è un abisso, che si è venuto a creare nel momento in cui hanno avuto inizio vere e proprie crociate nei confronti dell’opera del professore mirate ad avvelenarla in toto.
Una domandona finale per Marco ed il suo lavoro di regista, dal momento che anche io nutro le sue medesime passioni per i film ed in parte anche per la fantascienza, pur sapendone ovviamente molto meno di lui. Marco, secondo te Tolkien come ha influito sulla cinematografia e sulla fantascienza? Lui è il padre del rinnovamento del genere fantasy, ma come e quanto è stato incisivo altrove? Allo stesso modo?
M: Premettendo che fantascienza e fantasy sono entrambi figli della stessa madre, la fiaba, Tolkien ha ispirato in maniera molto rilevante la fantascienza a livello mondiale, dal Giappone all’America latina, dalla Scandinavia al Sud Africa: possiamo trovare riferimenti e influenze tolkieniane nei film fantascientifici giapponesi come “Pat Labor” oppure in Blockbuster come il recentissimo “Macchine mortali”. Come regista, non posso nascondere che non è possibile non fare riferimenti tolkieniani quando si scrive un’opera fantascientifica: il professore ha condizionato l’immaginario di quasi quattro generazioni ed è destinato a fare altrettanto con quelle future. In una recente intervista, Legi Matsumoto, il padre di Capitan Harlock, ha dichiarato di essersi ispirato a Galadriel per il personaggio di Meeme. Aggiungo, in chiusura, una mia teoria, secondo la quale per il film “Alien covenant” gli sceneggiatori abbiano preso spunto dal Silmarillion, in quanto la creazione del genere umano viene concepita come se si stesse componendo una melodia. Inoltre, come nell’opera tolkieniana Melkor si oppone a Ilúvatar durante la creazione di Arda, così in “Alien covenant” David cerca di elevarsi a creatore opponendosi ad una legge divina, dando vita allo xenomorfo che tutti noi ben conosciamo.
In viaggio verso Isengard!
Siamo lieti di annunciarvi che la prima edizione di “In viaggio verso Isengard si svolgerà nei giorni 27 e 28 luglio: sarà la Città di Viterbo a ospitare la nostra festa!
Questo il programma:
SABATO 27 LUGLIO
Sala Regia – Palazzo comunale
Ore 16.00 “Esiste una mitologia italica?” a cura di Andrea Verdecchia;
Ore 16.30 “Tradizione: Demitizzare la Modernità” a cura di Giovanni Sessa;
Ore 17.00 “Tolkien’s Library – Un viaggio nella biblioteca di Tolkien” a cura di Oronzo Cilli;
Ore 17.30 “Il Mito dei Nibelunghi”, tra Wagner e Tolkien a cura di Francesco Sangriso;
ore 18.00 “Il Mito e la fiaba” a cura di Manlio Triggiani;
Ore 18.30 “Gli influssi celtici nelle opere di Tolkien” a cura di Chiara Nejrotti;
Presso il palco in piazza del Gesù
Ore 19.00 Dott. Why – Gioco a tema tolkieniano
Ore 21.00 Concerto di Claudio Bastoni in piazza del Gesù
Ore 21.30 Concerto di “IXIA” in piazza del Gesù
DOMENICA 28 LUGLIO
Sala Regia – Palazzo comunale
Ore 16.30 “Il gioco di Arda – Viaggio nella storia e nel regno ludico” a cura di Angelica Toritto e Daniele Catozzella. Interverranno Giuseppe Scattolini nonché Michele Marchetti direttore generale Centro Sportivo Italiano;
Ore 17.00 “Tolkien tra storie e leggende” a cura di Paolo Paron;
Ore 17.30 “Da Eowen alle donne guerriere. La guerra dei sessi in Europa Centrale” a cura di Dario Giansanti;
Ore 18.00 “Tolkien e Annio da Viterbo” a cura di Rubin Jacopo;
Ore 18.30 “La Pietà in Tolkien” a cura di Giuseppe Scattolini;
Presso il palco in piazza del Gesù
Ore 20.30 Concerto “The Shire”
In piazza San Carluccio e presso “La Zaffera”
Sabato 27 luglio dalle 16.00 alle 21.00 e domenica 28 luglio dalle 10.00 alle 21.00
Giochi di Ruolo dal vivo e da Tavolo – Esposizione diorami – Esposizione armi tolkieniane
Mostra abiti tolkieniani a cura di Veerena Stima
In piazza San Pellegrino
Sabato 27 luglio dalle 16.00 alle 21.00 e domenica 28 luglio dalle 10.00 alle 21.00
Mostra di quadri a cura di Andrea Piparo
Vi aspettiamo!
Hobbiton XXV
Fervono gli ultimi preparativi per l’edizione 2019 della nostra Festa a lungo attesa: la XXV edizione di Hobbiton si svolgerà infatti nei giorni 22 e 23 giugno nel maestoso Castello Carlo V, a due passi dal mare e dal porto, nel cuore del centro storico della città turistica pugliese di Monopoli che quest’anno è deputata ad ospitare il nostro ritrovo gioioso!
La due giorni, come da nostra abitudine, offrirà momenti culturali e di intrattenimento per dare modo di vivere ed esplorare il mondo legato a Tolkien in tutti i suoi aspetti migliori:
Durante tutti e due i giorni, presso il Castello, vi saranno aree dedicate a mostre e stand artigianali.
Qui un pratico vademecum in formato immagine, comodissimo da scaricare sui dispositivi mobili per averlo sempre a portata di mano e di occhi:
Dunque, l’appuntamento per tutti è a Monopoli per sabato prossimo: vi aspettiamo!
Tolkien 2019, il programma di dettaglio
È stato annunciato il programma completo di Tolkien 2019, il meraviglioso evento internazionale che si terrà a Birmingham il prossimo mese di agosto promosso per i 50 anni della Tolkien Society: come da recente comunicazione degli organizzatori, siamo felicissimi di apprendere che sarà della partita anche Catherine McIlwaine, Tolkien Archivist alla Bodleian Library dell’università di Oxford, che abbiamo avuto l’onore e il piacere di accogliere come ospite a Barletta nel Tolkien Archive curato da Oronzo Cilli.
Vi riepiloghiamo di seguito le principali attrattive della grandiosa festa di Birmingham.
Relatori in evidenza
A cura di Tom Shippey e Oronzo Cilli si terrà l’intervento intitolato Tolkien’s Library: An Annotated Checklist, dedicato alla presentazione del libro Tolkien’s Library (edito da FT Barbini – Luna Press Publishing) che uscirà proprio in occasione dell’apertura dell’attesissimo evento e di cui i due oratori sono rispettivamente autore della prefazione e autore del testo.
A cura di Oronzo Cilli e Giovanni Carmine Costabile avrà invece luogo l’intervento Tolkien and Italy, la storia editoriale delle opere di Tolkien nel nostro paese con tutto ciò che ad essa è correlato. L’intervento sarà incentrato sui contenuti del libro Tolkien e l’Italia (edito da Il Cerchio).
A cura di Padre Guglielmo Spirito OFM è poi annunciato l’intervento A ray of light: the theological vision of Letter 89, per uno sguardo tra le righe dei pensieri più profondi del Professore.
Gli altri relatori italiani
Claudio A. Testi, insieme a Tom Shippey e Thomas Honegger, presenterà il volume Tolkien and the classics, traduzione inglese del progetto portato avanti da anni dall’Associazione Italiana Studi Tolkieniani: terrà inoltre l’intervento Tolkien and Aquinas, in cui si mostrerà come lo scrittore inglese conosceva necessariamente alcune idee filosofiche di San Tommaso.
Lorenzo Gammarelli interverrà su Depth by Paratext: How Forewords and Footnotes Helped J.R.R. Tolkien Develop a Secondary World in The Lord of the Rings, un’analisi del modo in cui ne Il Signore degli Anelli Tolkien usa prefazioni e note per accrescere il “senso di profondità”.
Gloria Larini in Bilbo, Ulysses and the Greatness of the Unknown collegherà alcuni aspetti de Lo Hobbit di Tolkien all’avventura di Ulisse nell’Odissea di Omero.
Marco Scicchitano in The educational project ‘Le Nere Lame’ with Tolkien-based background illustrerà il progetto “Le Nere Lame”, che trova la sua ambientazione nella Terra di Mezzo di Tolkien.
A chiunque di voi vorrà unirsi alla spedizione tricolore e partecipare a questa grande manifestazione in prima fila, è apertissimo l’invito a prendere visione dell’elenco ufficiale delle relazioni e dei panel e a scegliere (anche volendo sarà impossibile seguire tutto in prima persona) tra questa incredibile serie di contributi!
Eventi diurni e serali
Il programma degli eventi è ricchissimo. Oltre 90 presentazioni di studiosi, accademici e fan di Tolkien, dal Regno Unito e da tutto il mondo, dalla Tolkien Society o da altre associazioni: 10 panel che discutono le opere di Tolkien e come vengono illustrate, adattate e pubblicate: vari workshop per abbracciare proprio lato creativo: mostre che raccontano la storia della Tolkien Society e ne esporranno gli oggetti più preziosi dagli archivi sociali.
Ma il Tolkien 2019 non sarà solo una sequenza diurna di conferenze e panel. Anche se questi ultimi ne saranno la parte principale, l’evento vuol essere un’esperienza inclusiva che durerà tutto il giorno e fino a sera. Nelle intenzioni degli organizzatori, i partecipanti si godranno la reciproca compagnia per tutta la durata dell’evento, sfruttando le serate per apprezzare la pienezza dell’impatto delle opere di Tolkien con esperienze conviviali e di spettacolo. Gli intrattenimenti sono programmati per ogni sera e sono inclusi nel costo dell’iscrizione (tranne che per il banchetto): vi sarà una rappresentazione di Leaf by Niggle del Teatro delle marionette, la People’s Orchestra suonerà i temi dagli adattamenti cinematografici di Tolkien, e il sabato l’appuntamento è con la variopinta festa in costume! Vi invitiamo a prendere visione del programma di dettaglio delle attività serali.
Per tutte le altre informazioni, rimandiamo al nostro speciale: buona lettura!
Tolkieniani Italiani – Intervista a Chiara Nejrotti
Chiara Nejrotti è conosciuta da tempo tra i tolkieniani italiani: autrice di saggi ed articoli su Tolkien ed il mito, la fiaba e il simbolo, racconta di aver letto per la prima volta Il Signore degli anelli a 14 anni e di non essere mai più riuscita a staccarsene. Anche gli studi che ha intrapreso in seguito ne sono stati in qualche modo influenzati: si è infatti laureata in filosofia e pedagogia, approfondendo particolarmente tematiche e autori che hanno trattato il confronto tra mito e filosofia e la Storia delle Religioni. Insegna da molti anni filosofia e scienze umane in una scuola secondaria di secondo grado a Torino. Ha conosciuto appassionati e studiosi di Tolkien ancor prima della nascita della STI, di cui è stata tra i primi iscritti. Nella sua città ha partecipato, e a volte organizzato, incontri e conferenze dedicate alle opere del Professore e al fantastico, soprattutto piemontese e alpino. Qui si racconta prendendo spunto dalle domande che le ha posto Greta Bertani.
Sei laureata in filosofia con una tesi sull’uso del mito e della filosofia in Thomas Mann, inoltre ti interessi di romanticismo. E’ noto che anche Tolkien fa largo uso del mito. Puoi raccontarci in cosa, secondo te, l’uso che del mito fa Tolkien differisce, non solo da Mann, ma anche dagli autori moderni, diciamo, proprio dal romanticismo in poi (che vede una ripresa dell’elemento mitico) più in generale?
L’argomento è vastissimo e richiederebbe un saggio a sé; cerco di rispondere senza dilungarmi troppo… Tolkien fu innanzitutto un filologo, esperto di letteratura anglosassone e medievale, (pensiamo al Beowulf) e affascinato dalla mitologia norrena. Sappiamo inoltre quale influenza ebbe su di lui il Kalevala finnico ed anche l’immaginario celtico del Mabinogion, anche se in forma meno dichiarata, oltre, naturalmente ai cicli arturiani; tuttavia ritengo che per certi versi possa definirsi un neoromantico, anche se esplicitamente si ricollega soltanto al suo amato medioevo. Trovo ci siano affinità soprattutto nella sua concezione della subcreazione artistica ad immagine e somiglianza del Creatore con Novalis ed altri Autori del Romanticismo. Secondo me è un campo ancora da esplorare. Comunque la concezione del mito di Tolkien si è esplicitata e probabilmente chiarita a lui stesso attraverso l’incontro con la teoria dell’amico Owen Barfield: il mito è coevo al linguaggio, in quanto il pensiero che crea racconti è il medesimo che crea le forme linguistiche: i nomi e ancor più gli aggettivi, partendo dalla percezione di sé e del mondo che ci circonda. Il termine mythos significa racconto e la capacità narrativa nasce dal rapporto dell’essere umano con il mondo naturale e quello soprannaturale. Si può parlare di una visione mitica del mondo di cui le parole sono l’incarnazione. L’uomo, perciò, è creatore di racconti e simboli che attribuiscono e svelano significati; il linguaggio simbolico allude a realtà che oltrepassano il linguaggio discorsivo-razionale. Per questo i simboli permangono nel tempo e riemergono mutando forma a seconda dei contesti storici e culturali, ma mantenendo la propria essenza; immediatamente riconoscibili, proprio in quanto parlano un linguaggio eterno.
Tolkien aveva una buona conoscenza filosofica, come credi che questo abbia influito sulla sua scrittura? Intravedi influenze macroscopiche di qualche pensatore moderno o del passato?
Tolkien ha sempre affermato di preferire il narratore al filosofo e di non voler esprimere alcuna “tesi” (filosofica o meno); è chiaro però che, come tutti, avesse una propria visione del mondo e che la esprimesse nelle sue opere. In quanto cristiano e cattolico aveva sicuramente una buona conoscenza della filosofia cristiana medioevale da Agostino a Tommaso, di cui sappiamo teneva una copia della Summa Teologica in camera, e sicuramente Boezio. Rispetto alla filosofia a lui contemporanea non credo ne avesse una conoscenza approfondita, ma ritengo – come sostiene Verlin Flieger – che, in quanto figlio della sua epoca, ne abbia condiviso alcune tematiche. A questo riguardo rimando al saggio della Flieger A question of time e al (molto più modesto) mio contributo al Dizionario dell’Universo tolkieniano alle voci “Tempo” e “Sogno.”
Nel 2004 un tuo saggio, dal titolo “Dee e regine” è apparso nella raccolta «Albero» di Tolkien curata da Gianfranco de Turris. Spesso Tolkien è stato, a torto, tacciato di misoginia, per aver relegato le donne a ruoli secondari. Molte grandi figure femminili della terra di Mezzo, però, ci dicono che non è affatto così. Ci puoi raccontare un po’ che funzione hanno le donne nella narrativa tolkieniana?
Per fortuna oggi questa tesi è stata smontata da personaggi ben più autorevoli di me, ma mi fa piacere che le mie intuizioni, scritte quando, almeno in Italia, vi era ancora poca saggistica sull’argomento, siano state sostanzialmente confermate. Per rispondere alla tua domanda, le figure femminili di Tolkien non sono forse molte, almeno nel Signore degli Anelli, ma la loro importanza ed il loro valore risaltano e sono innegabili. Nel Silmarillion sono molto più numerose ed anche in questo caso il loro ruolo non si limita a quello di comparse, ma spesso risultano superiori alla loro controparte maschile per status e per poteri: Melian, in quanto Maia, rispetto all’Elfo Thingol; così Luthien, Idril ed Arwen, in quanto appartenenti alla stirpe degli Elfi rispetto ai loro sposi mortali. Un elemento che spesso caratterizza le figure femminili è che hanno a che fare con l’elemento della luce e ne sono portatrici, ne sono esempi privilegiati Varda-Elbereth, la Signora della volta stellata, è la più amata dagli Elfi che la invocano nel loro esilio; e, ne Il Signore degli Anelli, Galadriel che svolge per Frodo e per Sam una funzione molto simile, donando la fiala che contiene la luce della stella Eärendil. Luthien svetta su tutte le figure femminili per grazia, bellezza e potere (e non starò a ricordare cosa la sua figura significasse per Tolkien), ma anche Eowin, Baccador ed Arwen hanno a che fare con la luce e la speranza: la prima uccide il Signore dei Nazgûl, la seconda scaccia il timore delle ombre della foresta e appare come una visione di pace e di gioia, mentre Arwen dona a Frodo una pietra luminosa che lo conforti quando si sente assalire dall’oscurità. Potrei continuare a lungo, ma in conclusione si potrebbe dire che i personaggi femminili agiscono su un piano diverso rispetto ai loro compagni: una dimensione più spiccatamente spirituale, di guida e di consiglio, di preveggenza e lungimiranza; mentre la componente maschile interviene sul piano materiale, fisico e guerriero. Ciò non toglie che le figure femminili sappiano dimostrare un coraggio per nulla inferiore a quello maschile, come dimostra la dama di Rohan. Il modello ispiratore per Tolkien è certamente l’immaginario medievale con la sua concezione della Donna come tramite per il Divino, pensiamo alla Beatrice dantesca; senza però indulgere agli eccessi dell’Amor Cortese, che Tolkien certamente non condivideva.
Purtroppo Tolkien non rientra nei programmi istituzionali della nostra scuola, ma sono a conoscenza di alcune scuole o insegnanti, che adottano lo Hobbit come testo di narrativa per scuole primarie o secondarie. Io stessa sono stata chiamata a tenere alcune lezioni in una quinta elementare. Vorrei chiedere a te che sei insegnante da tanti anni, e che con i ragazzi sei a contatto quotidianamente: cosa può insegnare Tolkien ai ragazzi di oggi che, magari, essi hanno perso, o si è perso nella società moderna?
Negli anni immediatamente successivi ai film, Tolkien era diventato decisamente famoso tra gli adolescenti; oggi, purtroppo, quel momento è passato, anche perchè la trilogia de Lo Hobbit non ha avuto lo stesso impatto. Tuttavia è comunque un argomento che si presta bene per fare esempi e/o introdurre tematiche che catturino l’attenzione dei ragazzi. Penso che Tolkien possa sempre affascinare i giovani, quando si fa capire loro che non si tratta semplicemente di “fantasy” o di “battaglie” (io ho una prevalenza di studentesse in classe, e a quell’età sono più attratte dalle storie a sfondo sentimentale). Quello che, ritengo, Tolkien abbia da insegnare e che si è perso nella società moderna, è il senso dell’epica: il “gettare il cuore oltre l’ostacolo” e saper combattere per ciò che vale la pena; ma anche il valore dell’amicizia e di una compagnia autentica, il rapporto con figure autorevoli che siano dei veri maestri come Gandalf, e ancora il valore della misericordia e della pietà… potrei continuare a lungo… Non è un caso che Tolkien sia sempre più utilizzato nei gruppi giovanili parrocchiali; a scuola, certo, il contesto è diverso, ma qualcosa si può fare…
Recentemente un nuovo gruppo di studi cattolici, che si occupa di scoprire la cattolicità di Tolkien ed il significato del punto di vista cattolico delle sue opere, ha fatto la loro prima apparizione pubblica su Radio Maria durante uno special dal titolo “L’immaginazione morale al servizio della verità – il caso Tolkien”. Credi che nel panorama italiano ci sia bisogno di voci nuove? O meglio, di una nuova compagnia di voci già note?
Certamente sì. Ho ascoltato la trasmissione e mi ha colpito per la chiarezza e l’ampiezza dello sguardo. Su Tolkien è stato detto e scritto molto, ma ritengo sia sempre utile approfondirlo, in quanto è davvero inesauribile. Uno studio dal punto di vista cattolico che non voglia allegorizzare l’opera di Tolkien, ma intenda mostrare la fonte originaria da cui scaturisce, quella luce che viene citata nello special e che illumina tutte le sue pagine e si riverbera anche su noi lettori, è, direi, fondamentale. Il fatto che sia nata una compagnia di amici che si propone questo obiettivo, è per me in perfetto stile tolkieniano!
Dal Tolkien Archive ai prossimi eventi
Il Tolkien Archive 2019 ha lasciato dietro di sé un bel numero di partecipanti arricchiti da un’esperienza piena e gratificante, ma non solo: le basi gettate aprono la via a ulteriori passi avanti. Ne ha parlato Giuseppe Scattolini in un’intervista rilasciata oggi a Tolkien Italia, in cui anticipa uno dei frutti che l’evento di Barletta darà verso la fine dell’anno, un’opportunità davvero notevole per cui anche noi di STI presteremo volentieri il nostro contributo: lavoreremo nientemeno che all’organizzazione di un convegno universitario presso l’ateneo di Macerata.
Vi proponiamo le risposte con cui Giuseppe introduce i temi della chiacchierata:
Si è da poco concluso un evento che costituisce un importantissimo primo passo sul territorio italiano: la visita di Catherine McIlwaine. Attorno ad essa si è costruita una due giorni di studi, confronti e presentazioni. Tu hai vissuto questo evento da dentro: lasciando alle fonti ufficiali il compito di raccontarcene i dettagli, a te chiedo cosa ti ha lasciato, come è stato vissuto dagli altri partecipanti e cosa hanno mostrato di aver tratto da questa ricca esperienza.
Per me personalmente i momenti più belli sono stati senza ombra di dubbio le chiacchierate con Catherine, in cui abbiamo parlato della religione, della storia italiana, del basilico (dal greco, “foglia di re”), di ciò che ha colpito di più lei a Barletta: le persone che andavano a Messa la mattina in cattedrale. Al che mi ha raccontato anche dell’esperienza simile ma diversa che fece negli Stati Uniti quando andò alla Marquette University per selezionare i manoscritti di Tolkien da esporre alla mostra Tolkien: Maker of Middle-earth dello scorso anno1 : tutti le chiedevano “che chiesa frequenti?” e lei poverina non sapeva che rispondere, in Inghilterra mi ha detto che nessuno ti farebbe mai una domanda del genere. Lei è una persona squisita, e non fatico a capire come mai la Tolkien Estate l’abbia scelta come Tolkien Archivist: infatti fu dopo la morte di Tolkien che la famiglia decise di donare alla Bodleian Library i manoscritti del Professore, e la figura della Tolkien Archivist sta lì apposta per garantirne la sicurezza e la consultabilità.
Un ponte che ci collega direttamente con l’archivista e con gli archivi della Bodleian ovviamente è un punto di arrivo per certi versi, ma un notevole punto di partenza per ulteriori iniziative, personali o collettive, che da lì possono prendere le mosse. A sensazione, quali prospettive possono aprirsi ora? Quali progetti dei Tolkieniani Italiani possono trarre impulso dalla due giorni di Barletta e schiudere tutte le loro potenzialità?
Senza ombra di dubbio aver avuto come ospite Catherine è un punto di arrivo: lei non è una relatrice o una studiosa di Tolkien, ma un’archivista. Di Tolkien conosce tutto, ma non solo il suo compito non è interpretarne i testi, piuttosto lo è il conservarli e il proteggerli, e soprattutto non è abituata se non a fare vita “di archivio” con ciò che ne comporta (tutto ciò per sua stessa ammissione). La mostra che ha curato l’ha molto esposta al pubblico, ma che sia venuta a Barletta è testimonianza della stima che lei nutre nella credibilità e nella serietà di studioso della persona di Oronzo Cilli, l’organizzatore, nonché di tutti noi. La sua visita però è stata giustamente anche un punto di partenza, come dicevi: non solo adesso le porte degli archivi di Tolkien sono aperte agli studiosi italiani che hanno partecipato al corso di Barletta, e agli studiosi italiani in generale sarà più facile accedervi, ma anche le iniziative collettive potranno trarre un grande giovamento. Significa che finalmente il mondo tolkieniano italiano si apre agli studi veri, accademici e universitari. Per questo ci siamo sentiti pronti, e come Cavalieri del Mark, di cui sono presidente, abbiamo proposto un convegno all’università di Macerata: i Tolkieniani Italiani, di cui facciamo parte, ci daranno una mano e co-organizzeranno con noi (dunque anche la co-organizzazione di STI vien da sé).
Qui potete invece leggere l’intervista completa.
Tolkieniani Italiani – Intervista a Fabio Leone
Fabio Leone nasce nel 1979 a Latina. Nel 2004 si diploma in Pittura ad olio all’Accademia di Belle Arti di Roma. Dal 2005 al 2008 lavora quasi esclusivamente come pittore di icone tradizionali cristiane. Dal 2008 affiancato mia moglie nel suo lavoro di illustratrice. Nel 2009 viene rappresentato dall’agenzia Bright, collaborazione che si protrae fino al 2017, dipingendo per commissioni nel settore educazionale/storico, e dedicandosi al thriller/horror e al fantasy a titolo personale. Nel 2013 vince il Language Learner Literature Award per le sue illustrazioni di The Legend of Sleepy Hollow di Washington Irving. Nel 2015 gli viene assegnato il Tolkien Society Award per Best Artwork, con l’opera Ulmo appears before Tuor. Le sue illustrazioni sono incluse in molte pubblicazioni in giro per il mondo, edite da Miles Kelly, Compass Media, Pearson, Oxford University Press, Nelson Evergreen, MacMillan, Skolska Knjiga, Bill Studio Group, Qbs Learning, Templar e altre. Andiamo a fare la sua conoscenza per tramite del fuoco di fila delle domande che gli ha posto Giovanni Costabile.
Caro Fabio, innanzitutto lascia che ti ringrazi a nome dei Cavalieri del Mark e della Società Tolkieniana Italiana, nonché a titolo personale, per aver acconsentito a rispondere alle nostre domande. Sei un grande nome per gli appassionati di Tolkien e un punto di riferimento tra gli illustratori tolkieniani italiani. Pensa che quando ho detto alla mia ragazza (tolkieniana di puro sangue Eldarin anche lei) che ti avrei intervistato, lei ha esclamato: “No! Per davvero?”
Sono lusingato, è sempre un piacere essere raggiunto dal pubblico. Onestamente non mi capita spesso e, tempo permettendo, cerco sempre di condividere la mia esperienza con chiunque ne possa giovare. Un avviso ai lettori: detesto cordialmente i “VIP” che si allontanano dal pubblico. Sono un tipo alla mano e potete contattarmi liberamente sui social. Nei limiti di tempo risponderò come posso.
Beh, io parteggio per l’idea di cominciare con le domande difficili. Tolkien è noto abbia scritto che le illustrazioni ai suoi libri dovrebbero riguardare i soli ambienti e paesaggi, per lasciare ai lettori la libertà di immaginare da sé i personaggi. Impose ciò persino a una grande artista come Pauline Baynes. Ma in effetti molti mi dicono che faticano a immaginare i personaggi tolkieniani al di là dei film di Peter Jackson, sebbene io non abbia mai avuto un simile problema perché sono ospite a Gran Burrone ogni altro fine settimana. A parte gli scherzi, come giustifichi il contravvenire, chiaramente diffusissimo e non solo tuo, ai desideri di Tolkien?
Tolkien, come altri grandi autori, comprendeva pienamente il meccanismo di “proiezione/identificazione” che il lettore pone in essere quando interagisce con l’opera d’arte. Un bel paesaggio dipinto può “tirarci dentro”, specialmente se osserviamo grandi tele di maestri paesaggistici, una storia scritta secondo gli stessi stratagemmi usati da Tolkien permette al lettore di “riempire” gli spazi vuoti adoperando il proprio “archivio interiore d’immagini” e, di rimando, sviluppare un legame più forte con personaggi che, almeno in parte diventano proiezione del pubblico. Se ci pensate bene I manga utilizzano spesso questa dinamica rappresentando gli eroi con uno stile molto semplice, ai limiti dell’astratto, mentre l’antagonista è reso estraneo, “altro da me”, venendo rappresentato in modo più realistico… è più facile percepire l’entità “separata” come sconosciuta ed inquietante. Altro esempio brillante ed eloquente è il fumetto “Le avventure di Tin Tin”, creato da Georges Remi, ove il personaggio principale può facilmente rappresentare chiunque lo legga, data la semplice estetica con cui è rappresentato, ma essendo un fumetto basato su esplorazione e scoperte, è il paesaggio ad essere rappresentato in modo realistico e, di rimando, misterioso e sconosciuto. Gli artisti che scelgono di affrontare Tolkien proiettano la loro estetica nel cercare di dare forma ai personaggi… è quasi inevitabile (dico “quasi” perché c’è chi sceglie volontariamente di dare il posto d’onore al paesaggio ed alla storia in esso intessuta, come ad esempio Ted Nasmith). La sottile linea da non oltrepassare è , per me, il non tradire “troppo” Tolkien, rappresentandolo con ponderato rispetto per la sua opera, intenzione, morale, filosofia… in altre parole: illustrando Tolkien nel senso etimologico del termine: “fare luce, rendere chiaro, spiegare”. Detesto quando un artista sfrutta un autore per parlare delle proprie idee… non sta illustrando, sta sfruttando la fama altrui. Discorso a parte merita la ripetizione non immaginifica delle scene dei film… capisco che il cinema sia media potentissimo (ed il nostro cervello si è evoluto per trattenere con maggiore chiarezza informazioni in “movimento”) ma non riesco a valutare nulla di più dell’autore dell’immagine tranne che la capacità tecnica della copia, non c’è vero dialogo con tali dipinti, solo un proclamo da parte dell’artista che sembra dire “Hey! Mi piace questa scena!”. È un’opportunità sprecata.
D’altronde Tolkien scriveva anche che intendeva lasciare la Terra di Mezzo ad altre mani, menti e voci. Adesso entriamo nel vivo e prendiamo direttamente in mano una coppia di tuoi lavori, il maestoso Elessar e la regale Queen Arwen Undomiel. Penso sia la prima volta che vedo i due personaggi raffigurati in età avanzata e ti faccio i miei complimenti per l’originalità dell’approccio, due opere veramente notevoli. Ci racconti come le hai pensate, come è nata l’idea?
Il primo a “venire a galla” nella mia immaginazione è stato Elessar. Come ho accennato precedentemente, le immagini della trilogia cinematografica erano (e sono) canone in questi anni. Avevo già dipinto alcuni ritratti ed avevo pensato di rivolgermi ad Aragorn. Non molti lo hanno rappresentato come Elessar, come colui che ha finalmente preso su di se il ruolo di Re dei regni di Gondor/Arnor e volevo che la rappresentazione rispettasse l’età del personaggio. Essendo Númenóreano Aragorn “si mantiene bene”, ma non è neanche un arzillo 30enne ai tempi dell’incoronazione. Ecco allora che ho preferito rappresentarlo più anziano, con qualche cicatrice sul volto, I segni di una probabile frattura al setto rimarginata (aguzzate la vista!) e qualche dettaglio che dia spessore al suo background: la spilla di Lothlorien, un manto rosso regale, una corona che rappresenti in modo adeguato le tradizioni di Gondor. Per I puristi: garantisco che ho tentato di rappresentare la corona in modo “ortodosso” rendendola simile allo schizzo di Tolkien e nel solco della cultura egiziana dei faraoni… ma non funzionava. Per un primo piano dovevo ridurre qualcosa. Chiedo venia. La seconda, Arwen, è emersa da una esigenza differente ma si è incastonata nella stessa logica estetica del suo celebre marito: sto ragionando molto tempo un dipinto con lei protagonista ed ho pensato che studiare un ritratto mi avrebbe favorito nel dipingerla successivamente in una situazione più complessa. Come per Elessar ho deciso di rappresentarla in un momento differente dalle solite rappresentazioni ed attingere dalle Appendici. Nella mia mente Arwen sta ascoltando le parole di Aragorn “In sorrow we must go, but not in despair. Behold! We are not bound for ever to the circles of the world, and beyond them is more than memory. Farewell!”. Questa Arwen è rappresentata con I capelli più corti, probabilmente in lutto, I capelli corvini che si dice ereditati dalla bis-bis-nonna Luthien, sono ingrigiti. Come Elessar lei dispone di una lunga vita ma al “passaggio” di lui anche lei sente che il tempo di lei è al termine. Sta per partire da Gondor per recarsi a Cerin Amroth e lì rendere lo spirito ai Valar come mortale. I colori che lei indossa richiamano l’autunno, la corona la cultura elfica e… si, preferisco orecchie a punta per gli elfi… dopo aver ruminato molto tale dilemma.
Passiamo al magnifico Gandalf the servant of the Secret Fire. È evidente in tale opera l’ispirazione dall’iconografia ortodossa, che inizialmente può apparire una scelta bizzarra, sebbene trovi riscontro anche nelle interpretazioni dell’artista inglese Jay Johnstone. Come commenti la tua interpretazione?
Penso che molti dipinti “personali” nascano dal pensiero dell’autore quando si dice “sarebbe divertente se…”. Ho una passione per l’arte della pittura d’icone, conosco la tecnica ed i metodi. L’ho praticata per anni… poi leggendo Tolkien mi sono trovato in linea con quanto un lettore gli fece notare: sembra che una luce brilli ma senza che alcuna lampada sia visibile. Di per se è una descrizione molto…Cristiana! So bene che Tolkien si è opposto arduamente contro le letture “allegoriche” della sua opera e la mia scelta di rappresentare Gandalf come un Santo (solo i santi possono essere rappresentati in icone) non ha intenti allegorici. Ma è interessante notare come Gandalf abbia molteplici punti in comune con la figura del “Santo” cristiano. Riflettendo su questi punti di contatto un giorno, mentre ragionavo sul come “rinfrescare” la mia conoscenza circa tecnica iconografica mi sono detto: “perché non Gandalf?”. Così ho applicato i canoni estetici e tecnici nell’elaborare un disegno del Gandalf Archetipico, dotato dei suoi attributi propri (Glamdring, il bastone, il manto, il cappello, I colori propri) ed il volto tipico degli asceti orientali. Non volendo usare il Nimbo dorato, che si conviene solo ai santi, ho declinato l’idea già da me applicata del poema dell’anello usato come Nimbo (o “aureola” se prefereti il decadente termine post-Giotto): essendo Gandalf non sotto l’influenza dell’Unico Anello, il suo volto non è circondato dal poema dell’anello ma dal simbolo che lo identifica come messaggero di Eru Iluvatar “I am a servant of the Secret Fire, wielder of the flame of Anor”, frase con cui dichiara autorità sopra la “fiamma di Udun”. È stato per me un lavoro infinitamente divertente, ma confesso di aver ricevuto una bella ripassata dalla mia maestra d’icone. A titolo personale posso dire di apprezzare lo sforzo di Jay Johnstone, soprattutto nelle ultime sue opere “iconografiche”, ma Tolkien non scriveva “imitando la vecchia letteratura”, lui scriveva la letteratura che amava… allo stesso modo penso che la scelta di rappresentare Tolkien con stile iconografico sarebbe più confacente se fatto come moderne icone dipinte nel solco della tradizione iconografica tradizionale e non “imitando vecchie icone” come Johnstone sembra preferire. Talvolta sono piuttosto difficile da accontentare, lo so, ma è solo perché amo l’arte delle icone.
Ora ho scelto proprio quest’opera anche per un altro motivo, ovvero che l’ispirazione ortodossa suggerisce esplicitamente una simbologia religiosa cristiana, che pure certuni contestano. Tu come ti poni nella controversia sul Tolkien cattolico? Ci sono margini secondo te per dubitare che l’opera di Tolkien sia cattolica come il suo autore, pur senza nulla togliere ad altre indubbie influenze?
No. È lampante. L’opera di Tolkien è ardentemente religiosa. Alcune opere lo sono meno (prendiamo ad esempio Roverandom o Farmer Giles of Ham), ma Il Signore degli Anelli è profondamente religioso. Penso che la controversia sia solamente apparentemente legata al dibattito circa il “Tolkien cattolico” ed invece segno dell’intimo smarrimento e fastidio che taluni provano quando si scoprono emozionati ed ispirati da un autore che ha molto di cristiano da dire… sebbene contemporaneamente si disdegni il cristianesimo in tutte le sue forme, secolari e non.
Ora un momento retrospettiva. Uno dei post sempreverdi nei gruppi tolkieniani domanda agli altri appassionati come si è conosciuto Tolkien per la prima volta, oppure, come mi piace esprimere la stessa idea, per quale porta (rigorosamente tonda) o finestra si è entrati in casa Baggins. Hai avuto un tuo personale Gandalf che ha lasciato una runa per te su quella porta?
Ne ho due. Il primo è il fratello di un mio grande amico d’infanzia, Alessio. Abbiamo molti gusti in comune ed un giorno (ci conosciamo da quando eravamo undicenni) gli dissi che stavo leggendo “La spada di Shannara”. Suo fratello, che aveva il naso in un fumetto (mi pare Nausicaa), alzò il detto naso dalle dette pagine e disse: “Tolkien… solo Tolkien!”. E tornò a leggere. La seconda runa fu graffiata da “La storia infinita” cinematografico: Il libraio chiede a Bastian, ironicamente, se sapesse cosa I libri siano… e Bastian risponde di aver in casa 137 libri… ed elenca: “L’isola del tesoro”, “Il mago di Oz”, “L’ultimo dei Mohicani”, “Il signore degli anelli”… Quella lista mi è rimasta dentro. Conosco il film praticamente a memoria e quel libro, quell’autore continuavano a saltar fuori ovunque come una montagna all’orizzonte. Alla fine ho chiesto a mia madre di comprarmi una copia, avevo 12 o 13 anni. Il resto è storia.
Ma questo è stato solo l’inizio. Da allora ne hai fatta di strada insieme a Tolkien, se nel 2015 hai visto assegnarti il Tolkien Society Award per Best Artwork con Ulmo appears before Tuor. È un riconoscimento straordinario per un artista tolkieniano pur non essendo l’unico premio che ti è stato attribuito, e posso solo immaginare l’entusiasmo con cui hai accolto la notizia. Vuoi raccontarci come è andata?
Ho acceso il pc la mattina e trovato 137 notifiche. Ho pensato: “ma che cavolo..?”. Poi mi sono seduto, incredulo. Quando mia moglie si è alzata le ho semplicemente detto: “Non ci crederai, ma ho vinto”. Abbiamo preparato I bambini per l’asilo… poi nel resto della giornata ho lavorato per rispondere a messaggi ed email. Niente feste selvagge ma ne sono davvero soddisfatto.
Domanda di rito. Quali sono i modelli della tua arte? Credo di aver letto da qualche parte che tra i tuoi riferimenti illustrativi c’è il grandissimo Donato Giancola, e posso confermare che all’occhio si nota, ma ricordo un commento di Stefyart sul tuo profilo Deviantart che paragona il tuo stile a Rembrandt e Caravaggio, e penso anche a una tua illustrazione non tolkieniana, una delle tue prime opere, intitolata Jealousy. Qui mi pare di notare un taglio allegorico che ha del preraffaellita, se non mi inganno. Cosa c’è di vero in tutto questo?
Questa particolare illustrazione proviene da un libro pubblicato anni fa dalla Pearson, se non sbaglio, la protagonista, sul fondo, guardava con invidia I personaggi in primo piano. Ai tempi stavo cercando di stabilire uno stile che mi stimolasse ad approfondire. I preraffaelliti sono sempre in cima alla pila di libri che sfoglio per ragionare su delle soluzioni e nel dipingere questa illustrazione mi appoggiai a Waterhouse ed il suo “Mariamne Leaving the Judgement Seat of Herod” per studiare la tecnica e catturare quella specifica atmosfera. Ora come ora questo lavoro mi imbarazza perché prende troppo in prestito da Waterhouse. Giancola è uno dei pilastri della mia “idea estetica”. Per dare contesto faccio un salto indietro: ho avuto esperienza terribile in accademia delle belle arti ed il modo in cui la mia classe di pittura è stata guidata era riuscita ad annientare quasi tutta la mia voglia di dipingere. Stavo per “appendere al chiodo” il pennello. Un giorno però, sfogliando le pagine di un libro, vidi “The Taming of Smeagol” di Giancola. Opera eccezionale. Rinascimentale nell’anima, moderno nelle ispirazioni, tecnica perfetta. Ho pianto guardandola ed ho realizzato che potevo anche io trovare qualcosa che mi emozionasse nel dipingere. Quel singolo quadro mi ha salvato. I paragoni con Caravaggio e Rembrandt mi lusingano, e sono troppo gentili.
A proposito di quest’ultima opera, ricordiamo infatti che la tua arte prende anche spunto da altre fonti, di solito comunque opere letterarie, cinematografiche e videoludiche di genere fantastico e horror, da Batman a Game of Thrones, da God of War a Ladyhawke. In base a quale criterio scegli i tuoi soggetti, fintantoché la scelta non appartiene invece al committente?
C’è chi si emoziona nel dipingere ritratti, chi un manga, chi strappone scosciate. Tutti noi, mi azzardo a suggerire, siamo diapason… vibriamo in accordo con frequenze ristrette e mirate. Io rispondo alla tragedia, all’indagine interiore, all’eroismo epico. Non riuscirei a rappresentare con la stessa sincerità una eroina seminuda… ma datemi un personaggio dalla psicologia complessa ed io vado a nozze. Per questo, probabilmente , mi sono trovato a scegliere Navarre, Jamie Lannister, suo padre Tywin come protagonisti di illustrazioni. Hanno così tanto da dire! Così tanti dettagli possono essere inseriti per compensare la “densità di dettagli” necessari a delineare un volto dalla psicologia complessa! Ad esempio con Tywin ho potuto dipingere la storia di Casterly Rock sulla sua armatura, o con Navarre inserire elementi che spieghino il suo amore per Isabeu (come la treccia bionda fasciata di pelle che lui porta accanto al petto). Provate ad analizzare il mio “Stregone di Angmar” e troverete abbastanza dettagli per ricostruire una storia ipotetica da me composta per narrare gli eventi prima del suo “sbiadimento”! Trovo “God of war” un moderno capolavoro di design e “world building”. Non l’ho mai giocato, ma ho il libro del “Making of”. È oro zecchino per la ricerca artistica.
Infine torniamo ancora sui tuoi lavori tolkieniani. Chi ti segue ha notato la pubblicazione di uno studio su Eowyn. Come procede il lavoro su questo tema? Quando possiamo aspettarci una tua interpretazione della famosa scena del Re Stregone ne Il ritorno del re? Dopo la raffigurazione veramente unica che hai fatto del Signore dei Nazgûl prima di diventare Spettro, vedremo anche il Primo dei Nove ergersi in tutta la sua oscura maestà, prima che la Dama di Rohan lo vanifichi del tutto?
Il dipinto di Eowyn è in lavorazione da circa 3 anni. Gestazione complessa. Un rapporto attrattivo/repulsivo. Considero Il passaggio del confronto di Eowyn con il Dwimmerlaik tra I migliori della letteratura mondiale moderna su cui ho messo gli occhi. Mi terrorizza l’idea di non rendere giustizia alla dama di Rohan. “But the helm of her secrecy had fallen from her, and and her bright hair, released from its bonds, gleamed with pale gold upon her shoulders. Her eyes grey as the sea were hard and fell, and yet tears gleamed in them. A sword was in her hand, and she raised her shield against the horror of her enemy’s eyes”. Che parole. Mi commuovono anche ora che le ho citate qui. Sarò all’altezza di renderle visibili? Questo dipinto mi tormenta da anni. Sono arrivato ad una fase di stallo circa un anno fa. Poi, al Lucca Comics del 2018 ho avuto modo di sottoporlo all’attenzione di Todd Lockwood per chiedere lumi sul come procedere. Durante il suo workshop mi ha mostrato come risolvere alcune criticità ed ora sono pronto a continuare… Sarebbe un sogno completarla per il Tolkien Society Award di quest’anno, ma al momento le possibilità che ciò si realizzi sono scarse.
Per concludere, ti porgo di nuovo i miei e nostri ringraziamenti, con un’ultima richiesta. C’è un augurio che vorresti fare ai giovani artisti tolkieniani in erba? Intanto ti offro il mio, in lingua Quenya, perché ci sono cose che solo la lingua degli Elfi di Aman può dire. E allora, caro amico, con l’auspicio di risentirci presto, Alassë.
Alassë amico mio e per gli artisti Tolkieniani in erba, Tolkien scrisse: “Fantasy is escapist, and that is its glory. If a soldier is imprisoned by the enemy, don’t we consider it his duty to escape?. . .If we value the freedom of mind and soul, if we’re partisans of liberty, then it’s our plain duty to escape, and to take as many people with us as we can!”… Le chiavi per liberare il soldato sono nelle vostre mani.
Primavera con la STI: i nostri eventi
Con la stagione primaverile che avanza si consolida anche il programma delle feste e degli eventi pubblici a tema (almeno in parte!) tolkieniano: anche quest’anno siamo decisi a fare la nostra parte, per trascorrere assieme ai nostri amici di tutta l’Italia bei momenti, immersi nelle atmosfere della Terra di Mezzo. Per non perdere il filo, vi proponiamo un riepilogo dei nostri appuntamenti di qui ai prossimi mesi, tra quelli che organizzeremo e quelli a cui prenderemo parte. Contiamo di incontrarvi proprio tutti, perciò prendete nota – ma tenete presente che non è finita con l’elenco che segue, vi saranno altri appuntamenti che confermeremo a breve: mantenetevi sintonizzati!
Aprile
Questo mese l’abbiamo iniziato all’insegna di Tolkien e allo stesso modo lo chiuderemo. Assieme agli amici dell’associazione di promozione sociale Eternia, fondatrice della Biblioteca Silmarillion dedicata al mondo fantasy, gaming e videogaming abbiamo partecipato alla giornata conclusiva del progetto Il girotondo delle Biblioteche promosso dal Polo Bibliotecario TA1 di Taranto grazie ai fondi MIBACT. Il progetto ha realizzato 10 eventi in altrettante biblioteche della Provincia di Taranto, proponendo una serie di attività legate insieme dall’utilizzo del gioco, dal tradizionale al digitale, per promuovere il dialogo intergenerazionale tra le giovani generazioni e gli anziani delle diverse comunità e mostrarne l’efficacia come bene culturale utile alla riscoperta degli spazi bibliotecari. Così, il 5 di aprile, ci siamo ritrovati tutti all’aula magna dell’IISS Pacinotti-Fermi di Taranto, a parlare di gioco come fenomeno didattico e culturale con Gilbert Gallo e la prof.ssa Patrizia Capobianco; a confrontarsi sul gioco e le nuove tecnologie della realtà virtuale e della realtà aumentata con don Patrizio Coppola (fondatore dell’Università del’Animazione e del Videogioco), la psicologa Lorena Tinelli e il blogger Daniele Catozzella, di educaredigitale.it; infine, Gianluca Comastri con i suoi studi sul mondo tolkeniano, in merito ai quali abbiamo consegnato alle biblioteche del Polo TA1 i libri dell’autore assieme ad alcuni giochi da tavolo.
Domenica 28, come dicevamo, per chiudere il mese in bellezza diamo invece appuntamento a La Fiasca, lounge bar situato in un bel contesto verde nel centro a Forlì: assieme all’associazione Tolkien nelle Marche – I Cavalieri del Mark che patrocina assieme a noi assisteremo all’esposizione di Giovanni Carmine Costabile, studioso tolkieniano di ritorno dall’esame dei manoscritti inediti di Tolkien presso le Bodleian Libraries di Oxford, che terrà una disamina dei temi interrelati dell’amore e della bellezza nell’opera tolkieniana desunti dalle sue ricerche a Oxford (poi confluite nel libro Oltre le Mura del Mondo: Immanenza e Trascendenza nell’opera di Tolkien). Introducono la relazione il presidente dei Cavalieri del Mark Giuseppe Scattolini, il delegato della Società Tolkieniana Italiana ed esperto di lingue elfiche Gianluca Comastri e la studiosa tolkieniana Greta Bertani. Ad accompagnare la serata, direttamente dal Conservatoire de la Ville de Luxembourg, l’arpa celtica di Camilla Nangeroni.
Maggio
Il mese prossimo a tener banco sarà ovviamente Tolkien Archive. Il 18 e 19 maggio 2019 la città di Barletta ospiterà nel suo maestoso Castello l’evento Tolkien Archive: Un arazzo dalle filature mitiche e intarsi elfici, traduzionedal titolo suggerito dall’ospite d’onore Catherine McIlwaine, Myth-woven and elf-patterned, già noto dall’edizione inglese. L’evento rappresenta un nuovo modo di concepire gli Studi Tolkieniani in Italia: non si rivolge solo agli studiosi, ma anche a chi vorrà approfondire la conoscenza dell’autore, dell’uomo, dell’accademico e dell’artista Tolkien.
Il punto di partenza è quello che riteniamo essere il maggior patrimonio lasciato da Tolkien: il suo archivio. Cuore centrale dell’evento saranno tre sessioni che permetteranno a studiosi e appassionati italiani di conoscere il suo contenuto, come esso sia giunto alla Bodleian Library e quanto possa ancora raccontarci di Tolkien. A condurre studiosi e appassionati in questo affascinante viaggio sarà proprio Catherine McIlwaine, che da anni si occupa di conservare, studiare e autorizzarne la consultazione dell’archivio di Tolkien a Oxford. L’evento, vedrà oltre le sessioni di studio anche la presentazione dei libri da lei curati e una tavola rotonda sull’importanza delle biblioteche e degli archivi per le ricerche ma anche per la diffusione di storia e cultura, alla quale prenderanno parte studiosi e docenti italiani che dialogheranno con Catherine McIlwaine. A margine, anche un momento ludico con le sessioni di gioco di ruolo su L’Unico Anello.
L’iniziativa godrà del patrocinio della Città di Barletta e il supporto dell’Archivio di Stato – Sezione di Barletta, della Biblioteca Comunale di Barletta “S. Loffredo”, dell’Associazione del Centro di Studi Normanno-Svevi. A questi si aggiungono la Società Tolkieniana Italiana, l’associazione Tolkien nelle Marche – I Cavalieri del Mark, i partner Eldalie, Tolkien Italia e RicreApulia e il supporto tecnico del Fiof – Fondo Internazionale per la Fotografia e la English School The Gate. Il progetto, che vede questo come suo punto di partenza, ha anche trovato il prezioso supporto e condivisione della Tolkien Society inglese, che proprio nel 2019, ad agosto, celebrerà a Birmingham i suoi primi cinquanta anni con il grande evento Tolkien2019.
Blog dell’evento: https://tolkienarchive.blogspot.com/
Giugno
Per il mese di giugno, che dire se non che finalmente “ripartiremo per una nuova avventura”?
La XXV edizione di Hobbiton si svolgerà nei giorni 22 e 23 giugno nel maestoso Castello Carlo V. A due passi dal mare e dal porto, nel cuore del centro storico della città turistica pugliese, sarà la Città di Monopoli a ospitare la nostra grande festa!
Il programma, come di consueto, prevederà un’ampia serie di occasioni di intrattenimento: giochi, bancarelle tematiche, libri, arte, conferenze e presentazioni, mostre, musica dal vivo, gastronomia locale e soprattutto tanto divertimento alla maniera degli hobbit, il tutto in continuità con la calda atmosfera tipica de I Regni del Sud, il nostro filo conduttore delle edizioni dal 2014 a seguire svoltesi in terra di Puglia. Man mano che saranno definiti gli accordi vi presenteremo tutti gli ospiti e le attrazioni che si alterneranno nei due giorni dell’evento: per non perdervi nemmeno un particolare vi raccomandiamo di consultare periodicamente la pagina dedicata.
Tolkieniani Italiani – Intervista a Maurizio Migliori
Cari amici, Cavalieri del Mark e Tolkieniani Italiani,
ci sarebbero molti modi di cominciare questa breve biografia di Maurizio Migliori, che ho avuto il piacere di intervistare per voi. Io l’ho conosciuto ad un passo dal pensionamento, è stato (ed è ancora) uno dei miei professori all’università di Macerata: ho seguito molti suoi corsi e seminari sui testi di Platone e quello che ricordo con maggior piacere e commozione è stato il primo, quello sulla dialettica platonica, che seguii nel mio secondo anno di università.
Quel corso mi ha davvero cambiato molto. Mi ha insegnato a ragionare, a scavare dentro i testi, ad essere curioso e appassionato, ed a fare in modo che sia il desiderio l’asse portante, il traino e il metodo degli studi.
Ricordo ancora, tra l’altro, il giorno in cui il professor Migliori si presentò in aula con le lacrime agli occhi: era il 15 ottobre 2014, giorno della morte di Giovanni Reale. È stato uno di quei giorni in cui poter dire con orgoglio “io c’ero”. Non lo dimenticherò mai.
Giovanni Reale è stato colui che ha portato in Italia il nuovo metodo di Tubinga: la lettura dei dialoghi di Platone non come se fossero ciascuno di essi dei testi a sé stanti, ma come un tutt’uno, come un corpus unitario che trova la sua compiutezza nelle “dottrine non scritte”, quelle dottrine che Platone tante volte annuncia ma che non scrive mai, e di cui abbiamo delle tracce negli scritti dei suoi allievi, come Aristotele. Tramite Reale nacque così la “scuola Tubinga-Milano”, che ha rivoluzionato gli studi in materia.
Al suo ingresso in università, la Cattolica di Milano, il professor Reale ebbe come primo allievo, e primo laureato, Maurizio Migliori. È stato da allora, siamo negli anni caldi del ’68, che è iniziata una delle più proficue collaborazioni tra maestro e allievo che la storia possa ricordare: lo dico perché io, come tante altre persone, sono un po’ uno di quelli che hanno raccolto questa eredità a Macerata. Infatti, il professor Migliori per anni è stato impegnato in politica nelle lotte del ’68, e questo fu il motivo fondamentale per cui non entrò in università immediatamente, ma dovette aspettare 24 anni di insegnamento nelle scuole superiori prima di vincere la cattedra a Macerata, dove era all’epoca mancante un vero e proprio studio di antichistica in filosofia.
Grazie al professor Migliori la tradizione è proseguita anche qui da noi, e la scuola Tubinga-Milano è ancora viva ed è diventata la scuola Tubinga-Milano-Macerata. Ad oggi, il metodo della scuola sta venendo proposto dal professor Migliori e dalla sua allieva, la professoressa Arianna Fermani, in modo nuovo, sotto il nome di “Multifocal Approach”: nell’intervista è lo stesso Migliori a spiegare che cosa sia.
Da parte mia, posso solo dire che è stata una fortuna per me avere Migliori come professore, maestro ed insegnate: una persona viva, vivace, orgogliosa delle sue battaglie politiche nella sinistra (quella vera, direbbe lui) del 1968. Se noi oggi portiamo i jeans lo dobbiamo anche alle persone come Maurizio Migliori, che all’epoca ebbero il coraggio di andare contro i propri genitori anche per queste cose che oggi sembrano delle piccolezze: faccio l’esempio dei jeans proprio perché lui ce lo ha ripetuto un’infinità di volte a lezione, nelle sue “cavalcate selvagge” di esempi biografici per spiegare a noi studenti i dialoghi di Platone.
Nell’insegnamento, Migliori non ha mai fatto “ideologia”, mai: ci ha solo e sempre insegnato Platone, ed attraverso di lui ad essere dei filosofi. Un esempio umano, prima che accademico, che tutti noi dovremmo imparare a seguire. Dati soprattutto i trascorsi politici e ideologici del mondo tolkieniano di cui tutti sappiamo, e che non tutti vorrebbero vedere morti e sepolti.
Giuseppe Scattolini
Tolkieniani Italiani – Società Tolkieniana Italiana – Associazione “I Cavalieri del Mark”
Presentano
Trascrizione di Dante “Farmer Maggot” Valletta
dell’intervista orale realizzata da Giuseppe Scattolini
al Professor Maurizio Migliori
Università di Macerata Facoltà di Lettere e Filosofia – Gennaio 2019
Anzitutto grazie, professore, per aver concesso questa intervista ai Tolkieniani Italiani, alla Società Tolkieniana Italiana e ai Cavalieri del Mark. La prima domanda che le faccio è questa: lei è un appassionatissimo studioso di Platone; come si coniuga una vita di studi di altissimo livello su uno dei filosofi più grandi dell’Occidente con una passione come la sua? Perché vede, nei Tolkieniani è presente questa spaccatura fra appassionati che fanno fatica a studiare e ad appassionarsi, appunto, agli studi, e studiosi che invece perdono quella sana e genuina gioia della scoperta. Io nella mia esperienza di suo studente ho visto in lei una gioia costante unita ad una profondità unica di lettura; come si fa a tenere insieme questi due livelli, questi due binari che nel mondo Tolkieniano pare corrano parallelamente senza incrociarsi mai e che nonostante ciò sono tanto importanti sia in sé che l’uno per l’altro?
Sai, qui io credo che ci sia un dato della cultura dell’Occidente che ha radici molto lontane, come tu sai, e cioè la spaccatura tra Scienza e Mito, tra Filosofia, tra pensiero razionale e Mito, e cioè il fatto che un problema può essere affrontato razionalmente, come siamo normalmente abituati a fare, e può essere però affrontato anche con racconti; il Mito, il Grande Mito. Voglio dire, non credo di dover dimostrare che, non so, il nostro Leopardi, visto che siamo qui a Macerata, il nostro Leopardi nell’Infinito fa un discorso di una grandissima profondità teorica, su cui si può meditare e riflettere. Certo, il Mito va affrontato in un certo modo, non è la razionalità del ragionamento, delle matematiche, della Filosofia, e via dicendo, e tuttavia non è irrazionale, perché affronta un problema e cerca di inquadrarlo, cerca di presentarlo nella forma migliore. E allora, la separazione invece da noi… Be’, noi originariamente eravamo per il Mito, anche la nostra società è basata su grandi Miti, fin dall’antichità, il mondo Greco era basato su Omero, e poi su Esiodo, il mondo Ebraico, che poi sono confluiti, era basato sui grandi Miti della Bibbia, e via dicendo. Cristo stesso, ogni volta che deve spiegare una cosa, racconta una Parabola, non è che fa altro. Però questa separazione funziona, e allora non possiamo dire che il Mito non c’è nella nostra cultura, però certamente è estremamente secondario. La Scienza è sempre più, tra virgolette, “arida”, senza anima; non vi è nessun dubbio credo, da parte nostra, che quando il Racconto affronta un problema c’è una bellezza, se il mito è un Grande Mito, come solitamente è, che non è paragonabile alla bellezza del ragionamento. Il ragionamento è bello: un’equazione può essere bella, una partita a scacchi può essere bella, e tuttavia la bellezza del racconto è un tipo di bellezza diversa. La realtà non è mai semplice, ci sono bellezze e bellezze; la bellezza di un ragionamento nella sua perfezione, nella sua concatenazione; di una equazione quando un matematico, io non sono un matematico, dice “guarda che bella equazione!”, io capisco quello che lui prova, anche se io non provo assolutamente niente davanti a quella equazione; ma ricordo quando giocavo benino a scacchi che c’erano certi momenti in cui ci fermavamo dicendo: “Guarda che situazione bellissima!”. Ed è una bellezza reale, non è inventata, chi ha gli occhi giusti la vede, no? Quindi ci sono questi elementi, noi ci siamo un po’ inariditi, e di conseguenza il Mito stesso si impoverisce. La grande poesia di Leopardi richiede capacità razionali in modo da cogliere quella ricchezza, se no non la vedi, se no il Mito rimane senza luce, non riesce a fare quell’operazione di scaldarci il cuore, se possiamo andare sul poetico, che invece è proprio tipico del Mito. Allora, da questo punto di vista Platone, come tu sai benissimo, modula continuamente queste due cose. Non solo perché mette sempre in scena, come dire, un episodio, una “fiction”, a volte anche molto drammatica, compresa la morte di Socrate, una pagina immortale della nostra letteratura, una delle pagine senza le quali l’occidente non è occidente; la morte di Cristo e la morte di Socrate sono le due grandi morti che segnano tutta la nostra civiltà. Quindi Platone ha questa ricchezza, noi ci avviciniamo alla verità ragionando e ci avviciniamo alla verità mitologizzando. Bisogna usare entrambi gli strumenti. Tanto più il discorso poi è astratto… i valori.. e tanto più il Mito serve. E questo in Tolkien si vede benissimo. Il racconto di Tolkien è pieno, di valori. Io, a differenza di voi, non ho dedicato tutto il tempo che sicuramente voi avete dedicato e continuate a dedicare [a Tolkien], ma pensa a come è forte in Tolkien, secondo me, poi se sbaglio correggimi pure, il senso del limite, che è un grande concetto in Platone; che è il fatto che possiamo essere umani, o comunque di altre “razze”, ma sempre limitati, con certi condizionamenti. Quindi, come dire, i Nani hanno i loro, gli Elfi hanno i loro, gli Umani hanno i loro; e tuttavia l’intreccio tra questi dà luogo a una Compagnia che alla fine raggiunge una cosa che, obiettivamente, a metà del racconto sembra proprio che non ce la faranno. Quindi vedi che, come dire, il collegamento non è poi difficilissimo. Però bisogna avere un’apertura alla ricchezza di esperienze che la nostra vita e la cultura in cui viviamo ci mette a disposizione. Certo che se uno pensa solo a far matematica, e uno pensa solo a divertirsi nel Mito, fa male il Mito, e quello fa una matematica che, io spero che lo renda felice, ma ho qualche dubbio, insomma.
Lei professor Migliori è uno dei lettori di Tolkien della prima ora, domanda da collezionista: ricorda per caso se fosse la primissima edizione Rusconi quella che lei ha letto de Il Signore degli Anelli, quella con la copertina bianca e nera del 1970? Volevo anche chiederle: in merito alla sua lettura di Tolkien di anni fa, quali furono le sue impressioni sul testo in relazione a quegli anni caldi della politica italiana in cui lei fu impegnato in prima persona? Rispetto a ciò che ha vissuto e visto con i suoi occhi, come era recepito Tolkien negli anni ‘70 del secolo scorso?
Allora qui c’è proprio, sai, una delle storielline carine che posso raccontarti. Ovviamente non mi ricordo se fosse l’edizione del ‘70, io ce l’ho ancora, se fossimo a casa mia andrei a controllare, ma direi di no, non credo fosse quella; credo di averla comprata diciamo nel 1980, quindi dubito che sia quella. Era il “volumone” della Rusconi, anzi adesso dovrei comprarne un altro perché è veramente un po’ consunto, perché l’ho letto io, l’ha letto mia moglie, l’hanno letto i miei figli, quindi a forza di rileggerlo, un libro grosso in quel modo, ha i segni dell’amore con cui è stato accompagnato. No, il punto che a me interessa raccontarti è che, sai, anche quando ho insegnato, io ho insegnato per vent’anni alle superiori, ma tu mi conosci, io sono una macchinetta, continuo a inventar cose, e anche in quegli anni, che erano poi anni molto particolari, gli anni 70-80 sono stati anni di barricate, di continue invenzioni di cose, sperimentazioni, e via dicendo; e quindi la sezione F del mio Istituto, che era la mia sezione, del mio Istituto; e tutta Como sapeva che voleva dire questo, organizzavamo continuamente cose. E una delle cose che abbiamo organizzato, con un giovanissimo mio amico, che sarebbe poi diventato Professore Universitario proprio nel settore della Comunicazione, Fausto Colombo, che insegna in [Università] Cattolica; e gli ho detto: “Vieni a fare una serie di incontri” e via dicendo, anche perché Fausto era, ed è, un tipo brillantissimo, molto vivace, quindi figurati, in un Istituto Magistrale… e lui ha fatto una serie di lezioni bellissime, molto utili alle ragazze, ma anche utili a me, e durante una di queste lezioni, me lo ricordo benissimo, ha citato Tolkien, e si è rivolto alle ragazze dicendo: “Ma l’avete letto, no? Non l’avete letto? Ma che cosa avete fatto!? È un libro bellissimo! Che va letto!” Nota che non aveva ragioni ideologiche eh, non è certamente un uomo di destra, anche se gli anni erano quelli, e Tolkien aveva quella forte caratterizzazione ideologica, ma Fausto, come il sottoscritto, non si lascia condizionare dal timbro che ci mette sopra altra gente, eventualmente vado a leggere, e vedo se il timbro è meritato o no. E io sono rimasto folgorato da questa affermazione di una persona che io stimavo tanto. Ha detto: “È un libro bellissimo! Che dovete leggere assolutamente!” Lui si rivolgeva alle ragazze, ma io poi ci metto per me, quindi quanto prima mi sono comprato i libri, e pensa che sono partito da Lo Hobbit, neanche dal “grande” Tolkien; e comunque anche, per chi non ha letto il Signore degli Anelli, già Lo Hobbit è un bel libro, obiettivamente, cioè se uno parte prima dal Signore degli Anelli, secondo me, non lo so, si può discutere, potrebbe avere qualche piccola delusione. Quindi, letto Lo Hobbit, poi subito dopo mi sono letto Il Signore Degli Anelli, senza lasciarmi certo condizionare da quello che in quegli anni si faceva, i campi Hobbit e via dicendo. Anche perché sinceramente io, lui poi era cattolico, sicuramente un moderato, elementi di cultura di destra non ne ho visti proprio. Ma credo che non fosse questo che gli interessasse, anzi, ci scommetto proprio; voi lo sapete meglio di me, che conoscete Tolkien per tanti aspetti della sua vita, delle sue scelte. A me non mi sembra che sia un libro, come dire, ideologicamente impegnato. Un libro valorialmente impegnato, culturalmente impegnato, quello sì. Ma i valori non sono proprietà di qualcheduno, che se le mette in tasca e dice sono miei.
Grazie alla biografia di Tolkien e agli studi in merito, sappiamo quanto lui, ricordato oggi dai Tolkieniani come “il Professore”, tenesse ai suoi studenti. Era un vero e proprio Maestro per loro, e forse se avesse dedicato loro meno tempo, avrebbe scritto di più e avrebbe fatto più studi. Tuttavia non possiamo nemmeno dire che il tempo passato con gli studenti sia tempo perso: lei che nella vita ha avuto un grande Maestro, oltre che suo professore, come Giovanni Reale, cosa può dirci riguardo al rapporto che si instaura in ambito accademico tra un Professore e il suo studente, il Maestro e l’allievo, quanto è importante il tempo che si dedica a questa che potremmo definire istruzione orale, le cui uniche tracce scritte sono quelle lasciate nell’anima? Questo tra l’altro è certamente un lato dell’insegnamento che Platone stesso valorizzava tantissimo; cosa può dirci in merito rispetto, dunque, tanto ai suoi studi quanto alla sua esperienza diretta, tanto di studente e allievo che di professore e Maestro, studioso tra l’altro di un grande come Platone?
Qui il riferimento a Platone è interessante, perché Platone, come tu hai ricordato, ritiene che il vero insegnamento è quello che si fa guardandosi negli occhi, parlandosi, ricercando insieme, e via dicendo. E tuttavia Platone Per i suoi tempi ha scritto un sacco di roba; cioè rispetto al momento storico in cui lui ha scritto, lui ha scritto un’enciclopedia, perché i testi erano tutti brevi, anche per ragioni economiche; e lui ha scritto veramente tantissimo, basta prendere ad esempio, dato che ce li abbiamo, I Dialoghi; o un libro di dieci libri come La Repubblica, o uno in dodici come Le Leggi, e poi un sacco di Dialoghi anche molto lunghi, e poi un sacco di Dialoghi brevi; allora: perché? Per il motivo per cui ha scritto Tolkien, secondo me. Perché lì il problema non è del tempo, il problema è dello sguardo, il Maestro è colui che guarda e che fa le cose sempre pensando ai suoi allievi. Non pensa al suo successo… ma oddio poi sai, ci sono le debolezze umane, però come dire l’asse, il binario su cui è situato è: “Questa cosa allora è utile, questa cosa magari li fa pensare, li fa scoprire, li fa sentire” questa cosa, più del tempo, è importante, perché tu ti poni in un’ottica di servizio, un’ottica in cui quello che conta è, sì, certo, anche il tempo, perché se non c’è tempo questa operazione… cioè non so quanto tempo ci ha messo a scrivere tutti quei libri il buon Tolkien, ma certo ci ha dedicato tanta fatica, tanto tempo, per gli altri; e devo dire è anche riuscito. Allora, in questo senso, io credo che tutte le letture ideologiche sono proprio sbagliate, perché si mettono su un asse completamente diverso. Io lavoro per te, allora andiamo a vedere che cosa, che tipo di lavoro mi proponi, qual è la speranza che uno scrittore, un Maestro, ha nei riguardi dell’effetto che determina nel lettore o nello studente: se uno vuol convincere di una sua tesi, politica, ideologica, il lettore, non può dire che sta lavorando per lui. Sta lavorando per quella idea, cosa legittima magari, non discuto, ma non sta lavorando per il ragazzo, per il giovane, per il lettore. Lavorare per il lettore vuol dire: “Qualunque sia la cosa che tu pensi, o che tu penserai (a meno che tu non sia proprio… come dire, l’incarnazione del male, adesso non voglio citare le cose precise ma, proprio spregevole e indegno del rispetto, proprio: il male), a me va bene quello che tu pensi. Poi magari se non siamo d’accordo litighiamo, certe volte il litigio fa anche bene alla circolazione sanguigna, no? A me interessa che tu abbia la percezione di certe cose. Dicevo prima del senso del limite: che lo veda, nel racconto, nella debolezza, anche dell’eroe più fulgido, no? Chi è l’eroe, in quel racconto? Tu che sei un Tolkieniano di ferro, vedi che è una domanda da far tremare le vene ai polsi! Perché alla fine nessuno è l’eroe, e un po’ tutti sono eroi alla misura umana. Ognuno, alla sua misura, riesce a realizzare qualcosa. Allora, tu pensa appunto al dibattito su cui io ho sorvolato, ma che quando ero negli anni ottanta era invece sugli scudi: allora, da una parte la sinistra che temeva l’irrazionalismo, questa era la paura: “Eh no, bisogna affrontare le tematiche secondo una logica in cui la situazione economica, la situazione politica, la lotta di classe…” cioè una serie di cose, non ho niente da dire su questa faccenda, ma perché ogni posizione che non sia ancorata a questo modo di ragionare, e che sia evocativa, che sia poetica, deve essere subito abbandonata perché irrazionalista? Chi l’ha detto? La poesia deve essere razionale? No, Dio ci liberi! No? Deve essere profonda, intelligente, evocativa. Deve suscitare grandi sentimenti; non so se possiamo dire se Shakespeare è razionale, non capisco che c’entri. Invece l’altra parte, la destra, andava verso la mistica, quindi prendeva dei valori, quelli sì, temo, irrazionali, e li faceva diventare il testo; e a me non sembra che il testo dia questo. Come al solito, come dicevo fin dall’inizio, c’è questa separazione, che non ha molta ragione d’essere, non ha molta ragione di essere applicata a un’opera così bella come il Signore degli Anelli, rovinando poi tutto, alla fine.
Per ultimo vorrei farle una domanda sul “multifocal approach” che lei in primis e l’intero settore di antichistica degli studi storici in Filosofia dell’Università di Macerata state portando avanti e proponendo al mondo accademico nazionale ed internazionale. Tolkien si studia e si capisce solo mettendo insieme un gruppo di persone molto preparate in ambiti diversi, dalla traduzione alla filologia, dalla linguistica alla filosofia, fino agli studi storici, biografici e teologici. Secondo lei, il metodo del multifocal approach può essere utile anche negli studi Tolkieniani? Può spiegarci in poche parole e nei limiti del possibile in che cosa esso consiste? Ed infine, proporre un nuovo paradigma alla comunità scientifica è certamente cosa ardua; cosa consiglia ai Tolkieniani che desiderano vedere Tolkien studiato all’Università? Lei appoggerebbe ad esempio una domanda di Dottorato in cui Tolkien sia compreso?
Perché no? Io ho discusso una Tesi, mi ricordo, sull’uso in guerra, guerra contemporanea, cioè di oggi, delle forze corazzate rispetto alle altre forze. Siccome nessuno se la sentiva di fare il correlatore, io che mi sono occupato, siccome sono pazzo, anche di queste cose, ho fatto un dibattito interessantissimo, c’erano tutti i colleghi con gli occhi fuori dalle orbite; quindi, affrontato con la dovuta… ecco, però mi raccomando eh? Poi entriamo nel merito della tua domanda, senza paludare troppo il nostro Tolkien. Un ragazzo di liceo, quindi un po’ cresciutello, che si legge Tolkien e ne rimane incantato, a me va benissimo. Poi c’è una lettura che può fare un “intellettuale” messo tra virgolette, penso, come termine, serio. Poi c’è una lettura che può fare uno studioso di Tolkien, ad un altro livello. Vedi: il multifocal già comincia a vedersi. Bisogna dire che la lettura del ragazzo non è vera? Che l’esperienza che ha fatto, che magari gli ha fatto scoprire una serie di valori, non è importante? Gandalf! Quanto fa scoprire Gandalf? Secondo me è un personaggio meraviglioso. Io purtroppo non ho mai potuto approfondire tematicamente, uno deve decidere che vita fare, e quindi dedicandomi a Platone, dedicandomi a tante altre cose, ho fatto l’esperienza del lettore di Tolkien, ma non approfondita come certamente meritava. Ma appunto allora che cos’è il multifocal approach? Multifocal approach vuol dire che noi dobbiamo prendere atto che anche la realtà più semplice come questa penna che tengo in mano, in realtà è estremamente complessa. È complessa in sé stessa: è fatta di tanti pezzi, ha una funzione. Questa penna qua viaggia nel tempo: la porto nell’antico Egitto, gliela regalo. E questi possono valutare: che bel colore, che bella situazione, fa anche un rumore; tic e tac, guarda che carino! Punto. Perché non c’è la carta, e non credo che sulla pelle di montone o sul papiro questa punta rotolante produca grande effetto, dubito. Capisci cosa voglio dire? Cioè anche una cosa ridicola come una penna, dentro ha un sistema di relazioni complicatissimo, quindi può essere vista come oggetto estetico, come una di quelle penne d’oro, con l’inchiostro, che si regalano magari il giorno che si va in pensione, no magari alla laurea di uno in Legge, che magari vuol fare il notaio; ecco, capisci? Può avere un valore estetico, può avere un valore di ricordo: la penna d’oro di mio padre è lì nel mio cassetto, e lì sta. Certo non la uso, perché chi usa più le penne di quel tempo? Però è lì, perché ha un valore di un certo tipo. E poi vi è un valore di uso… cioè, è chiaro? Le cose hanno questa complessità interna ed esterna, e solo approcciandole dai vari punti di vista noi possiamo dire di avvicinarci all’oggetto, perché tanto l’oggetto nella sua perfezione non lo avremmo mai, perché tutto ha tante facce, e noi vediamo sempre una faccia e non le altre. Può essere utile affrontare Tolkien in questo modo? Ma io mi chiedo com’è possibile non affrontarlo in questo modo!? La Compagnia dell’Anello: più multifocale di quello! Non so se ci sono studi del genere, ma se tu avessi qualcuno che vuol fare uno studio io gli direi: le varie anime della Compagnia dell’Anello! Perché certamente come la vive Aragorn, e come la vive Gandalf, e come la vive Frodo, e come la vive il nano, eccetera, non è la stessa cosa, perché ognuno di loro rappresenta una cultura diversa, ha delle aspettative diverse e delle aspettative comuni; il gioco è sempre simile e dissimile, identico e diverso, E allora sarebbe interessante vedere in che misura Tolkien stesso è riuscito a darci questa calibrazione. Essendo un artista magari c’è riuscito, non lo so, io non ho, non ho mai fatto… Uno dei miei sogni era andare in pensione, cosa che ufficialmente è successo tre anni fa, ma tu sai che continuo a lavorare come prima, quindi… Se alla fine mi fermerò e verrò a Macerata una volta ogni tanto, be’, Il Signore degli Anelli è sicuramente uno dei libri che devo rileggere, è nell’elenco di quelli che (spero di campare molto a lungo per poterli rileggere) spero proprio di poterlo rileggere insieme a tanti altri libri che vorrei rileggere, e magari farò attenzione a questa cosa, ma voi che siete così tanto impegnati nell’approfondire, non so se qualcuno ci ha pensato a una cosa del genere, ma mi sembra non priva di interesse, perché in fin dei conti il viaggio è unico, il problema è unico, perché il problema è il Male che arriva e che quindi va affrontato con il massimo di unità possibile, con tutte le tensioni e le rotture che continuamente avvengono, le cadute, i tradimenti… Tradimenti è un po’ “pesante” però ci si arriva certe volte proprio vicino vicino, no? E però uno è Nano, quell’altro è Elfo, e non si trovano simpatici d’emblée, no, immediatamente; quell’altro è Umano, e quindi come dire c’è quello di una città, quello di un’altra città, e quindi se tu questo gioco polivalente, che sarebbe bello ricostruire e vedere in che misura ha peso nella vicenda, considerando che poi è questo che spiega l’imprevedibilità, fino al tradimento da parte di quello che avrebbe dovuto essere il capo dei Maghi, degli Stregoni, non so qual è il termine più giusto, e che invece a un certo punto subisce anche lui il fascino del male, perché appunto siamo sempre in relazione, bene e male ci sono tutti e due, ed ogni volta noi siamo lì che tiriamo. E quello che fino a quel punto sembrava l’elemento forte di cui Gandalf si fidava, è quello che rischia di aiutare, di determinare la vittoria del peggior nemico, che poi uno ci pensa un attimo e dice: “evidentemente ha perso il lume della ragione”, perché col Male non si può fare un patto, perché se il male è male, non rispetterà il patto; o lo rispetterà solo fino a quando, se, come, gli pare a lui. Perché non gli puoi dire: “ma tu adesso mi stai tradendo”, il male ti guarda e ti dice: “Tradendo? Non capisco la parola, non è nel mio vocabolario”. Sarebbe interessante secondo me questo approccio, vedere in che misura Tolkien stesso ha giocato sui vari tavoli. Ci vuole uno studioso che gli dedichi il tuo tempo. Può essere una bella tesi di laurea, sicuramente.
Grazie Professore, grazie mille.
Va bene, spero, non so se ti sembra interessante è quello che abbiamo detto…
Interessantissimo, veramente. Una delle più belle interviste che abbiamo mai fatto.
Allora… no, no, a me basta che… perché la cosa a cui io tengo sempre è che uno non esca dicendo: “Ma tu guarda quanto tempo perso” allora non ne è valsa la pena, allora è un peccato. Se invece sei contento, basta, siamo contenti tutti.